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21/02/2017

Siria - Quale futuro per l'alleanza Russia-Iran?

di Francesca La Bella

Parlare di Siria non è mai semplice e lo è ancor meno riuscire ad analizzare le alleanze sul campo. Tra i maggiori protagonisti internazionali sul terreno siriano troviamo due attori come Russia ed Iran che, in questa particolare fase storica, stanno determinando le sorti della guerra civile in atto. La presenza delle forze di Teheran e Mosca a difesa del governo di Bashar al Assad ha, infatti, avuto un impatto rilevante sia sul campo di battaglia sia in ambito diplomatico. L’alleanza tripartita con la Turchia durante la prima e la seconda fase dei colloqui di Astana in Kazakistan sembra, in questo senso, essere riuscita, nonostante gli evidenti limiti ancora presenti, a imporre una tregua prolungata e a portare al tavolo negoziale la maggior parte degli attori del conflitto.

La convergenza di interessi tra le tre potenze avrebbe, dunque, permesso alla Siria di iniziare un percorso di negoziazione tra le parti e, in questo senso, sembra aprirsi la strada per un’azione congiunta per far fronte al disequilibrio mediorientale. Secondo quanto riportato da agenzie di stampa locali, la solida relazione tra Mosca e Teheran, testata nel contesto siriano, potrebbe, infatti, ulteriormente ampliarsi nei prossimi mesi. In un’intervista rilasciata domenica scorsa al media libanese Al-Mayadeen, il portavoce del Parlamento iraniano, Ali Larijani, avrebbe, infatti, dichiarato che i due Paesi condividono gli stessi obiettivi nell’area e che sarebbe stato intrapreso un percorso per la formazione di un’alleanza strategica per il Medio Oriente tra Mosca e Teheran.

Analizzando più approfonditamente la questione, però, diviene evidente come esistano linee di frattura significative e come all’apparente vicinanza tra gli interlocutori, corrisponda un’intrinseca differenziazione delle motivazioni e degli obiettivi del coinvolgimento di Russia e Iran nel contesto siriano. Il diverso approccio delle due potenze rispetto ai gruppi ribelli siriani è un esempio concreto di questa distanza. Nei colloqui di preparazione di Astana, infatti, l’apertura russa alle opposizioni e il continuo richiamo dei portavoce di Mosca alla necessità di coinvolgere tutti gli attori del conflitto siriano non hanno trovato eco nelle parole dei rappresentanti di Teheran. Questo differente atteggiamento, per quanto dovuto a molteplici cause legate sia alle dinamiche interne alla Siria sia alle più ampie prospettive d’area, in ultima istanza, dipende dal ruolo geopolitico dei due Paesi.

In questo senso, il sostegno dell’Iran al governo Assad deve essere letto nell’ottica di un Paese che vuole ricoprire un ruolo leader nelle dinamiche mediorientali e che, nella Siria, vede un alleato fondamentale per il proprio posizionamento regionale. L’eventuale partecipazione delle opposizioni ad un futuro governo, invece, potrebbe indebolire la relazione tra i due Paesi a favore di altri attori regionali, Turchia e Arabia Saudita in primis, con una conseguente marginalizzazione di Teheran nello scacchiere mediorientale. Per quanto riguarda la Russia, invece, la volontà di proporsi come interlocutore indispensabile in tutti i principali contesti globali, ha indotto Mosca ad aprirsi alla possibilità di mediare sia con le potenze locali sia con gli attori internazionali. L’invito agli Stati Uniti per Astana, osteggiato da Teheran, l’apertura alla Turchia e, contemporaneamente, alle minoranza curde siriane mostrano come i russi abbiano intrapreso un percorso che, passando per la Siria, mira ad un ruolo mondiale. Visto in una logica più ampia, il governo Assad diventa, così, sacrificabile e le alleanze strumentali e passibili di revisione qualora dovesse mutare il contesto generale.

Più che dall’intervento del neo-eletto Presidente statunitense Donald Trump o dalle resistenze saudite ad eventuali colloqui con Teheran, le frizioni tra Russia e Iran potrebbero, dunque, nascere dalla competizione tra i due Paesi. Come molti analisti tendono a sottolineare, però, queste problematiche difficilmente troveranno sfogo nel breve periodo data la necessità di entrambi di mantenere un fronte solido fino alla definitiva sconfitta dello Stato Islamico prima in Siria e poi in Iraq. Se si dovesse giungere ad una fase di pacificazione, invece, le contraddizioni potrebbero esplodere in tutta la loro forza alterando nuovamente l’equilibrio di potenza dell’area.

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