di Michele Paris
Secondo molti
giornali americani, il vice-presidente americano, Joe Biden, sembra
essere sul punto di annunciare la propria candidatura alla nomination
democratica per la Casa Bianca. Una decisione in questo senso da parte
dell’ex senatore del Delaware potrebbe mettere in difficoltà la chiara
favorita in casa democratica, Hillary Clinton, la cui campagna
elettorale a pochi mesi dall’inizio delle primarie continua a essere
segnata da sospetti e inconvenienti vari.
L’entourage di Biden,
lo staff della Casa Bianca e alcuni media americani nelle ultime
settimane hanno diffuso indicazioni più o meno esplicite sulle
intenzioni del vice di Obama di correre per la successione di
quest’ultimo.
Egli stesso ha lasciato intendere di stare
valutando seriamente questa ipotesi, garantendo che un annuncio pubblico
sulla sua scelta avverrà entro la fine di settembre o l’inizio di
ottobre. Nel fine settimana scorso, intanto, i giornali USA hanno
alimentato le speculazioni sulla candidatura di Biden, dopo un suo
incontro attentamente pubblicizzato con quella che viene identificata
dai media come una sorta di “icona” liberal, ovvero la senatrice del
Massachusetts Elizabeth Warren.
Quest’ultima ha da tempo respinto
gli inviti a correre per la Casa Bianca ma il suo appoggio è
considerato fondamentale per qualsiasi candidato che intenda fare
appello alla base progressista del Partito Democratico. Per la stampa
americana, perciò, l’incontro con Biden ha rappresentato un tentativo
del vice-presidente di sondare l’attitudine della senatrice, a cui
secondo alcuni sarebbe stata offerta un’eventuale candidatura alla
vice-presidenza.
In molti articoli apparsi nei giorni scorsi sono
stati descritti incontri di Biden con consulenti, finanziatori e leader
democratici, alcuni dei quali hanno confidato che il vice-presidente
sarebbe orientato a candidarsi anche se non appare ancora del tutto
deciso. Questioni familiari potrebbero influire sulla decisione,
soprattutto dopo la morte nel mese di maggio del figlio 46enne, Beau.
La probabile scelta di correre per la nomination è stata data come “molto probabile” dal Wall Street Journal. La CNN ha
invece parlato di un pranzo tra Biden e Obama nella giornata di lunedì,
durante il quale il presidente avrebbe dato la propria “benedizione” a
una candidatura del suo numero due.
La posizione della Casa
Bianca sulla questione appare particolarmente interessante, alla luce
soprattutto della candidatura di Hillary Clinton che, in quanto ex
segretario di Stato di Obama, sembrava avere in cassaforte l’appoggio
del presidente.
Elogi di Biden e allusioni nemmeno troppo velate
alle preferenze di Obama sono state registrate nel corso della
conferenza stampa di lunedì scorso del portavoce della Casa Bianca, Josh
Earnest. Dopo avere definito la nomina di Biden a vice-presidente come
la migliore decisione mai presa nella carriera politica di Obama,
Earnest ha aggiunto di “non potere escludere la possibilità di un
appoggio ufficiale [al suo vice] durante le primarie democratiche” da
parte del presidente.
Secondo la testata on-line Politico,
al contrario, Obama continuerebbe a vedere con maggiore interesse un
successo di Hillary Clinton, come conferma la consegna della sua “vasta
rete di raccolta fondi nelle mani delle Super PACs” legate alla ex first
lady. Le “Super PACS” sono organizzazioni che fanno campagna elettorale
a favore di un determinato candidato, pur non coordinando con esso le
operazioni, e possono raccogliere quantità di denaro virtualmente
illimitate.
Lo stesso pezzo pubblicato mercoledì da Politico descrive
un Biden relativamente passivo e segnato dal grave lutto familiare.
Ciononostante, il vice-presidente americano ha preso alcune iniziative
che potrebbero prefigurare una candidatura. Ad esempio, qualche giorno
fa è stata presentata la sua nuova direttrice delle comunicazioni, Kate
Bedingfield, la quale vanta esperienze in campagne elettorali
presidenziali, avendo lavorato per John Edwards nel 2008.
Il Washington Post
ha poi rivelato un invito fatto da Biden ai principali finanziatori
democratici per un incontro presso la residenza ufficiale del
vice-presidente ai primi di settembre. Biden avrebbe anche intensificato
i contatti personali con i ricchi sostenitori del suo partito, anche se
per il momento in pochi avrebbero in previsione di abbandonare Hillary
Clinton.
A
sorprendere gli osservatori della politica americana è sopratutto
l’attesa da parte di Biden nell’annunciare la propria eventuale
candidatura. Se all’inizio delle primarie mancano più di quattro mesi e
oltre un anno alle elezioni presidenziali, per gli standard USA Biden è
già in sensibile ritardo, considerando non solo che i suoi rivali stanno
facendo attivamente campagna elettorale da molti mesi ma anche che la
creazione di una macchina operativa efficiente richiede tempo e ingenti
risorse da raccogliere tra finanziatori già in buona parte orientati a
sborsare i propri dollari per Hillary.
