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23/02/2017

Lo sgradito ritorno di Tony Blair il guerrafondaio

Un articolo di J. Wight su Counterpunch ci ricorda che, anche dal punto di vista di un “Remainer”, l’intervento nel dibattito di Tony Blair rappresenta un’aberrazione. Quest’uomo, che non ha esitato a svendere i valori della socialdemocrazia alle proprie brame di soldi e potere, passando sopra i cadaveri innocenti di coloro che ha trascinato in una guerra immotivata, non esita oggi a “incitare il popolo” alla sollevazione contro una decisione presa democraticamente.

L’unico posto da cui dovrebbe essergli consentito esprimersi è dal banco degli imputati, per tutti i suoi numerosi crimini contro l’umanità.


Di John Wight, 21 febbraio 2017

Proprio quando cominciavate a sentirvi tranquilli, ecco che ritorna Frankenstein – o quantomeno il suo omologo politico – sotto forma di Tony Blair, l’ex primo ministro britannico ed emblema della venalità, corruzione e opportunismo del liberismo occidentale contemporaneo.

La decisione di Blair di intervenire nell’attuale crisi politica che attanaglia il Regno Unito riguardo alla Brexit, può solamente essere definita offensiva. La sua chiamata alle armi, che incita il popolo britannico a “sollevarsi contro la Brexit”, lanciata dalla rinomata fortezza dei potenti, il quartier generale di Bloomberg nella City di Londra, non farà altro che aumentare i consensi per la Brexit, visto che la permanenza al potere di Blair le ha solo aperto la strada.

Blair è uno sciocco illuso se pensa davvero di avere la credibilità o il potere perché un suo intervento di questo genere sulla scena politica si risolva in qualcosa di diverso da un completo disastro. Con l’anniversario dell’inizio della guerra del 2003 in Iraq che ricorre il mese prossimo, e che riporterà alla memoria il ruolo svolto da Blair nella morte di circa un milione di persone, oltre che nella destabilizzazione della regione e nell’esplosione del terrorismo che ha portato tante stragi negli anni seguenti, l’unico posto da cui oggi Blair dovrebbe poter tenere discorsi è dal banco degli imputati della Corte Penale Internazionale dell’Aja, dove la sua presenza è attesa da tempo.

Tony Blair, in compagnia di Barack Obama e Hillary Clinton, è il paradigma di tutto quanto c’è di sbagliato e depravato nella democrazia liberale. Che si parli del loro legame con gli interessi di Wall Street e della City di Londra, dell’abbandono dei poveri e della classe lavoratrice in cambio di una politica di appartenenza, dell’idolatria del libero mercato e del neoliberalismo, senza dimenticare la devozione servile all’imperialismo occidentale travestito da difesa della democrazia e dei diritti umani – questi personaggi hanno messo sottosopra il mondo, arricchendo a dismisura se stessi e i loro compari.

Aborrire tutto ciò che la Brexit rappresenta, l’esplosione del populismo di destra, spinto dall’intolleranza contro i migranti e dall’ultra nazionalismo che lo alimenta, non impedisce di capire come la Brexit sia stata innescata dal collasso della politica di centro sinistra, e dallo svuotamento della socialdemocrazia avvenuto sotto il governo di Blair. Lo stesso ragionamento vale quando parliamo di Trump e della cupidigia del governo Obama negli Stati Uniti.

La crisi economico-finanziaria esplosa nel 2008, e il cui impatto stiamo ancora subendo quasi dieci anni dopo, è stato un risultato diretto delle politiche neoliberiste adottate da Blair e da Bill Clinton negli anni ’90 – politiche che sono poi state portate avanti dai governi successivi. Il fatto è che il disprezzo e la rabbia nei confronti della classe politica in entrambi i Paesi non sono apparsi improvvisamente nell’arco di una notte. Si sono accumulati per anni, fino a quando il referendum per decidere se il Regno Unito dovesse rimanere nella UE ha dato l’opportunità a quanti avevano più sofferto a causa delle politiche neoliberiste di esprimere nelle urne il loro disprezzo dello status quo.

Circostanze simili hanno caratterizzato l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, sull’altra sponda dell’Atlantico. C’è almeno uno dei suoi appassionati critici liberal che si prenda la briga di chiedersi come abbia fatto un santone dell’immobiliare, star del reality show televisivo, senza alcuna esperienza politica, ad avere la meglio su politici esperti a livello nazionale, come Jeb Bush, Marco Rubio e Ted Cruz, vincendo le primarie repubblicane nel 2016, per poi sconfiggere Hillary Clinton alla sfida per la presidenza a novembre dello stesso anno?

La risposta naturalmente sta nel curriculum di questi politici, la cui carriera è un monumento a lunghi anni di servizio nelle stanze del potere di Washington, odiate da milioni di americani.

Finché la classe politica britannica e statunitense non ammetteranno infine la propria responsabilità nel rifiuto da parte del popolo di tutto ciò che esse rappresentano, non ci sarà mai una fine alla polarizzazione politica e sociale che sta diventando la nuova realtà di questi paesi. Rimangono ancorati al passato, aggrappandosi alle virtù del libero mercato, della NATO e del “centralismo” occidentale. In questo campo, assomigliano a quei soldati giapponesi che si rifiutavano di uscire dai fortini nella giungla in cui erano asserragliati durante la seconda guerra mondiale, ancora più di dieci anni dopo la fine della guerra.

Per tornare a Tony Blair, è un uomo che, non soddisfatto di aver contribuito a mettere a ferro e fuoco il mondo, poi è sparito in un tramonto di impareggiabile sfarzo e ricchezza, il prezzo del peccato ricevuto per i servizi resi ai più corrotti e ripugnanti governi e multinazionali esistenti sulla faccia della terra. Ogni sua espressione o apparizione pubblica è un insulto ai milioni di uomini, donne e bambini in Iraq che sono stati macellati a causa delle guerre imperialiste brutali e illegali che lui ha scatenato nel 2003 in combutta con Washington.

Questo ci ricorda che la richiesta di giustizia che proviene dalle loro tombe deve ancora essere ascoltata.

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