C’è davvero da chiedersi perché una notizia risaputa, l’ascolto di Berlusconi da parte della NSA durante il periodo caldo del 2011 sia diventata una notizia fresca (cioè una novità) e allo stesso tempo calda (una novità di cui tutta la politica istituzionale parla). Come è risaputa la notizia dell’ascolto di Angela Merkel, che ha già protestato vigorosamente tre anni fa, e di altri big dello show business politico venuti fuori, come dire, a strascico uno dietro l’altro. Ovviamente in Italia, come al solito, ci si è soprattutto concentrati non sulle rivelazioni ma sulla loro legittimità. Ma, come al solito, la forma rivela sempre qualche problema grossi di sostanza.
La notizia starebbe nel fatto che l'NSA, una delle agenzie americane di intelligence, ha spiato Berlusconi nel periodo caldo che va tra l’impennata del debito sovrano (con gli spread) e le dimissioni. Estate-autunno del 2011. Ovviamente non si tratta di una notizia. Primo perché già dalle rivelazioni precedenti di Assange si sapeva, pubblicamente, che Berlusconi era sotto osservazione regolare da parte degli Usa. Oltretutto, a seguito dello scandalo Snowden, era uscita la notizia che almeno 5 milioni di italiani, establishment compreso, erano stati letteralmente scannerizzati dalla NSA. Nulla in confronto ai tedeschi, circa 30 milioni, e infatti in Germania, almeno lo scandalo nel 2013 era esploso. Nello stesso periodo quando il caso degli italiani, non solo establishment ma una parte significativa della popolazione, fu sottoposto al COPASIR (che monitorizza attività servizi segreti) la risposta fu sconcertante. Si disse, ufficialmente, “che gli americani assicuravano che non c’erano state violazioni della privacy” mentre, tra l’altro, in Germania sugli stessi metodi NSA era scoppiato il delirio. Ovviamente, in un paese dove le polemiche più roventi sono sui rimborsi degli scontrini, la vicenda passò completamente sotto silenzio. A livello ufficiale però la portata dei fatti era chiara eccome. Nessun stupore quindi alla notizia sulle intercettazioni di Berlusconi. Solo che la notizia è uscita accompagnata da molto clamore. Perché?
Prima di tutto perché ha permesso a Berlusconi di uscire dall’angolo, acquisire attenzione con quel tocco di vittimismo che non fa male a chi vuol recuperare consenso. Ma il punto grosso è un altro: il ritorno alla lamentala berlusconiana del “complotto del 2011” ha, da sempre, bersagli ben precisi. L’ex presidente Napolitano, il collateralismo alle politiche dell’austerità di molto establishment italiano (tra cui il bocconiano Monti e le reti di potere di cui fa parte), la Francia e la Germania come paesi che fortemente vogliono un ruolo di austerità dell’Italia. Si tratta di poteri che in questi giorni si sono fatti sentire: dallo stesso Napolitano, che ha alimentato non a caso una polemica su quanto lavorano i parlamentari, a Monti (che ha criticato Renzi in parlamento), ai bocconiani via Corriere della Sera. Per non parlare di Francia e Germania, paese (si veda un recente corsivo della Sueddeutsche Zeitung che praticamente prendeva in giro le proposte di Renzi sulle banche e sulla nuova governance europea) che ha messo Renzi nel mirino. Guarda caso gli avversari di Berlusconi e di Renzi coincidono. Non solo, Renzi non vuol fare la fine di Berlusconi: detronizzato dai “mercati”, dalla governance europea e, infine, da una congiura di palazzo.
Già perché questo paese continua a occuparsi di scontrini e di politicamente corretto, oltre che del proprio ombelico, ma lo scontro tra Renzi e l’eurozona continua ad esserci. Su nodi grossi: banche, e lì la crisi potrebbe farsi grossa, flessibilità di bilancio, nel 2017 prima delle elezioni dell’anno successivo Renzi rischierebbe di dover compilare una finanziaria molto dura. Oltre che tutta una serie di nodi su energia, acciaio e geopolitica. E’ quindi accaduto quello che era prevedibile accadesse: i media, il governo e Renzi hanno dato serio risalto alle rivelazioni di Berlusconi. Atto dovuto: il governo ha chiesto spiegazioni agli Usa (quelle che il governo Letta, assieme al PD, non ha chiesto nel 2013...). Sicuro qualcosa ci sarà da regolare anche con gli Usa, magari si userà la cosa anche per inquadrare meglio un eventuale intervento libico. Ma il bersaglio vero di questa polemica è la filiera Napolitano-Monti-bocconiani-Francia-Germania. Avversari interni ed esterni ai quali Renzi manda un messaggio chiaro: se la crisi precipita, e può precipitare, non mi farò impallinare come Berlusconi. Colpito, oltre che da qualche attacco in borsa che tolse in un giorno 12 punti di valore al titolo Mediaset, da qualche congiurato interno su mandato dall’esterno del palazzo. Oggi i fatti sono pubblici, il clamore deve essere tanto perché si capisca che le mosse sono scoperte e chiare a tutti. Poi, si vedrà. Come sempre, è normale quando si parla di processi collettivi, tutto diverrebbe più chiaro in caso di precipitazione della crisi. Vediamo. Resta il problema che le intercettazioni NSA di solito non riguardano solo l’establishment ma la popolazione a largo raggio. Ci sarebbe da chiedere chiarimenti seri sui profitti che tante aziende Usa fanno sull’uso dei dati che risultano da questa attività. Ma anche qui, una volta messi a produzione un po' di precari italiani come fa Google, questo genere di tematiche svaniscono nel nulla. Eppure è sul governo dei dati che si fanno le differenze nella politica e nell’economia contemporanee. E infatti la differenza si vede. In negativo, s’intende.
Redazione, 24 febbraio 2016
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