Anche per questa ragione,
forti dubbi sulla natura della possibile candidatura di Biden sono
venuti a molti, a cominciare dai commentatori dei giornali
filo-repubblicani. Il Wall Street Journal, ad esempio, è stato
recentemente uno dei più espliciti nel collegare le voci che circolano
attorno al vice-presidente alle difficoltà di Hillary Clinton.
Per
il giornale di Rupert Murdoch, addirittura, l’amministrazione Obama è
in possesso di informazioni classificate circa la serietà dell’indagine
appena aperta dall’FBI sulla ex first lady e starebbe perciò coltivando
la candidatura di Biden. Hillary è da mesi al centro di polemiche per
avere utilizzato il proprio account di posta elettronica privato nella
corrispondenza ufficiale durante la sua permanenza al Dipartimento di
Stato. La legge americana prevede che i membri del gabinetto utilizzino
invece un indirizzo di posta governativo ufficiale.
Al di là
della più o meno seria indagine in corso e delle informazioni riservate
in possesso o meno della Casa Bianca, appare tutt’altro che improbabile
che la candidatura di Biden venga promossa come alternativa a quella di
Hillary Clinton o appositamente per boicottare la corsa di quest’ultima.
Un ulteriore indizio in questo senso era emerso nel mese di luglio in seguito alla pubblicazione di una “esclusiva” del New York Times.
Il pezzo, citando anonime fonti governative, rivelava l’apertura di
un’indagine federale “criminale” ai danni di Hillary Clinton, sempre in
merito alla vicenda delle e-mail del dipartimento di Stato.
Vista
la quasi simbiosi tra questo giornale e l’amministrazione Obama, è
probabile che la soffiata venisse proprio dall’interno del governo con
l’intento di danneggiare le prospettive di Hillary. Com’è evidente,
risulta impossibile scrutare le vere ragioni di un’iniziativa simile,
visto anche che le rivelazioni potrebbero essere giunte da esponenti
dell’apparato dello stato interessati a ostacolare l’elezione di un
qualsiasi nuovo presidente democratico.
I sospetti di una manovra poco pulita sono apparsi comunque chiari alcuni giorni dopo l’uscita dell’articolo, quando il Times è stato costretto a ritrattare e ad ammettere che a carico di Hillary non vi era alcun procedimento di natura “criminale”.
Nonostante
il netto vantaggio in termini di finanziamenti, sembrano essere d’altra
parte in molti nel Partito Democratico a temere un nuovo fiasco della
campagna della Clinton, sia per un aggravarsi dei suoi guai giudiziari
sia per i sentimenti che essa e i suoi familiari suscitano in buona
parte della popolazione americana.
Proprio mercoledì la Reuters ha
pubblicato un sondaggio nel quale appare evidente come la maggioranza
dei potenziali elettori veda Hillary Clinton decisamente carente sul
fronte della trasparenza, dell’affidabilità e dell’onestà, tutte qualità
al contrario riconosciute - almeno dagli intervistati - a Joe Biden.
Un
eventuale naufragio dell’ex segretario di Stato dopo avere conquistato
la nomination significherebbe consegnare la Casa Bianca ai repubblicani,
mentre una débacle durante le primarie potrebbe far decollare la
candidatura di Bernie Sanders.
Il
senatore nominalmente indipendente del Vermont, talvolta
auto-definitosi “democratico-socialista”, è finora l’unico vero sfidante
di Hillary. In questi mesi ha ridotto il divario di consensi dalla
favorita in vari stati e le sue apparizioni hanno spesso attratto
parecchie migliaia di sostenitori, evidenziando il desiderio ampiamente
diffuso negli USA di politiche rivolte ai lavoratori e alla classe
media.
Nell’ipotesi ancora molto lontana di un successo nelle
primarie di Sanders, i leader democratici temono che le sue posizioni
troppo a “sinistra” possano rendere impossibile una vittoria contro
qualsiasi candidato repubblicano.
Inoltre e forse soprattutto, la classe dirigente USA affiliata al
Partito Democratico vede con estrema apprensione il formarsi di un
movimento popolare attorno a una piattaforma autenticamente
progressista. Uno scenario, quest’ultimo, che nemmeno Sanders si augura e
che finirebbe per compromettere ancor più la residua legittimità
politica di questo partito.
In questa prospettiva, la promozione
della candidatura di Biden - forse anche contro la sua volontà -
potrebbe offrire un’alternativa valida o, quanto meno, rappresenterebbe
l’unica percorribile visti i tempi ristretti e la quasi totale assenza
di personalità autorevoli e con un profilo nazionale in casa
democratica.
Quel che è certo è che per la grande maggioranza
degli elettori americani non esistono differenze significative su cui
basare una scelta tra Hillary Clinton e Joe Biden, così come non ce ne
sarebbero nel caso che l’uno o l’altro candidato finisca per insediarsi
alla Casa Bianca nel gennaio del 2017.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento