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24/02/2017

Trump, pugno di ferro contro i migranti

di Michele Paris

Con l’adozione di due decreti da parte del dipartimento per la Sicurezza Interna americano, l’amministrazione Trump questa settimana ha accelerato la stretta sull’immigrazione “illegale”, fornendo alle agenzie preposte gli strumenti concreti per una campagna di detenzioni e deportazioni di massa che potrebbe colpire pesantemente milioni di individui e le loro famiglie.

I due provvedimenti emanati martedì sono il corollario di altrettanti “ordini esecutivi” firmati in precedenza da Trump relativi sempre alla questione migratoria. Le nuove linee guida non nascono dal nulla, ma partono dai presupposti fissati dall’amministrazione Obama, fino ad ora di fatto la più dura nei confronti degli immigrati, per ampliare lo scopo della legislazione in vigore.

In altre parole, Trump ha spazzato via le restrizioni formali alle deportazioni a tappeto degli “irregolari” presenti sul suolo americano che aveva stabilito il suo predecessore. A dare l’idea del clima che si respirerà negli Stati Uniti a partire dai prossimi giorni è stato il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, il quale nel presentare i due decreti del dipartimento per la Sicurezza Interna ha annunciato che “chiunque si trovi qui illegalmente potrà essere soggetto a deportazione in qualsiasi momento”.

Viste le ovvie implicazioni logistiche e le resistenze alle nuove politiche di ampie fasce della popolazione, Spicer e l’amministrazione Trump hanno allo stesso tempo cercato di attenuare parzialmente i toni. Se, però, la Casa Bianca ha invitato a evitare manifestazioni di panico nelle comunità dei migranti, le misure draconiane che si annunciano potrebbero risultare di natura relativamente limitata soltanto in questa prima fase.

I piani per il tentativo di deportare tutti o buona parte dei circa 11 milioni di immigrati senza documenti che vivono negli Stati Uniti saranno infatti implementati dopo che il governo federale avrà creato l’infrastruttura logistica necessaria a portare a termine questo obiettivo. L’espulsione di un numero così alto di persone dal territorio americano è vincolata cioè a misure che richiedono mesi o forse anni per essere messe in pratica, come il reclutamento di migliaia o decine di migliaia di nuovi agenti e la costruzione di una vasta rete di strutture detentive.

La prima modifica alla normativa esistente riguarda il profilo degli immigrati esposti al rischio deportazione. Le regole stabilite da Obama prevedevano già la possibilità teorica di deportare tutti gli “irregolari”, ma nella pratica agli agenti dell’ICE (“Immigration and Customs Enforcement”) era garantita ben poca discrezione, poiché la priorità doveva essere per i casi ritenuti più urgenti, come quelli relativi a criminali o membri di gang.

Ora, invece, queste distinzioni cesseranno di esistere e, nella prima fase del programma, gli agenti dell’immigrazione avranno la facoltà di valutare a piacimento quali siano gli individui da espellere tra quelli che hanno un qualsiasi precedente penale, sono accusati o sospettati di avere commesso un crimine o, ancora, che hanno presumibilmente “abusato” di servizi pubblici.

Non solo: il decreto del dipartimento per la Sicurezza Interna parla anche della possibilità di arrestare o deportare tutti coloro che siano sospettati di avere “violato le leggi sull’immigrazione”. Per l’amministrazione Trump, le stime massime del numero di soggetti esposti a questi provvedimenti potrebbero arrivare addirittura a 15 milioni. Un numero così alto ha fatto ipotizzare a molti che il governo intenda colpire prima poi anche i possessori della “carta verde”, ovvero stranieri residenti legali e in maniera permanente.

Trump intende inoltre modificare la pratica di rilasciare negli Stati Uniti immigrati “irregolari” fermati appena superato il confine americano in attesa che le loro domande di asilo siano prese in considerazione. Questa procedura richiede spesso alcuni anni e al termine di essa gli individui interessati possono essere difficilmente reperibili.

