Anche quest’anno ci avviciniamo alla ricorrenza dell’omicidio di Valerio
Verbano, giovane militante comunista ucciso il 22 Febbraio del 1980 da
un commando di fascisti, i quali precedentemente erano entrati
nell’appartamento dove viveva a Montesacro, immobilizzando i suoi
genitori. Gli assassini di Valerio, legati comunque all’eversione nera e
ai Nar, non saranno mai scoperti nonostante la lunga battaglia portata
avanti dalla madre Carla, scomparsa purtroppo cinque anni fa. Al di là
dell’incapacità di uno Stato, per molti versi colluso, di assicurare
giustizia, nel corso degli anni il ricordo di Valerio è rimasto vivo
nella memoria della città e porta ogni anno migliaia di persone a
sfilare per le strade di Montesacro. Per
noi il corteo del 22 Febbraio è uno dei passaggi fondamentali, non solo
per un discorso di memoria storica: la vicenda di Valerio Verbano,
insieme con la forza e l’intelligenza che i compagni e il quartiere
hanno avuto nel costruire intorno a quel ricordo un immaginario,
restituiscono molti elementi utili a definire cosa dovrebbe significare
oggi essere antifascisti. Innanzitutto spazza via l’idea di un valore
legato soprattutto alle élite politiche e culturali: l’antifascismo liberal viene
ridimensionato davanti alla realtà del quartiere, della materialità
delle relazioni di sfruttamento che si vivono, della capacità di
identificare subito il fascista come nemico di classe. In anni in cui le
destre provano sistematicamente a occupare lo spazio delle periferie,
dei quartiere popolari, questa capacità di uscire tanto dalla
rappresentazione della lotta contro il fascismo come una battaglia
solamente “culturale” (nel senso peggiore del termine) quanto dallo
schema della guerra fra bande avverse, deve a nostro giudizio essere un
punto di partenza imprescindibile. A maggior ragione ci pare d’obbligo
poi recuperare le motivazioni che hanno portato all’omicidio: Valerio
stava costruendo un dossier, poi a più riprese sottratto, in cui si
documentavano i rapporti fra fascisti, malavitosi e apparati statali.
Ecco allora un altro elemento di continuità con il presente da non
sottovalutare e da cui trarre una lezione: bisogna avere la lucidità per
smascherare i fascisti, che se da un lato cercano di costruirsi una
faccia pubblica e “sociale”, dall’altra non smettono mai di intrecciare
relazioni con i peggiori sfruttatori e apparati repressivi. Quelli che
di giorno parlano di degrado e legalità di notte sono al soldo dello
spaccio; quelli che millantano lotte sociali sono gli stessi poi al
servizio della repressione. Non scordare mai questo fatto e far si che
sia chiaro ai nostri soggetti sociali di riferimento può essere il
grimaldello per costruirci una legittimità fuori dai (pochi) luoghi dove
siamo ancora radicati. Anche perché la situazione odierna offre
svariati esempi della verità di queste affermazioni: basti pensare al
caso di Ostia, dove i fascisti prosperano al fianco dei clan criminali
del litorale, o alla vicenda di Mafia capitale. Ecco allora perché
diventa fondamentale partecipare ai momenti che come antifascisti romani
stiamo costruendo nel nome di Valerio. Ci limitiamo a citarne uno,
oltre al corteo: oggi, dalle 18, la facoltà di fisica della Sapienza ospiterà lo spettacolo teatrale “Rosso vivo”
e la mostra dei manifesti delle manifestazioni tenute nei 37 anni
dall’omicidio. Domani, ovviamente, l’appuntamento è in Via Monte Bianco,
dalle 16, per la manifestazione, contro fascismo e sfruttamento, con Carla, Valerio e Sardo nel cuore.
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