Continua a Madrid la trattativa – e la polemica – tra i maggiori partiti per la formazione del futuro esecutivo a più di due mesi ormai dalle elezioni generali del 20 dicembre. Negli ultimi giorni il leader del Partito Socialista Operaio (!) Spagnolo ha ottenuto dalla militanza un ampio sostegno al patto di governo siglato con la nuova destra di Ciudadanos, dopo il repentino voltafaccia nei confronti di Podemos, con il quale il Psoe stava negoziando un improbabile accordo. Ben il 79% dei militanti e degli iscritti che hanno partecipato alla consultazione interna ha detto sì alla linea del quarantenne Sanchez, con un tasso di partecipazione di circa il 50%. Spiazzata, per ora, la fronda interna al Psoe, guidata da alcuni ras locali del partito come Susana Diaz, che rimproveravano a Sanchez la disponibilità verso Podemos e le sinistre e che ora sono stati privati dei loro argomenti di polemica. Ora la palla passa alle Cortes, dove mercoledì è previsto il primo voto di investitura. Che non ci sarà, visto che la prima votazione richiede la maggioranza assoluta mentre al massimo Sanchez può contare sui 90 deputati del Psoe, sui 40 di Ciudadanos e forse di una manciata di indipendenti ed esponenti di liste locali. Ma neanche venerdì Sanchez dovrebbe farcela, nonostante che in seconda votazione il quorum per la formazione del governo si abbassa alla maggioranza semplice; all’aspirante premier servono comunque 176 voti. In mancanza di un sostegno da parte del Partito Popolare o di una astensione dei parlamentari di Podemos e delle altre liste di centrosinistra-sinistra catalane, valenzane e galiziane il traguardo appare lontano, irraggiungibile.
E in molti credono che si dovrà tornare alle urne, anche se i sondaggi per ora sembrano riprodurre rapporti di forza simili a quelli usciti dalla giornata del 20 dicembre, con al massimo una lieve crescita dei partiti maggiori, un piccolo cambiamento non in grado di determinare schieramenti netti ed in grado di garantire la governabilità. Se entro il 3 maggio non si troverà la quadra il Re Felipe VI dovrà sciogliere le camere e indire nuove elezioni per il 26 di giugno. Ma sottobanco il negoziato tra le forze politiche prosegue.
Podemos aspetta i socialisti al varco. Per la formazione di Pablo Iglesias i socialisti diventano ‘forza di cambiamento’ in caso di alleanza a sinistra ma restano un partito del sistema se continueranno a insistere nell’alleanza con i liberisti e centralisti di Ciudadanos. Un punto di vista politicista che mette in evidenza la crisi di prospettive per un movimento che sembra giunto all’apice della sua popolarità ma prigioniero di dinamiche istituzionali tutte interne ad un sistema politico bloccato. Il Psoe ha firmato con la nuova destra un programma di governo di chiaro stampo liberista e centralista, pienamente in linea con i diktat dell’Unione Europea, dimostrando quali sono le sue priorità in campo economico, politico e istituzionale. Un “patto di legislatura” di stampo renziano che riprende le brutture del Jobs Act e prevede la trasformazione delle province in organismi non più elettivi ma composti da sindaci.
Eppure Iglesias e compagni continuano a illudere la propria base che il Psoe possa essere ‘recuperato’ all’interno di un’alleanza plurale di formazioni che dovrebbe mettere invece in discussione l’austerità, i tagli, i dogmi del nazionalismo spagnolo contro le rivendicazioni catalane e basche. Nei giorni scorsi Podemos ha di nuovo invitato il Psoe renziano a tornare alla trattativa con quello che in molti, impropriamente, continuano a descrivere come la rappresentanza politica del movimento e della stagione degli ‘Indignados’. Alla politica della ‘mano tesa’ nei confronti dei socialisti si è aggiunto anche Alberto Garzòn, leader dell’alleanza di sinistra imperniata su una Izquierda Unida mai così debole.
Che il decalogo liberista firmato da Pedro Sanchez e Albert Rivera venga semplicemente cestinato dai socialisti, come chiede Iglesias, in caso di riapertura delle trattative con Podemos, appare altamente improbabile. Tanto Unidad Popular quanto Podemos lo sanno bene, e infatti parlano ‘responsabilmente’ di una ampia revisione delle 66 pagine sottoscritte da Psoe e Ciudadanos. Il che vuol dire che al massimo si andrebbe ad emendare, in caso di accordo ‘a sinistra’, qualche aspetto più truce del patto di legislatura.
Il rischio è che Podemos diventi l’ennesima stampella di sinistra a un governo targato Troika. Gettando così alle ortiche anni di mobilitazione popolare, di lotte, di scioperi, di ragionamenti su un altro mondo possibile.
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