Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

03/02/2017

Francia, Hamon spacca il PS

di Michele Paris

La definitiva vittoria di Benoît Hamon nel secondo turno delle primarie presidenziali, tenute nella giornata di domenica in Francia, rischia di spaccare un Partito Socialista (PS) già nel pieno di una gravissima crisi provocata dalle politiche di destra perseguite da François Hollande e dai governi che si sono succeduti a Parigi negli ultimi cinque anni.

Il successo dell’ex ministro dell’Educazione è stato ancora più netto di quanto prevedevano i sondaggi. Il 59% dei consensi ottenuti, contro il 41% dell’ex primo ministro Manuel Valls, ha confermato l’esistenza di un fortissimo malcontento popolare nei confronti dei vertici socialisti. Malcontento che si è materializzato anche con una bassa partecipazione al voto, fermatasi come al primo turno a circa due milioni, cioè la metà rispetto alle primarie della destra gollista (Les Républicaines) organizzate nel mese di novembre.

Lo schiaffo a Valls rappresenta così un’autentica umiliazione per il suo partito e, in particolare, per l’ala destra del PS che ha sostenuto Hollande e i suoi governi nell’attacco ai diritti democratici e dei lavoratori. Hamon, da parte sua, ha evidentemente beneficiato di questa situazione, proponendo una campagna basata su misure come l’istituzione di un reddito minimo universale e l’abrogazione delle odiate “riforme” del lavoro implementate da Hollande e Valls.

Alla chiusura delle urne, Hamon, ha celebrato la possibile rinascita della sinistra francese dopo gli anni di Hollande, con il quale aveva rotto proprio sulle politiche economiche dei suoi governi. Il 49enne deputato del dipartimento di Yvelines ha inoltre fatto appello ai candidati alla presidenza del Partito di Sinistra (PG), Jean-Luc Mélenchon, e dei Verdi (EELV), Yannick Jadot, per costruire quella che ha definito “una maggioranza governativa sociale, economica e democratica”.

La proposta politica di Hamon è però illusoria e destinata al fallimento. In primo luogo, quali che siano gli sviluppi delle prossime settimane, il candidato all’Eliseo del Partito Socialista finirà per incassare una pesante batosta nel primo turno delle presidenziali di aprile. Inoltre, qualsiasi iniziativa che implichi un aumento della spesa sociale è fortemente avversata da una larghissima maggioranza della classe politica francese, compresa quella rappresentata dal Partito Socialista.

La coalizione di “sinistra” che Hamon ipotizza con i Verdi e il “Parti de Gauche” è stata poi in sostanza alla base anche del successo di misura di Hollande su Nicolas Sarkozy nel 2012, quando l’allora candidato socialista prometteva anch’egli una rottura con le politiche liberiste del presidente in carica. La strategia del male minore e delle pressioni da “sinistra” non ha portato a nessun risultato positivo, ma ha in qualche modo avallato la deriva liberista del PS sotto la guida di Hollande e di fatto disarmato l’opposizione pure presente nel paese.

Anche nell’eventualità di un miracolo che portasse Hamon all’Eliseo, è più che probabile che quest’ultimo finirebbe per operare una voltafaccia simile a quello di Hollande o, quanto meno, si troverebbe a fare i conti con un PS e con un parlamento decisamente ostili.

Il programma di Hamon, oltretutto, presenta a ben vedere aspetti tutt’altro che progressisti. Ad esempio, l’istituzione di un reddito minimo garantito s’inserisce in una visione disfattista della situazione economica francese, nella quale sembra accettare come dato irreversibile il declino e la deindustrializzazione, così che l’unica prospettiva che resterebbe per milioni di persone non sarebbe altro che povertà e disoccupazione permanenti.

In campagna elettorale, Hamon ha anche sostanzialmente appoggiato le politiche reazionarie di Hollande sul fronte estero e della sicurezza nazionale. In altre parole, mentre in ambito sociale il candidato del PS dovrebbe percorrere una strada teoricamente progressista, senza apparenti contraddizioni sotto la sua guida verrebbero confermate sia la compressione dei diritti democratici in nome della lotta al terrorismo sia le sanzioni contro la Russia e le operazioni militari in vari paesi per la promozione degli interessi della classe dirigente d’oltralpe.

