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19/02/2017

Bologna. Il movimento si allarga e pensa più in grande

L'università di Bologna, tra installazione di tornelli e cariche di polizia all'interno della biblioteca, resta al centro di discussioni e mobilitazioni. Facciamo il punto con Lorenzo, di Noi Restiamo Bologna.

Intervista realizata da Radio Città Aperta.


Torniamo a parlare con i ragazzi di Bologna dopo averli sentiti la scorsa settimana. Buongiorno Lorenzo.

Ciao.

Ci eravamo sentiti dopo le cariche della polizia, però gli studenti continuano le loro manifestazioni e le loro proteste. Nella giornata di giovedì, ad esempio, c’è stato un corteo...

Sì. Dopo gli scontri ormai della settimana scorsa, in realtà, c’è stata una risposta universitaria molto molto forte, devo dire quasi inaspettata, per certi versi, in quanto è stata lanciata un’assemblea generale ormai tre giorni fa e si sono dovute prendere più aule di quelle previste. Era veramente una massa di studenti enorme, un sacco di interventi, si sono dovuti stoppare gli interventi quando ne mancavano ancora una quarantina perché ormai si era data da ore ore e ore. E’ stato lanciato il corteo di ieri, è stato un corteo lunghissimo, molto partecipato, probabilmente oltre un migliaio di studenti in piazza, che ha toccato un po’ tutta la città fondamentalmente. E per oggi (ieri, ndr) c’è una nuova assemblea, programmata per il pomeriggio alle 18, per continuare a discutere di come continuare a procedere con la mobilitazione e il da farsi attuale. La situazione attuale, dall’altra parte della barricata, è che il rettore ha deciso di non dire niente degli ultimi due giorni, sta chiudendo le biblioteche vicine a dove ci sono i concentramenti per le manifestazioni, piuttosto che al 36, che è stato il luogo dell'irruzione e sarà oggi (ieri, ndr) quello dell’assemblea di ateneo ... Niente. Un pochettino diverso il discorso su Merola, il sindaco bolognese del Partito Democratico, che sta esprimendo il suo "dissenso" dicendo che non è più possibile andare avanti così, che soltanto due studenti ai domiciliari sono troppo pochi e che bisogna prendere delle misure urgenti perché non siamo più nel ’77, non siamo più negli anni ’60, negli anni ’70, e quindi il dissenso non è più tollerato, bisogna saper stare zitti.

Nonostante le uscite del sindaco e, appunto, tutto il comportamento delle autorità, il tentativo di dividere il corpo studentesco mi sembra che però non stia assolutamente andando a segno...

No.

Prova ne è la mobilitazione che continua e, in generale, il fatto che poi alla vostra chiamata nazionale riferita da altri atenei la risposta è stata ottima in quasi tutte le città che ospitano atenei.

Sì, infatti ... Questa è una cosa su cui discutevamo molto in tutti gli ambiti che ci siamo dati, anche con gli studenti che si sono avvicinati in questi giorni a centinaia... Ci stavamo proprio chiedendo, due giorni fa, "chissà come reagisce l’Italia?". E l’Italia ha reagito molto molto bene. In più, è interessante il fatto che se nei primi giorni, anche all’interno dello stesso ateneo bolognese, si è rischiata, sotto la spinta ovviamente dal rettore e dalla pro-rettrice, una divisione degli studenti (ci sono stati molti studenti che hanno detto no, noi vogliamo studiare, i tornelli ci proteggono, è stata firmata anche una petizione su Change.org), in realtà queste cose nella pratica stanno andando a cadere. Quindi ci può essere una spinta ideologica che tenta di isolarci, fondamentalmente, con la repressione e sia anche con questi sistemi subdoli... In realtà però questa cosa non si sta verificando ed è una cosa molto molto buona. Tra l’altro probabilmente ci saranno spinte ancora più forti da questo punto di vista, tante persone che non si erano mai viste prime stanno iniziando a prendere l’iniziativa. C’è ne sono che stanno sviluppando il discorso femminista, perché per esempio negli attacchi che abbiamo ricevuto molto spesso si diceva le ragazze non possono andare in maniera sicura al 36, che è la biblioteca dove sono stati messi i tornelli. Un foltissimo gruppo di ragazze ha scritto un comunicato dicendo: no, questa cosa qui non è vera e si sta sviluppando l'iniziativa da questo punto di vista... Adesso stanno iniziando anche delle iniziative – passatemi il termine – di innalzamento del livello politico, di generalizzazione del ragionamento collettivo. Quindi, partendo dal tornello, è necessario chiedersi che tipo di modello universitario vogliamo noi e che tipo di modello universitario ci vogliono invece imporre. E quindi, che cosa sta succedendo in questi anni all’università italiana? Dove sta andando l’università italiana nella testa di chi governa, del Partito Democratico, dell’Unione europea in generale? Si sta sviluppando un fermento che non si vedeva da qualche anno e questa è una cosa molto buona.

Probabilmente la ragione di questo fermento è proprio quello che dicevi tu in chiusura del tuo intervento; cioè siamo in una situazione in cui partiamo dai tornelli della biblioteca di via Zamboni 36, ma in realtà poi parliamo molto più in generale di quelle che sono le condizioni dell’università italiana, di quello che è la scommessa, l’investimento che lo stato fa o non fa su questo settore.

Esattamente, esattamente. Ieri io sono rimasto molto colpito perché il microfono era aperto durante la manifestazione e tantissimi studenti e studentesse, che non fanno parte di organizzazioni, associazioni, che non si erano mai viste in giro insomma, hanno chiesto di parlare e hanno parlato della propria esperienza personale. Il fatto di parlare della propria esperienze personale ha portato in piazza dei "nemici", ha portato in piazza dei disagi vissuti nel quotidiano che tutti, pian piano, si sono resi conto di vivere. La disoccupazione al 40% giovanile, che è un dato di cui molto spesso ci si dimentica, e che l’ideologia ufficiale ti vuol fare dimenticare. Tutto il discorso "se ti impegni, ce la fai", poi in realtà uno su mille ce la fa davvero. E questi 999 che erano in piazza ieri hanno iniziato un po’ ad arrabbiarsi. Una ragazza, in particolare, ha parlato direttamente dell’Unione europea e del Partito Democratico che le tolgono il futuro e la costringono ad emigrare, a diventare schiava oppure, come nelle ultime settimane abbiamo avuto esempio, purtroppo, ad uccidersi perché non ci sono speranze. Ecco, in questo intervento lei, in maniera molto semplice, in maniera molto arrabbiata, se vogliamo, ha detto: "io non ci sto a questa alternativa, perché è una falsa alternativa. Non mi potete chiedere o vai via nel nord Europa, se hai fortuna fai la lavapiatti, oppure accetti un contratto a chiamata col voucher oppure sono cavoli tuoi. Questa cosa non me la potete fare perché non è un’alternativa reale".

E come darle torto... E’ un problema che riguarda tutti noi e quindi per questo continueremo, chiaramente, a seguire la situazione. Io ti ringrazio per il tuo intervento. Fra l’altro mi fa particolarmente piacere che abbiamo sentito oggi la voce studentesca, visto che oggi è 17 febbraio e precisamente 40 anni fa, alla Sapienza a Roma, avveniva la contestazione di Lama... Una ricorrenza anche importante.
Decisamente.

Grazie ancora Lorenzo per essere stato con noi.

Ciao grazie a tutti.

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