di Michele Giorgio – Il Manifesto
Quello di ieri è
stato un raid contro presunti jihadisti e allo stesso tempo un segnale
molto preciso delle intenzioni americane di intervenire in Libia sebbene
l’Amministrazione Obama ripeta che muoverà le sue forze militari solo
su richiesta di un governo libico di unità nazionale. L’attacco
aereo accresce inoltre il peso del documento reso pubblico da
Wikileaks, redatto dall’ammiraglio italiano Enrico Credendino,
sull’invio di truppe in Libia nel quadro dell’Operazione Sophia avviata dall’Unione europea nel giugno dello scorso anno.
Tra 41 morti del bombardamento americano scattato ieri alle 3.30 contro
un «campo di addestramento dell’Isis» nella zona di Sabratha,
nell’ovest della Libia, oltre a diverse vittime civili ci
sarebbe anche Noureddine Chouchane, noto come la mente delle stragi
dello scorso marzo al museo Bardo a Tunisi (24 morti tra i quali quattro
italiani) e, tre mesi dopo, sulla spiaggia di Sousse (38 morti, in gran
parte turisti britannici).
Washington ha ammesso subito di essere dietro al raid, compiuto con cacciabombadieri F-15E decollati da una base in Europa. Il
Pentagono ha fatto sapere che nel campo di addestramento erano presenti
al momento del lancio dei missili almeno 60 militanti dello Stato
islamico. Un portavoce ha affermato che la distruzione del
campo e l’uccisione (non confermata) di Chouchane eliminerà un
organizzatore esperto e avrà un impatto immediato sulle attività
dell’Isis in Libia e nei Paesi vicini. Chouchane, ha aggiunto, si
occupava del reclutamento di nuovi miliziani e della creazione di basi
per la progettazione di attacchi contro gli interessi degli Stati Uniti
nella regione. Da parte sua Jamal Naji Zubia, responsabile per i
media stranieri del governo di Tripoli, ha precisato che il raid
americano ha centrato una casa a diversi chilometri da Sabratha e che i
jihadisti uccisi sono soprattutto di nazionalità tunisina. Un
testimone ha raccontato all’agenzia americana AP di aver sentito due
esplosioni provenienti dal villaggio di Qasr Talel. Ha aggiunto che
l’edificio centrato dai missili appartiene ad Abdel Hakim al Mashawat,
conosciuto nella zona come un militante dell’Isis. Sabratha è uno dei
principali punti di partenza per le imbarcazioni dei trafficanti di
migranti e profughi dirette verso l’Europa, nonché un punto di transito
per i jihadisti diretti alle loro roccaforti a Sirte e Bengasi.
A cinque anni esatti dall’inizio della guerra civile in Libia e del
successivo intervento di occidentali e arabi contro Muamar Ghaddafi, si
accorciano i tempi di una nuova ampia operazione militare. Barack Obama e
i suoi alleati europei attendono il via libera del governo libico di
unità nazionale che stenta a formarsi. Domenica scorsa è stato
annunciato un nuovo esecutivo (18 ministri) in sostituzione di quello
presentato nelle settimane passate che non ha ottenuto l’approvazione
del Parlamento di Tobruk riconosciuto dall’Occidente. Fonti
libiche però ripetono che gli Usa e l’Europa in realtà sono già in
azione, con forze speciali e di intelligence, anche italiane, che
operano in diverse città, tra cui Bengasi e Zintan.
Che si stia andando rapidamente verso l’inizio della nuova operazione militare è indicato anche dalla convocazione il 25 febbraio del Consiglio Supremo di Difesa da parte del presidente Mattarella.
In cima all’ordine del giorno sarà l’esame della situazione
internazionale e dei principali scenari di conflittualità e di crisi nel
Nord Africa, con particolare riferimento proprio alla Libia, e nel
Vicino Oriente. Si discuterà inoltre della partecipazione delle
Forze Armate italiane a quelle che sono descritte come «missioni di
stabilizzazione e di contrasto del terrorismo». Il documento
reso pubblico da Wikileaks descrive le fasi successive dell’Operazione
Sophia, cominciando dall’intesa raggiunta a dicembre dai due parlamenti
rivali di Tripoli e Tobruk per arrivare alla costituzione di un governo
unitario libico che inviti i militari europei a intervenire nelle acque
territoriali del Paese nordafricano e autorizzi l’estensione delle
operazioni lungo la costa. L’ammiraglio Credendino riferisce nel
suo rapporto che da quando sono cominciati i pattugliamenti navali
europei, le rotte seguite dai trafficanti sono cambiate a causa dei
maggiori controlli e che dalla Libia si parte molto meno per l’Italia.
L’ammiraglio quindi esorta ad andare oltre, ossia ad agire a
ridosso delle coste libiche per prendere di mira i trafficanti nei porti
di partenza. Da qui il passo è breve verso un nuovo massiccio
intervento militare occidentale – a maggior ragione se a chiederlo sarà
“autonomamente” il futuro governo libico – volto anche a mettere in
sicurezza i giacimenti di greggio tanto importanti per le compagnie
petrolifere italiane e di altri Paesi.
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