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29/02/2016

Genova - Come si è stinto (ed estinto) l'arancione del sindaco Doria

Ancora la grande stampa nazionale non si è accorta del “caso politico” Genova. La Liguria ha fatto notizia, è diventata emblematica lo scorso anno quando primarie spurie, provocando profonde fratture nel PD e l’uscita dal partito di Sergio Cofferati, finirono col portare nelle successive elezioni regionali al rovesciamento di un quadro politico che sembrava consolidato attorno alla figura del dominus, il governatore Claudio Burlando, alle cui spalle peraltro reggeva l’entente cordiale con l’altro Claudio, l’ex-ministro forzista Scaiola.

Prima però di questa crisi relativamente recente, a livello cittadino si era verificato, giusto quattro anni fa, un evento eclatante agli occhi di un corpo politico avvezzo per tradizione a coltivare il “primato del Partito”, e cioè la sconfitta alle primarie per il Comune di Genova tanto del sindaco uscente Marta Vincenzi quanto dell’allora deputata Roberta Pinotti, entrambe PD. Marco Doria, professore universitario, convinto da un ristretto gruppo di amici intellettuali in larga parte di provenienza PCI, si presentò e vinse, favorito anche dalla doppia candidatura che gli si contrapponeva. Molto fu lo sconcerto, da una parte, e la speranza di una discontinuità, dall’altra.

Alle elezioni, forte dell’influenza grande di don Andrea Gallo sulla “sinistra diffusa” e godendo palesemente del suo appoggio, Doria vinse, portando in consiglio comunale ben sei eletti della sua lista. Un trionfo, una maggioranza più che sicura.

Tornando all’oggi o a ieri l’altro, non è un caso che, prima ancora dei dissapori del costituendo partito della Sinistra Italiana nei confronti dell’arancione più eminente, Giuliano Pisapia, uno dei componenti della triade nazionale (assieme a Zedda cagliaritano), Doria, per l’appunto, venisse per amor patrio omesso dall’onore delle cronache, espunto dai presunti fasti di stampo arancione. Che cosa è successo nel frattempo, che ne è stato di un programma elettorale discusso anche con la sinistra, per così dire, istituzionale, che conteneva, oltre a posizioni ambigue o “aperte”, anche punti pregevoli?

Un processo a senso unico, maledettamente unico, costituito da rotture via via più laceranti col corpo vivo della società e destinate a ripercuotersi cumulativamente sulla rappresentanza comunale, tanto che oggi la Giunta Doria non gode più della maggioranza consiliare e qualcuno fa balenare l’eventualità dello scioglimento e di elezioni anticipate, che verrebbero accorpate con le amministrative previste in primavera per alcune grandi città.

C’è da premettere che nel Consiglio siedono, in varia collocazione esponenti (alcuni fino all’altro ieri ufficialmente membri della maggioranza, altri collocati nel gruppo del Movimento 5 Stelle) che sono stati e sono espressione più che di partito, delle lotte sul territorio (il contrasto alle grandi opere: terzo valico, gronda autostradale ecc.).

Andando la politica amministrativa in senso sostanzialmente opposto alle speranze degli elettori, il confronto pubblico si fece aspro, tanto che in diverse occasioni (vertenza degli autisti del trasporto pubblico AMT, scontro con i lavoratori delle aziende partecipate considerati dei privilegiati, e quindi atteggiamento di supponenza, se non di dispregio, nei confronti della stessa CGIL), le sedute del Consiglio furono sbarrate al pubblico “contestatore” e si tennero a porte chiuse.

Diciamo che nei primi sei mesi del mandato, Doria, forte del suo gruppo consiliare e dei rappresentanti della sinistra (Federazione della Sinistra e SEL) entrambi in maggioranza, avrebbe potuto giocarsi la partita da posizioni di forza. Così non fu, mentre il PD nutriva nei suoi confronti un atteggiamento diffidente (bruciava ancora la sconfitta alle primarie!), Successivamente, le parti si ribaltarono e fu Doria a lasciarsi condizionare pesantemente; oggi, il PD segnala una presa di distanza, temendo, a ragione, di finire schiacciato da un “abbraccio mortale”, al culmine di un’esperienza fallimentare.

Sintetizzando, è mancata una idea di città, nessun progetto di riconversione ecologica e sociale: un assessore è giunto ad affermare che non è il traffico privato ad essere un problema, bensì la mancanza di parcheggi; non vengono contrastati progetti edilizi, come il Nuovo Ospedale Galliera, che impattano fortemente sul tessuto urbanistico; procedono le privatizzazioni, che si preannunciano come dequalificazione dei servizi; si lascia mano libera in fatto di progettazione ai poteri forti e alle multinazionali sui nodi fondamentali (porto, cantieri navali, aziende elettroniche).

In vista di elezioni che, al più tardi, si dovranno tenere nel 2017, il gioco, la simulazione cui si assiste, è quella di prefigurare il nome di un candidato di prestigio, cui la sinistra-sinistra organizzata, sostanzialmente assente dallo scontro politico cittadino, non possa dire di no: pronti comunque a far scattare il ricatto del “voto utile”. La ricerca non sarà facile: Luca Borzani, presidente di Palazzo Ducale (attività culturale) ha immediatamente rinviato l’invito al mittente.

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