Qualcosa si muove nella galassia politica palestinese. Nella leadership di Hamas l’uomo simbolo della Striscia di Gaza Ismail Haniyeh lascia quella che non può proprio definirsi una comoda poltrona, ma indubbiamente un posto di comando, a un nuovo leader: Yehiya Sinwar, capo dell’ala militare dell’organizzazione. Già l’incarico fa da curriculum, Sinwar è un combattente integerrimo che da decenni lotta contro l’occupazione dei territori palestinesi. E’ nato nel campo profughi di Khan Younis cinquantacinque anni fa ed è stato impegnato nelle strutture di sicurezza che davano la caccia ai concittadini collaboratori con lo Shin Bet. Sinwar, che risulta fra i fondatori delle brigate Izzedine al-Qassam, è finito per un lungo periodo nelle galere di Tel Aviv, accusato di omicidio e rapimento. Venne liberato nel 2011 in occasione degli accordi sanciti dalla fazione islamista coi vertici politico-militari israeliani per la restituzione del soldato Shalit, prelevato sul confine da un blitz d’un commando palestinese. Di Israele Sinwar si dichiara acerrimo nemico e continua a opporsi all’esistenza dello Stato sionista, mentre altri leader del movimento verde suggeriscono una lunga tregua se Tsahal si ritirasse dalle aree occupate nel 1967 ed eliminasse il blocco d’isolamento su Gaza.
I commenti generali israeliani su questo cambio di direzione a Gaza non fanno distinguo, dicono trattarsi solo d’una sostituzione di “un capo estremista con un altro”. Al nuovo leader viene contestata l’organizzazione di migliaia di miliziani che sono stati riforniti con arsenali di armi, quelle usate nella difesa del territorio di Gaza dalle ripetute guerre-lampo lì condotte dall’Israeli Defence Forces, ma la precisazione non è accettata dalla stampa filosionista. Fra i commenti di altre fonti la scelta di questa figura viene considerata una sfida al governo Netanyahu, e all’intera nazione israeliana, che col voto favorevole agli insediamenti coloniali del Knesset, ufficializza la totale illegalità in Cisgiordania. E’ un colpo rivolto anche ai presunti sforzi unitari compiuti da Hamas verso Fatah dove Abu Mazen ha di recente ribadito il suo strapotere. Negli organigrammi di partito anche il gruppo islamista riadatta il suo Gotha. La condizione di esilio di Khaled Meshal, posiziona proprio Haniyeh e Abu Marzouk ai vertici di rappresentanza di tutta la componente, compresa la minoranza presente nei Territori Occupati e la copiosa diaspora divisa nei campi profughi storici e altrove. Se il fronte d’incontro-scontro con Israele vivrà nuovi capitoli le leadership prescelte avranno un ruolo di primo piano e con esse le alleanze geopolitiche.
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