di Jacopo Risdonne
13 Agosto 2015: la Terra è ufficialmente in rosso. In meno di otto
mesi abbiamo già esaurito le risorse naturali dell’intero anno. E
andremo a saccheggiare quelle del futuro. In pratica, secondo il Global
Footprint Network, siamo in debito ecologico e ci sarebbe bisogno di una
Terra e mezzo per sostenerci a questi ritmi. Ben fatto. L’Earth
Overshoot Day - questo il nome della ricorrenza - segna il giorno in cui
la domanda annuale di risorse dell’umanità eccede ciò che la Terra è in
grado di rigenerare nello stesso anno.
Proprio come le banche tracciano le uscite e le entrate, il Global
Footprint Network (GFN) misura la differenza tra la nostra domanda di
risorse naturali e servizi ecologici e quanto il Pianeta possa metterci a
disposizione.
Secondo il bollettino emesso dagli esperti,
consumiamo più legna di quanto ne producano le foreste, mangiamo più
animali di quanto il loro ciclo riproduttivo riesca a farne nascere,
emettiamo anidride carbonica nell’atmosfera ad un ritmo tale da
ostacolare il suo naturale assorbimento. In soldoni, stiamo vivendo
oltre il limite.
E se nulla cambia - avvertono gli scienziati -
nell’arco di qualche lustro non avremo più la possibilità di ritornare
sui nostri passi, ma solo di voltarci e contemplare ciò che è stato.
Pertanto, “non è solo una data simbolo, ma un allarme importante”,
sentenzia il climatologo Luca Mercalli. Tuttavia, pochi sembrano
preoccuparsene.
Siamo giunti al primo overshoot nel 1970 (il 23
Dicembre), e da allora abbiamo macinato giorni su giorni sul calendario.
Negli ultimi 15 anni la data dell’Earth Overshoot Day è avanzata a
marce forzate: nel 2000 consumavamo il capitale naturale i primi di
Ottobre, mentre l’anno scorso il 19 Agosto eravamo già in debito
ecologico. Per soddisfare la domanda umana servirebbero 1.6 Terre. Nel
2030 potremmo arrivare a consumarne due: missione tutt’altro che
impossibile, proseguendo alla stessa stregua degli ultimi decenni.
L’Italia,
nel suo piccolo, ha fatto peggio della tendenza globale, conquistando
un primato invidiabile: mentre l’allarme mondiale è scattato il 13
Agosto, quello per l’Italia non si è lasciato desiderare. Abbiamo
esaurito il capitale naturale dello Stivale in soli 4 mesi, il 5 Aprile
scorso.
In termini concreti, per soddisfare questi ritmi avremmo
bisogno di 3.8 Italie. In Europa non abbiamo rivali in questo campo:
anche se Svizzera e Regno Unito sono temibili (con una necessità
rispettivamente di 3.5 e 3.0 volte le risorse disponibili entro i propri
confini territoriali). Tuttavia, se può consolare, nel resto del mondo
spiccano i dati del Giappone, che necessiterebbe di 5.5 Giapponi per
supportare i suoi bisogni.
Un altro Giovedì nero, dunque - dopo
quello del crollo della borsa di Wall Street - si insedia e si fa spazio
tra le folte pagine della storia. Forse la notizia non attrae tanta
attenzione quanto quella dei noti fatti del ’29 o di uno stato
precipitato in un deficit finanziario, ma il resoconto pubblicato dal
Global Footprint Network potrebbe avere effetti ben più duraturi e
difficili da rovesciare. “In alcune aree del pianeta - secondo gli
scienziati del GFN - le implicazioni dei deficit ecologici possono
essere devastanti, condurre alla perdita delle risorse, al collasso
degli ecosistemi, all’indebitamento, alla povertà, alla carestia ed alla
guerra”.
I governi ignorano che le ripercussioni di decisioni
politiche che mettono ai margini l’assioma ‘le risorse naturali sulla
Terra sono limitate’ possono riverberarsi sulla performance economica a
lungo termine; i governi palesano acute forme di miopia non considerando
che la riduzione della loro dipendenza dalle risorse coincide con i
loro interessi.
A
fronte di tutto ciò, comunque, non mancano casi di stati che, in vari
modi, si stanno attivando per rimediare alle scelleratezze del passato. A
tal proposito, è calzante il caso delle Filippine, degli Emirati Arabi e
del Marocco. Ammirevoli, inoltre, sono i risultati della Danimarca, la
quale ha tagliato le proprie emissioni di CO2 del 33% dagli anni ‘90.
Se
fosse stata imitata dal resto degli stati questo articolo avrebbe avuto
un altro taglio ed un altro spirito; si sarebbe parlato di overshoot
solo il 3 di Ottobre (secondo i calcoli del GFN). Ma questa è un’altra
storia; la realtà dei fatti, ad oggi, è un’altra. La morale, al di là di
tutto, è tanto chiara e limpida da sembrar degna di una delle favole di
Esopo: ridurre il calco della nostra impronta ecologica sulla Terra non
è un miraggio od un’utopia.
Come un geco che perde la sua coda,
dunque, la Terra è in grado di auto-risanarsi e rigenerarsi. Tuttavia,
questo processo richiede tempo. E noi, come è noto, non sappiamo
attendere. Come in preda ad istinti dionisiaci sembriamo marionette
sotto il controllo di impulsi irrazionali. Ci stiamo spingendo oltre i
confini della ragione, rinnegando ogni legge non scritta che vede l'uomo
come l'essere vivente razionale per antonomasia. Ci ostiniamo a
schiacciare con indomabile forza e sordida avarizia il piede
sull'acceleratore.
Con insaziabile voracità estraiamo capitale
naturale da una miniera dalle ricchezze finite, da un pozzo dalle
risorse limitate. Da oggi stiamo chiedendo al nostro Pianeta ciò che non
può darci. Non stiamo dando alla coda il tempo di ricrescere.
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