Doha entra ufficialmente nella partita yemenita, con mille militari
appena stanziati nella regione di Marib. Lo rivela il portale panarabo al-Jazeera, che ha fornito anche i dettagli dell’intervento operato dal piccolo emirato: truppe a terra supportate da 200 veicoli blindati e 30 elicotteri da combattimento Apache entrati nel week end dalla frontiera nord con l’Arabia Saudita.
Le truppe dell’esercito qatariota hanno preso posizione nel luogo
straziato venerdì scorso da un attentato contro i soldati della
coalizione anti-sciita a guida saudita, che dal 26 marzo scorso bombarda
le postazioni dei ribelli Houthi: il bilancio è stato di 60
morti, con 45 vittime tra i soldati degli Emirati Arabi, 10 tra quelli
di Riyadh e 5 tra i militari del Bahrein. L’attacco, a opera dei ribelli
zayditi sollevatisi lo scorso settembre per chiedere maggiore
partecipazione politica, è stato il più sanguinoso subito da Abu Dhabi
dall’inizio delle operazioni militari in Yemen.
Un attacco che conferma la presenza nel paese di un massiccio
contingente di truppe straniere la cui partecipazione era sempre stata
legata ai bombardamenti aerei, truppe entrate nel Paese sotto la guida
saudita per rimettere al potere un presidente gradito alla casa reale, e
anche a buona parte delle potenze straniere, e schiacciare la
sollevazione degli Houthi legati all’Iran.
Ora che le le vittime tra il contingente dei Paesi del Golfo
cominciano a farsi consistenti, questi ultimi si preparano a un
coinvolgimento maggiore: parola di Mohammed Bin Zayef, principe
ereditario dell’emirato di Abu Dhabi, che subito dopo l’attentato contro
le sue truppe avrebbe detto “la nostra vendetta arriverà presto e la
porteremo avanti fino a quando non spurgheremo lo Yemen dalla sua
feccia”.
Aumenterà notevolmente, quindi, il numero dei soldati del Golfo di stanza nel Paese, per una
guerra che finora è costata la vita a oltre 4.500 persone. I feriti
sono circa 23 mila, mentre sei mesi di combattimenti hanno aggravato le
condizioni di vita nel paese più povero del Medio Oriente, dove ora –
stando agli ultimi dati Oxfam – 20 milioni di persone hanno bisogno di
aiuti.
Di tutt’altra natura, ma non meno sanguinoso, sarà l’ennesimo
intervento militare autorizzato contro lo Stato Islamico: questa
mattina, infatti, il presidente francese François Hollande ha
dichiarato in conferenza stampa che Parigi comincerà domani i voli di
ricognizione in Siria per poi passare ai bombardamenti veri e propri
contro il cosiddetto Califfato. Hollande ha parlato anche di
truppe a terra, per le quali sta insistendo “da mesi”, per poter
“sradicare i terroristi” e porre un freno al flusso di rifugiati che si
sta riversando in Europa.
“Abbiamo l’occasione di estirpare lo Stato Islamico – ha detto in
conferenza stampa all’Eliseo – e dobbiamo procedere perché, come si è
visto quest’estate, siamo un obiettivo per i terroristi”. A
monte, però, sta soprattutto il peso dei richiedenti asilo, provenienti
in gran parte da Siria, Iraq e Afghanistan, oltre che dai paesi africani:
Parigi, dopo aver chiuso le frontiere con l’Italia ed essersi rifiutata
di accogliere le “quote” di migranti pensate quest’estate da Bruxelles,
si è vista costretta dalla Commissione Europea ad accettare 24 mila
rifugiati.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento