Uno dei paradossi del M5s è che è tutt’ora su valori molto sostenuti nei sondaggi, a pochi punti dal Pd, ma, nello stesso tempo si manifestano forti turbolenze interne: a Bologna è aspramente diviso sul sindaco da candidare, a Milano la candidata scelta meno di due mesi fa provoca molti malumori e dalla Casaleggio associati arriva il consiglio di ritirarsi, a Napoli addirittura si pensa di non presentare nessuno a causa delle divisioni interne mentre le cose vanno meglio a Torino e (forse) a Roma, mentre ci sono forti problemi con i sindaci eletti.
Il tutto mentre Grillo decide di fare il “Passo di lato” e togliere il suo nome dal simbolo, la vicenda di Quarto non è stata gestita al meglio nella comunicazione e sulla questione dei giudici costituzionali il gruppo parlamentare ha fatto una solenne fesseria sulla quale caliamo caritatevolmente un velo.
Inutile dire che se questa situazione dovesse protrarsi potrebbe dare frutti molto amari alle prossime amministrative e compromettere seriamente le politiche. Cari amici pentastellati attenti: la befana passa una volta nell’anno e non ogni settimana. Tre anni fa, il M5s ebbe un successo insperato ed al di là di ogni aspettativa, però poi fra la stucchevole polemica sugli scontrini, la processione delle espulsioni, l’assurda scelta di disertare le trasmissioni televisive e pasticci vari, venne sperperato un capitale ed alle europee arrivò il caffè amaro della flessione al posto della squillante vittoria sognata. Ed andò anche bene, visto che, comunque fu un risultato oltre il 20%. Poi nelle amministrative del 2015 c’è stata una ripresa (zoppa, come al solito, perché nelle amministrative il M5s prende regolarmente meno delle politiche).
Credo che sia arrivato il momento di prendere una medicina molto amara e dire onestamente che il modello organizzativo sin qui seguito proprio non funziona. In primo luogo: un partito che prende il 25% o giù di lì, non può esistere solo (o prevalentemente) in rete ma deve mettere i piedi per terra, darsi una struttura territoriale che organizzi i suoi militanti, ed organizzare significa darsi una struttura con sedi territoriali, coordinamenti provinciali o regionali ed un gruppo dirigente nazionale. Immagino i bruciori di stomaco di molti lettori che penseranno inorriditi “Ma questo è un partito! Orrore!”. Si è un partito perché tali si è quando si chiede un mandato agli elettori per il Parlamento, il resto sono chiacchiere prive di senso. Ed un partito va organizzato anche se tenendo sempre d’occhio il nemico: la burocrazia.
Mettiamoci in testa che organizzazione non significa necessariamente burocrazia e che ci si può benissimo burocratizzare anche restando nel casino più disorganizzato, anzi per i burocrati lo spontaneismo è un invito a nozze.
Se lasci il gruppo parlamentare senza il contrappeso di una direzione nazionale (eletta nel modo più democratico possibile, intendiamoci!) non viene fuori una cosa più democratica e meno “partitica”, ma solo un partito di notabili di stampo giolittiano. Bel guadagno!
Magari, si possono creare organismi collegiali elettivi ma anche segnati dalla revocabilità individuale, ma comunque organismi formali e dotati di precise competenze.
Altro problema da risolvere: darsi uno statuto degno di questo nome e non la trovata divertente del “Non statuto”: bella battuta ma adesso facciamo sul serio. Ci vogliono regole precise, non una cosa interminabile come quell’aborto di “Costituzione europea”, che si tentò nello scorso decennio e che venne fortunatamente bocciato dai referendum, ma uno statuto decente, chiaro e sufficientemente definito. E dire norme, significa anche dire giudici capaci di interpretarle ed applicarle, altrimenti è come se non ci fossero. Cosa sarebbe la Costituzione se non ci fosse una Corte Costituzionale? Inoltre, uno statuto, al pari di qualsiasi norma, non è una cosa stabilità per l’eternità. Magari si può prevedere un tempo di durata durante il quale la norma non può essere modificata oppure stabilire procedure aggravate per la sua modifica, quello che vi pare, ma statuti, leggi e Costituzioni non sono i Dieci Comandamenti, pensati per l’eternità. Ad esempio è evidente che il non Statuto andava modificato prevedendo una deroga alla norma che proibisce le dimissioni per potersi candidare ad altra carica; ovviamente questo deve essere una eccezione e non un costume, ma le eccezioni, in politica come nella vita, ci sono.