Uno degli aspetti più significativi della vittoria nelle primarie di Hamon, come già anticipato, è ad ogni modo il riflesso che essa avrà sulle dinamiche interne al Partito Socialista. Già dopo i risultati del primo turno, che lasciavano intravedere la disfatta di Valls, molti leader socialisti avevano iniziato a mobilitarsi per rendere chiara la loro netta opposizione all’adozione da parte del partito anche solo di una retorica vagamente di “sinistra”. Questa tendenza ha visto un’inevitabile accelerazione una volta ufficializzati i risultati del ballottaggio di domenica.

Lo stato di degrado del PS francese è tale infatti da avere spinto numerosi deputati, ex ministri e amministratori locali a dichiarare la loro intenzione di sostenere nelle presidenziali della prossima primavera il candidato “indipendente” e “pro-business” Emmanuel Macron, ovviamente senza nessuno scrupolo per l’opinione espressa nelle primarie dagli elettori del partito.

Il 39enne banchiere e ministro dell’Economia dal 2014 al 2016 nel governo Valls qualche mese fa aveva lasciato il Partito Socialista per lanciare un proprio movimento – “En Marche !” – e la sua candidatura all’Eliseo, precisamente nella speranza di raccogliere consensi al centro strappandoli a un PS sempre più screditato dalla presidenza Hollande.

Nella realtà, attorno alla candidatura di Macron si è compattata quella parte dei grandi interessi economici francesi che, pur non tollerando un allentamento delle politiche anti-sociali e di austerity perseguite da Sarkozy e Hollande, vede con timore il crescere del sentimento anti-europeista e populista.

Dando ormai per certo il rovescio elettorale del PS sia nelle presidenziali sia nelle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale a giugno, questa sezione della classe dirigente transalpina scommette su Macron per impedire lo sfondamento del Fronte Nazionale (FN) e l’approdo all’Eliseo di un candidato di centro-destra – François Fillon – che ha già mostrato possibili tendenze filo-russe e (relativamente) anti-americane.

Molti giornali e siti di informazione in Francia e non solo hanno proclamato lunedì proprio Macron il vero vincitore della consultazione interna a un PS che sembra diretto sempre più verso una possibile spaccatura nel prossimo futuro.

Ancora a favore di Macron è da registrare infine un’altra vicenda che sta scuotendo il panorama politico francese. Con un tempismo perfetto, la settimana scorsa il candidato favorito alla presidenza del principale partito di centro destra è stato coinvolto in una vicenda che minaccia seri guai legali e, verosimilmente, la fine della sua corsa all’Eliseo.

Il settimanale satirico Le Canard Enchaîné aveva cioè rivelato che la moglie di nazionalità britannica di Fillon aveva incassato compensi pari ad almeno 600 mila euro per impieghi di assistente parlamentare che non avrebbe invece mai svolto.

Tra gli incarichi per cui Penelope Fillon aveva ricevuto denaro pubblico c’era quello di assistente di Marc Joulaud, il deputato del dipartimento di Sarthe, nella regione Paesi della Loira, che aveva occupato il seggio del marito dopo che quest’ultimo era diventato ministro. I giornalisti di Le Canard Enchaîné hanno intervistato un altro assistente di Joulaud, il quale ha affermato di non ricordare di avere mai lavorato con la signora Fillon.

La nomina di famigliari di politici per svolgere incarichi parlamentari più o meno reali è pratica piuttosto comune in Francia come altrove. Il caso che riguarda Fillon, particolarmente delicato viste le ambizioni presidenziali e la promozione di un’immagine di politico non corrotto a differenza anche dei colleghi del suo stesso partito, è tuttavia sospetto.

Come già ricordato in precedenza, Fillon prospetta una serie di cambiamenti degli orientamenti strategici di Parigi in caso di elezione a presidente. Cambiamenti che sono visti con sospetto da molti nell’establishment francese. Forse non a caso, l’emergere della vicenda dei pagamenti alla moglie è coincisa con una sua visita in Germania e il rilascio di interviste nelle quali metteva tra l’altro in discussione la linea dura dell’Europa nei confronti della Russia.

Allo stesso modo, Fillon criticava gli interventi occidentali in scenari di crisi come Siria e Ucraina, mentre auspicava la formazione di una sorta di asse con Berlino per contrastare l’agenda nazionalista della nuova amministrazione di Donald Trump negli Stati Uniti.

L’affondamento della candidatura di Fillon potrebbe essere perciò un obiettivo dei poteri che operano dietro le quinte della politica francese, assieme alla promozione di Emmanuel Macron. Il rischio concreto, tuttavia, è che simili manovre finiscano per gettare ancor più nel discredito la classe politica d’oltralpe, favorendo ulteriormente l’ascesa dell’estrema destra del “Front National”.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento