Sono numerosi e preoccupanti i particolari emersi dopo il summit di Washington tra il primo ministro israeliano Netanyahu ed il neo presidente americano Donald Trump. La notizia più eclatante e maggiormente discussa è, ovviamente, quella legata alla questione palestinese e, forse, al definitivo tramonto degli Accordi di Oslo e della risoluzione dei Due Stati. La probabile sorte del popolo palestinese potrebbe essere legata, infatti, non tanto alla creazione di un unico stato “democratico, laico e multiconfessionale” come sostenuto da alcuni partiti palestinesi di sinistra come il Fronte Popolare Liberazione Palestina (FPLP), ma purtroppo da uno stato esplicitamente razzista perché “unico ed ebraico” come dichiarato dall’esponente di estrema destra del governo di Tel Aviv, Naftali Bennet, leader del partito “Focolare Ebraico”.
Altrettanto inquietanti per il futuro della regione mediorientale, però, sono stati gli altri argomenti discussi durante il summit. Secondo la stampa araba, infatti, l’obiettivo principale dell’incontro sarebbe stato quello relativo all’Iran ed alla sua crescente egemonia nella regione, preoccupazione condivisa da entrambe le amministrazioni. Dopo anni di frustrazioni ed incomprensioni con il predecessore di Trump, quel Barack Obama, principale artefice dell’accordo sul nucleare di Vienna dei 5+1 (USA, Regno Unito, Francia, Cina, Russia e Germania) con Teheran, il primo ministro israeliano ha trovato un interlocutore che lo ascolta e, soprattutto, lo sostiene.
La strategia concordata sarebbe quella relativa ad “arginare in qualsiasi maniera“ la repubblica islamica iraniana ed i suoi principali alleati nella regione: Hezbollah.
Sono diversi mesi, infatti, che l’esercito di Tel Aviv si sta muovendo in maniera abbastanza disinvolta e provocatoria lungo il confine con Siria e Libano, attraverso sconfinamenti e bombardamenti lungo le alture del Golan.
Il primo ministro israeliano ha dichiarato alla stampa di aver richiesto a Trump di “riconoscere la definitiva sovranità dello stato ebraico sulle alture del Golan – occupate illegalmente dal 1967 – per questioni difensive e strategiche nell’area”. In effetti la notizia relativa alla volontà di Tel Aviv di annettersi illegalmente parte di quel territorio circola da diversi mesi, anche per vie ufficiali, nonostante la condanna dell’ONU e la Risoluzione 497 che indica come “nulla e priva di ogni rilevanza giuridica internazionale” l’annessione israeliana. Oltre a ciò c’è da aggiungere il sostegno militare e logistico dello stato sionista ai gruppi jihadisti nella zona di Dera’a, principalmente Daesh e Al Nusra, lungo il confine siro-libanese per la creazione di una zona “cuscinetto” da possibili attacchi o incursioni di Hezbollah o dell’esercito di Damasco. Resta, comunque, da vedere quale sarà la risposta dell’amministrazione americana, visto che una presa di posizione simile, rischierebbe di unire ancora di più la comunità internazionale e l’ONU contro gli USA.
Trova ulteriori e concrete conferme, invece, la solida alleanza tra lo stato israeliano e l’Arabia Saudita. Interrogato dalla stampa americana circa i “ saldi rapporti di collaborazione tra Israele e alcuni paesi arabi”, la risposta del primo ministro è stata inequivocabile. In un’intervista sul programma “60 minuti”, dell’americana CBS News, Netanyahu ha ribadito “tutto quello che posso dire è che la situazione di Israele è cambiata nel mondo arabo... gli arabi e l’Arabia Saudita, in particolare, non ci considerano più come nemici, ma come degli alleati nella loro lotta contro l’Iran nella regione... grazie a questa alleanza abbiamo raggiunto un ottimo livello di cooperazione economica e militare”.
La stampa araba, infatti, riprende notizie circa la creazione di una base militare americana, in territorio saudita, con stanziamento anche di truppe israeliane per quanto riguarda il livello di cooperazione militare. A livello diplomatico ci sarebbe, invece, l’avvio di relazioni ufficiali con la prossima apertura dell’ambasciata saudita in Israele o le voci, riferite da Al Manar, di un futuro invito da parte di Netanyahu del re saudita Salman a Tel Aviv.
Un invito che sancirebbe una certezza fondata, ormai con l’avallo ufficiale anche di Washington: l’alleanza strategica tra Tel Aviv e Ryadh. Una convergenza che rischia, però, di compromettere e far esplodere tutta la regione mediorientale.
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