di Michele Giorgio – Il Manifesto
Se il re saudita Salman e
il suo ministro degli esteri Adel al Jubair, bloccando il finanziamento
da 4 miliardi dollari promesso all’Esercito e alla polizia del Libano,
cercavano di riaccendere pericolosamente lo scontro nel Paese dei Cedri,
allora hanno raggiunto il loro scopo. Il Libano, con alle porte
da cinque anni la guerra civile siriana, è di nuovo precipitato in una
crisi politica devastante, dalle conseguenze imprevedibili,
proprio quando si registravano le prime intese tra parti opposte sulla
nomina del nuovo capo dello stato (attesa dal 2014), sfociate nella
clamorosa riconciliazione, dopo 30 anni, tra i due leader cristiani
“nemici” Michel Aoun e Samir Geagea. Da quando venerdì scorso Riyadh ha
annunciato la sua decisione, in risposta alla politica estera libanese
che ritiene filo iraniana e contraria ai suoi interessi nella regione,
il fronte antisiriano e filo occidentale “14 Marzo”, guidato dall’ex
premier sunnita Saad Hariri, e quello “8 Marzo” alleato di Damasco e
controllato dal movimento sciita Hezbollah, sono tornati a scambiarsi
accuse durissime.
Minando la precaria stabilità del governo, domenica il
ministro della giustizia Ashraf Rifi, uomo di Hariri e vicino ai
sauditi, ha dato le dimissioni proclamando di «non poter più far parte
di un governo dominato da Hezbollah». Ha aggiunto che la
politica estera del Libano non è aderente «al consenso arabo»
(anti-iraniano) sancito dall’ultimo vertice della Lega araba e ha
esortato gli altri ministri a dimettersi. Da parte sua Hariri, che ha
anche la cittadinanza saudita, ha avvertito che le «offese» fatte a
Riyadh e alle petromonarchie del Golfo ricadranno su coloro che le hanno
formulate e ha garantito che nessuno riuscirà «a cambiare il carattere
arabo del Libano». Sul banco degli imputati allestito dal fronte
“14 Marzo” è finito il ministro degli esteri Gebran Bassil, un
esponente della “Corrente dei Liberi Patrioti”, il partito di Michel
Aoun alleato di Hezbollah.
Bassil è accusato di aver adottato
posizioni «ambigue» in diverse occasioni e di non aver condannato in
modo esplicito l’aggressione avvenuta a inizio anno all’ambasciata
saudita a Tehran seguita alla decapitazione del religioso sciita Nimr al
Nimr da parte delle autorità saudite. Bassil ieri durante l’infuocata
riunione di governo presieduta dal premier Tammam Salam – terminata con
una pressante richiesta a Riyadh a rivedere la sua decisione di
congelare i quattro i miliardi di dollari per le forze armate libanesi e
una dichiarazione di aperto sostegno alla linea del “consenso arabo” –
ha smentito di non aver condannato l’attacco all’ambasciata saudita e ha
ricordato che il Libano ha scelto e mantenuto una posizione di
neutralità nei cinque anni della guerra civile siriana.
Il punto è proprio la neutralità del Libano. Re Salman, che
fa i conti anche con il crescente deficit saudita, non ha alcuna
intenzione di regalare quattro miliardi di dollari a un Paese che non
sostiene apertamente la sua strategia nella regione. Inoltre
non si accontenta più dell’appoggio che riceve dal “Fronte 14 Marzo” e
dalla famiglia Hariri. Con il taglio dei finanziamenti Salman colpisce
in profondità le Forze Armate libanesi provando a metterle contro
Hezbollah, “responsabile” del mancato arrivo dei fondi. I miliardi
sauditi servivano per comprare armi, equipaggiamenti e automezzi dai
francesi (un regalo di re Salman a Hollande, alleato nella causa comune
contro il presidente siriano Bashar Assad) per ammodernare l’Esercito
libanese che, con scarsi mezzi, sorveglia il confine con la Siria e ha
già pagato un alto tributo di sangue nella lotta contro i qaedisti di al
Nusra e altri jihadisti che operano lungo la frontiera tra i due Paesi.
Non a caso Hezbollah ha prontamente accusato Riyadh di sostenere il
terrorismo jihadista privando i militari libanesi dei mezzi necessari
per difendere il Paese. Uno dei leader di Hezbollah, Nabil Qaouq, ha
avvertito che l’Arabia Saudita «non riuscirà a cambiare la natura delle
Forze Armate libanesi».
A rendere meno gustosa la vendetta di Re Salman è l’atteggiamento
dell’Amministrazione Obama. Il portavoce del Dipartimento di Stato Mark
Toner, senza commentare le decisioni di Riyadh, ha confermato l’aiuto
americano ai militari libanesi. «Abbiamo intenzione di continuare il
nostro sostegno alle forze armate e ai servizi di sicurezza del
Libano... Abbiamo dato circa 1,4 miliardi di dollari a partire dal 2005 e
l’aiuto proseguirà», ha spiegato Toner.
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