"Ho avuto un incontro molto franco con uno dei due amministratori delegati di Foodora.
È venuto a trovarmi su consiglio della sua agenzia di comunicazione, dopo un post in cui contestavo alcune prassi dell'azienda, come quella di pagare i rider molto poco, a cottimo, senza diritto alcuno né alla malattia né alle ferie, allontanando quelli che si erano permessi di protestare.
Non ha potuto smentire nulla, tranne i licenziamenti di chi ha protestato: sostiene che alcuni rider non sono stati richiamati solo perché ultimamente Foodora a Torino ha ricevuto meno ordini quindi è normale che l'algoritmo chiami meno persone.
Considera allo stesso modo del tutto normale che una persona prenda tre euro e mezzo a consegna, senza nessun diritto, a chiamata, anche sotto la pioggia, e che la bici debba procurarsela lui/lei, tutti comandati da un algoritmo, continuamente geolocalizzati: perché la concorrenza fa uguale, ha detto, o anche peggio; e perché "nessuno li costringe".
Era solo un po' stupito quando gli ho detto che l'ultimo rider di Foodora che ho visto era più vecchio di me, lui li chiama tutti "ragazzi". Gli ho detto comunque, in generale, che non sono ragazzi, sono persone. E gli ho raccontato di quando mio nonno socialista mi spiegava che l'abolizione del cottimo era una delle più grandi conquiste sociali del dopoguerra, e loro quella conquista l'hanno abolita tornando a prima, al passato, anche se sono una app, anche se hanno un algoritmo.
Alla fine mi ha fatto quasi compassione umana, lo dico davvero. Perché ha 29 anni, è uscito dalla Bocconi e nella vita non ha mai sentito parlare d'altro che di profitti e utili, non ha altri valori che quelli, e sgranava gli occhi quando gli chiedevo che cause stesse mettendo nel mondo, e che mondo vuole lasciare ai suoi figli.
Gli auguro ogni bene, e di illuminarsi strada facendo".
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