Con la nuova legislazione, al contrario, i rilasci cesseranno e gli immigrati dovranno essere spediti in centri detentivi oppure espulsi verso l’ultimo paese di provenienza, quasi sempre il Messico, anche se di diversa nazionalità. Questa norma potrebbe essere considerata però incostituzionale, assieme a un’altra che prevede un processo rapido di deportazione senza la sentenza di un giudice, da applicare a immigrati che si trovano in America anche per periodi di tempo ben superiori alle due settimane, considerati ancora “in transito” da una sentenza della Corte Suprema.

Particolarmente crudele e insensata è poi la misura che potrebbe rendere soggetti a deportazione gli immigrati “irregolari” che si adoperano per organizzare l’ingresso negli Stati Uniti dei loro figli. Dal momento che i genitori spesso pagano degli intermediari per il viaggio dei figli, essi potrebbero essere accusati di facilitare il traffico illegale di persone.

Grande preoccupazione tra gli immigrati ha suscitato anche l’ipotesi di revocare il cosiddetto DACA (“Deferred Action for Childhood Arrivals”), cioè il programma adottato da Obama che garantisce una certa protezione a circa 750 mila “irregolari” giunti negli USA da bambini.

L’intervento di questa settimana di Trump lo ha lasciato ufficialmente inalterato, ma l’ordine di deportazione dallo stato di Washington che ha colpito nei giorni scorsi un 23enne di origine messicana con i requisiti per restare in America sembra avere messo in discussione anche questa salvaguardia.

Un punto centrale della strategia anti-migratoria dell’amministrazione Trump è infine quello dell’aumento massiccio degli agenti deputati all’implementazione delle nuove regole, con il dipartimento per la Sicurezza Interna che conta di assumere almeno 15 mila persone nei prossimi due anni. In parallelo, la Casa Bianca ha tutta l’intenzione di riattivare un piano, parzialmente accantonato da Obama a causa degli abusi che aveva generato, per coinvolgere nelle politiche persecutorie nei confronti dei migranti le forze di polizia locali e statali.

La brutalità e la latitudine delle misure per la lotta agli “irregolari” previste da questi primi provvedimenti adottati dalla nuova amministrazione Repubblicana appaiono decisamente spropositate rispetto alla reale minaccia rappresentata dal fenomeno migratorio negli Stati Uniti.

La giustificazione per questo pugno di ferro sarebbe da collegare a un presunto dilagare della criminalità nelle città americane a causa dell’afflusso di milioni di immigrati “clandestini”. Questa tesi ha però basi del tutto irrazionali ed è stata smentita da numerosi studi che indicano come gli immigrati senza documenti siano meno propensi a commettere crimini rispetto a coloro che hanno status di cittadini.

Non solo, mentre la percentuale di “irregolari” in America è aumentata a ritmi sostenuti nell’ultimo decennio, quella dei crimini violenti è andata nella direzione esattamente opposta. Per citare ulteriori dati, anche la popolazione carceraria negli USA è costituita da una percentuale minore di immigrati rispetto a quella che questi ultimi rappresentano nel paese in generale.

Di questa realtà, la classe dirigente americana, inclusa l’amministrazione Trump, è perfettamente al corrente. La strategia è perciò quella di alimentare paure e odio nei confronti della parte più vulnerabile e indifesa della società per scopi ben precisi.

Il primo è quello di distogliere l’attenzione della grande maggioranza della popolazione dai veri problemi, legati alla crisi strutturale del capitalismo e alle esplosive disuguaglianze sociali, e dai veri responsabili di essi. Il secondo, che sta distinguendo in maniera chiarissima il nuovo presidente, è la creazione di strutture da stato di polizia in previsione di una crescente opposizione popolare.

Ciò è possibile solo attraverso la formazione di una base di sostegno di orientamento ultra-reazionario, se non apertamente fascista, stimolata appunto da leggi come quelle più recenti sull’immigrazione, ma anche, ad esempio, da provvedimenti e dichiarazioni anti-islamiche o volte a compiacere la destra cristiana. Tutte queste iniziative, e altre ancora di uguale natura, sono state infatti prese dal neo-presidente Trump fin dal suo ingresso alla Casa Bianca poco più di un mese fa.
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