Nel corso degli ultimi mesi, quando la situazione cinese si stava deteriorando, abbiamo,come al solito, visto un presidente del consiglio piuttosto loquace. Ma sui temi che, secondo lui, lo tengono alto nei sondaggi: la legge elettorale, la riforma del senato, il Jobs act etc. Non è andata però come sperato visto che il Pd proprio nei sondaggi, venerati da Renzi come prima da Berlusconi, ha lasciato per strada una decina di punti in pochi mesi. C’è da chiedersi cosa accadrà se la guerra finanziaria, apertasi con la crisi cinese, durerà per qualche mese, secondo quanto pronosticato da qualche analista, per non dire di peggio. Naturalmente Renzi può sempre vendere agli italiani la riforma del senato come risposta alla crisi finanziaria. Questo è un paese dove il parlamento è arrivato, con tanto di carte ufficiali, a far finta di credere che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Ma a tutto, ed è accaduto anche per il potere politico di Berlusconi, c’è un limite.
Certo, per Renzi i precedenti non sono incoraggianti: la crisi del debito sovrano ha disarcionato il governo Berlusconi e potrebbe accadere altrettanto all’ex sindaco di Firenze. Anche perché la guerra finanziaria cinese tocca direttamente il colosso tedesco, il Dax ha subito un bel colpo e le esportazioni tedesche verso la Cina sono a rischio. Colosso che non si periterà di indicare, a un governo italiano che chiede clemenza da mesi sul bilancio, la solita ricetta di austerità e rigore. Già, perchè nella guerra valutaria l’euro si è apprezzato, rischia di essere moneta di parcheggio dei capitali in fuga dalla svalutazione, e in questi casi la ricetta tedesca è nota. Si tratta di abbassare i salari per vendere le merci legate ad una valuta apprezzata. Gioco che è riuscito alla Germania proprio per uscire dalla crisi del 2009: allora circolava, balsamo per la finanza tedesca, un euro forte e, dalla Deustchland, si esportava in Cina, grazie al pacchetto gigante di stimolo all’economia preparato da Pechino per uscire dal botto del 2008. Le due merci vendute dalla Germania, la moneta e “il resto”, permisero a Berlino di guadagnare con la crisi. Oggi questa soluzione non è, almeno al momento, all’orizzonte e si può star sicuri che in questa situazione a Renzi verranno dati, da Bruxelles e da Berlino, compiti a casa piuttosto severi. Ma guai a dire che in Europa vige un sistema di governance, politica ed economica, internamente neo-coloniale. Si rischiano accuse di populismo quando invece il paradigma coloniale, che suddivide le popolazioni in popoli non mescolabili tra loro, è invece tipico del populismo.
Ma che cosa è una guerra finanziaria? Di sicuro non è qualcosa che si ferma con i flash mob, con le fiaccolate, con i referendum e nemmeno con un appello di qualche giudice emerito della costituzione. La guerra finanziaria riguarda la ricerca di margini di guadagno che trova generalmente sul campo due soggetti: le banche centrali, generalmente alla ricerca di sostegno per la propria economia, in conflitto tra loro per abbassare la propria valuta; gli attori finanziari (di ogni tipo) in conflitto tra loro alla ricerca di margini di guadagno generati dal movimento delle banche centrali.
Ne risente il potere oggi sovranazionale per eccellenza, la moneta, che scarica i costi del conflitto sulle economie nazionali e locali: la moneta si svaluterà, il debito pubblico aumenterà (per ricaricare i margini di profitto dei grandi fondi pensione americani e tedeschi), la spesa sociale verrà tagliata se non cannibalizzata. E la costituzione? Come nel 2013, quando fu introdotto nella carta costituzionale il pareggio di bilancio (che liquidava l’impostazione economica della carta ’48 ,mantenendone i valori che, notoriamente, sono materia per bischeri), se sarà necessario verrà, come dire, rimodulata. E’ che l’unica carta che detiene la forza politica oggi non è quella costituzionale ma quella della moneta. E tanto più l’economia nazionale, tramite l’attuale assetto dell’euro, è legata al destino della finanza globale, guerre finanziarie comprese, tanto più tutto ciò che accade in Italia è determinato da quello che accade nel mondo. In questo caso la Cina non è vicina: è troppo vicina. Specialmente se, come abbiamo visto, confina proprio con la Germania. Il paese da cui oltretutto dipende un bel po' di subfornitura italiana.