E’ evidente che in questa situazione dovrebbero scendere in campo Di Battista a Roma, Di Maio o Fico a Napoli (meglio Fico, per non perdere la Vice Presidenza della Camera) ed un altro parlamentare a Milano. Si poteva interpellare la rete per decidere sulla deroga, magari stabilire che fosse necessaria una maggioranza qualificata e, invece no, le regole sono eterne: guarda che capolavoro di risultati ci sono!
Ancora: leviamoci dalla testa anche l’idea che una linea politica si costruisca a botta di referendum on line improvvisati giorno per giorno. Quando si trattò di definire la posizione del movimento sulla legge elettorale ci fu un corso di una decina di incontri informativi iniziali, poi c’erano diversi giorni durante i quali c’erano interventi sul sito, discussioni in alcuni metup ed alla fine si votava pezzo per pezzo. E la cosa coinvolse trentamila persone: perché non si continua con quel metodo? C’è una linea organica di politica economica del M5s? Dove si legge? Ed esiste una politica estera del M5s? Per ora vedo Grillo che, pur se con una battuta, ha ipotizzato l’uscita dalla Nato, Di Maio che ha detto che non se ne parla, il M5s che è contro il Muos in Sicilia ed il Ttip però non dice niente sulla Nato, un gruppo parlamentare europeo con l’Ukip ed insieme la proposta di aprire ai Bric, il gruppo parlamentare che è contro l’intervento in Libia ma che non dice cosa dovremmo fare… cosa è questo indigeribile minestrone? E voi così pensate di governare il paese? O pensate che prima si vincono le elezioni e poi si pensa a cosa fare? Comincio ad avere i sudori freddi. Il guaio è che in assenza di una direzione nazionale collegiale, non c’è neppure un soggetto che pensi a produrre una linea politica. O pensate che una linea spunti da sola come i funghi dopo la pioggia.
Ancora: il M5s è stato un esempio totalmente anomalo di “soggetto carismatico”. Il soggetto carismatico classico (che sia il movimento garibaldino o il partito peronista, il partito fascista di Mussolini o quello radicale di Pannella, il movimento gollista o Lotta Continua di Sofri) ha per definizione un solo capo carismatico che decide la linea politica e guida in prima persona il suo partito o movimento. Qui abbiamo avuto una conduzione a due: un leader carismatico verso le masse esterne che riverbera il suo carisma sull’altro che è il “progettista interno” che ha avuto (ed ha) compiti prevalentemente ideologici (se mi permettete il termine) ed organizzativi. Ulteriore anomalia: nessuno dei due si è posto come capo, ma entrambi come garanti del movimento e nessuno dei due è entrato in Parlamento. Con il risultato di avere una sorta di centro direttivo nazionale distinto e non sempre in sintonia con il gruppo parlamentare. Ammetterete che è una architettura un po’ spericolata! Sembra una discoteca con il portale di una chiesa barocca, un minareto e la sommità di una pagoda e senza il muro posteriore.
Adesso, per di più, l’uomo immagine, quello che assolveva al ruolo di punto di riferimento carismatico, ha deciso di fare un passo di lato, come dire che la cupola si mette di lato. Quanto scommettiamo che viene tutto giù?
Un modo di evitare il crollo c’è, ma bisogna mettersi al lavoro subito, mettere da parte le mitologie e produrre un progetto politico degno di questo nome e una organizzazione funzionale a questo disegno.
Basta con i sogni, diventiamo grandi ed iniziamo a fare politica, quella vera. Che ne dite?
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