L’11 novembre 1951, un anonimo operatore dello Uaarr, stendeva questo appunto (Uaarr 224-26380): "Secondo notizie raccolte in Ferrara, i partiti di estrema sinistra stanno organizzando un loro collegamento interprovinciale con colombi viaggiatori da impiegare nel caso di disordini e moti insurrezionali… Sta di fatto che in provincia di Modena esiste un rilevante numero di colombofili, raggruppati in varie associazioni facenti capo alla federazione provinciale di Modena".
La notizia non era del tutto inverosimile: la guerra di Corea era scoppiata da un anno, pochi mesi dopo erano state votate le “leggi eccezionali” ed il rischio che il Pci fosse messo fuori legge era tutt’altro che teorico. Che i comunisti pensassero a come organizzarsi, in questa eventualità, era logico e che qualcuno avesse avuto la trovata dei piccioni viaggiatori si poteva credere, anche se si trattava di un metodo rudimentale ed insicuro (e, infatti, non risulta che neanche nella Resistenza si sia fatto granché ricorso ad esso).
Iniziava così una stretta sorveglianza sui volatili da parte della “sezione colombofila” che esisteva, presso la polizia e presso l’Esercito, sin dai tempi della prima guerra mondiale. L’allarme salì di colpo nel dicembre 1956 (poco dopo l’invasione dell’Ungheria), quando il prefetto di Catania comunicava al Ministero (e questo allo Stato Maggiore dell’Esercito) che era stato rinvenuto un “gabbiano tritattilo”, alla cui zampetta era legata una fascia metallica con la scritta “Moswa D,4063”.
Malefici comunisti! Non solo avevano impiantato un servizio di comunicazione tramite volatili, ma addirittura lo usavano per le loro comunicazioni occulte con Mosca. Nuovo ritrovamento il 13 aprile seguente a Castelmaggiore (Bo) un colombo “tipo bigio verghe nere” con un anello siglato “65658-56-Italia” che sicuramente doveva essere un messaggio in codice. Il 20 dicembre seguente, il questore di Frosinone comunicava l’abbattimento di un “tordo sassello” con il solito anello “Moskwa 187084 f.”. Si decideva di corrispondere un premio di 2.000 lire per ogni volatile sospetto catturato. Il 19 aprile 1958 a San Giovanni in Persiceto un cittadino “persona dabbene” (come dice il rapporto) consegnava, alla locale tenenza dei carabinieri, un piccione con il solito messaggio legato alla zampa: “Vota Pci”. E qui si insinua il dubbio che la “persona dabbene” (nel senso di “dabbenaggine”) non fosse il cittadino che consegnava il pennuto, ma il tenente che lo riceveva.
Iniziava così una strage senza precedenti di volatili: ad agosto un piccione rinvenuto a Marcedusa (Cz) e poi un falchetto abbattuto nell’agro di Viterbo, un gabbiano a Ragusa, una Scolopax rusticola (beccaccia) a Orsara di Puglia. Poi era la volta di una “papera imperiale” a Castelvetrano, con targhetta scritta in caratteri cirillici che, opportunamente decifrati, diceva “rispondi in ufficio”, il Prefetto di Trapani, assicurava il Ministero che "saranno osservate le disposizioni contenute nella pubblicazione “Colombi viaggiatori” edita dal Ministero Difesa Esercito nell’anno 1954". A Molinella i carabinieri sorprendevano un colombo “in atteggiamento sospetto” che, tradotto alla locale tenenza, “il giorno seguente decedeva” (chissà se prima avrà parlato!).
A cosa preludeva quell’intenso traffico aereo da e per Oltrecortina? La soluzione del cupo dramma giungeva nei primi del 1959, quando si appurava che, molto semplicemente, era accaduto questo: nel 1954, il giardino ornitologico di Mosca aveva acquistato dei volatili in Italia ed, ovviamente, a ciascuno di essi era stata legata alla zampetta una traghetta metallica con il nome dell’ente, ovviamente in caratteri cirillici. Nella stazione di Firenze, una delle casse contenenti gli uccelli, si era accidentalmente aperta e i volatili, appunto, erano volati via sparpagliandosi per la penisola. Il resto, ragionevolmente, era stato prodotto da cacciatori e contadini che aspiravano alle 2.000 lire di premio. La strage era finita, ma che brutto affare esser volatili in tempo di guerra fredda!
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