Quali sono gli effetti di questa guerra finanziaria che pare montare dalla Cina? Semplice, se continua così accade questo: a) continua svalutazione, spettacolare o strisciante a seconda di una serie di fattori, sia delle monete emergenti che di quelle principali b) importazione di deflazione da parte delle monete concorrenti allo yuan. In poche parole: per non svalutare troppo, e rimanere competitivi, i sistemi legati ad ogni valuta interverranno sul costo del lavoro abbassando i salari e precarizzando ulteriormente le prestazioni lavorative c) contrazione di bilancio dei fondi di investimento e pensione perdenti nella guerra finanziaria d) compressione della domanda economica globale come conseguenza della guerra finanziaria che si manifesta, in economia, come combinato di svalutazione economica e deflazione salariale e di minor redditività dell’azionario diffuso.
Fino a quando, accade qualcosa. Quando il ciclo si inverte, mai razionalmente, ovviamente qualche decina di milione di persone, a giro per il mondo, s’è rovinata. La chiamano economia ma, in questa forma così intensivamente distruttiva, è una novità nella storia del pianeta portata dalla modernizzazione. Ma, mentre con altri portati della modernizzazione, come il nucleare o l’inquinamento, li si è imparati a conoscere nella loro portata distruttiva, questa economia è stata metabolizzata e naturalizzata.
Cosa farà Renzi? Cercherà di imboccare due strade 1) taglio delle tasse per aiutare l’un per cento del paese a espandersi nonostante tutto; 2) taglierà la spesa corrente dello stato, e se necessario il residuo di spesa per investimenti, per stare dietro alle esigenze di comando della Germania. Se i due punti entreranno in contraddizione, ci penseranno i tedeschi a chiarire le idee al presidente del consiglio. Il resto sono dei tweet che solo il cretinismo dei media e della purtroppo risorta Unità possono prendere sul serio. Quanto perderà di Pil l’Italia? Difficile fare stime ma il ritorno del segno meno sulle previsioni di Pil, se non sarà il prossimo trimestre non dovremo attendere molto.
Sulle cause di quanto sta accadendo tra Shangai ed Hong Kong (vera eventuale porta dell’infezione cinese nella finanza globale) si potrebbe dire molto e ci torneremo. Ma fa bene citare un libro, riemerso in queste ore nel newswire del Guardian, dedicato alla nascita del sistema finanziario cinese. Uno degli autori sostiene, ed è riportato con rilievo dal Guardian, che le autorità cinesi non hanno il controllo della situazione. Il libro contiene una tesi ben precisa: la struttura finanziaria della Cina di oggi è piena di criticità. E fin qui lo sapevamo. Quello che si sa meno è che è stata, come dire, implementata in Cina su un modello fornito da Goldman Sachs. Un modello, aggiungiamo noi, che permette il rigonfiarsi di bolle finanziarie. Le quali, una volta esplose, vanno a profitto di chi sa fare la guerra finanziaria in questi casi. Ci scommettiamo che, se la guerra finanziaria non abortisce, Goldman Sachs sarà dalla parte del vincitore anche stavolta? E’ una domanda che Renzi potrebbe fare, tra un casino e l’altro dei prossimi mesi, ad un importante uomo Goldman Sachs presente ai vertici della Bce: Mario Draghi. Così, per vedere l’effetto che fa specie quando gli eventi regalano quella particolare adrenalina prodotta da quel senso del pericolo che Renzi, finora, ha assaggiato poco. E, in un paese dove gente come Staino viene presa sul serio, è evidente che uno come Renzi non abbia ancora conosciuto cosa è il pericolo in politica. Ma, come si vede, c’è un tempo per tutti, per le esperienze importanti della vita.
Redazione, 24 agosto 2015
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