Il bello della verità è che “i fatti hanno la testa dura”, e dunque alla fine disperde le nebbie sparse dalla “comunicazione”.
La vicenda del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) ha attraversato il dibattito pubblico per diverse settimane, con il solito indegno codazzo di “rassicurazioni” disinformative seminate dagli “europeisti” e il berciare scomposto della destra in cerca di visibilità a tutti i costi.
Le posizioni sono note: dalle corazzate europeiste (Repubblica, Corriere, Sole24Ore, La7, ecc) viene il coro “non ci sono condizionalità come quelle che hanno distrutto la Grecia”, “perché non bisognerebbe prendere quei soldi per finanziare la sanità e combattere la pandemia?”, fino a trattare la questione come “un pregiudizio ideologico”.
Da destra si grida alla “resa” e al “tradimento”, senza neanche provare ad entrare nel merito.
Ora esce fuori la lettera che il direttore del Mes, Klaus Regling, ha inviato a tutti i presidenti del Consiglio dell’Eurozona per chiarire le nuove condizioni – il Term Sheet – del “contratto” che consentono di accedere ai finanziamenti.
Queste modifiche sono state preventivamente contrattate nell’Eurogruppo e poi nella prima riunione del Consiglio Europeo (capi di Stato e di governo), a partire dalla principale “condizionalità” prevista: utilizzare i soldi unicamente per la sanità e le spese collegate.
Un curiosità: l’Italia potrebbe chiedere ed avere rapidamente circa 36 miliardi, ovvero l’ammontare dei tagli alla sanità degli ultimi dieci anni, apportati per ridurre la spesa pubblica entro i limiti di anno in anno imposti della Commissione Europea.
In pratica, se i governo italiani non avessero fatto quei tagli oggi non sarebbe necessario chiedere un prestito per rimettere la sanità in condizioni di reggere l’urto del coronavirus (soprattutto della “seconda ondata” che arriverà come conseguenza della “ripartenza”). Ammazza che figata, ‘sta Ue...
Per avere quei soldi, comunque, il governo italiano – come tutti gli altri – dovrà firmare il Pandemic Response Plan, ossia un piano di intervento uguale per tutti i Paesi. Non il famigerato “Memorandum” del 2015, ma un impegno formale ad utilizzare il prestito secondo le indicazioni della Commissione e dello stesso Mes.
Beh, si potrebbe dire, “è normale che se chiedi 36 miliardi qualche minimo impegno lo devi pur prendere”. È logico, anche se poi uno guarda alla smodata quantità di moneta che la Bce sta riversando nel mercato finanziario tramite le banche private (in pratica comprando di tutto, anche spazzatura senza valore) ed è costretto a chiedersi come funziona questo strano sistema per cui alle banche non si chiede nulla e dagli Stati si pretendono impegni formali pluriennali “in garanzia”...
Lo stesso Mes, del resto, quei soldi non li ha (possiede “garanzie” dai singoli Stati, fino a 410 miliardi complessivamente) ma li deve trovare “sul mercato”. La convenienza teorica starebbe nel fatto che il Mes è quotato con la “tripla A” – la massima valutazione per le agenzie di rating – proprio ieri Fitch ha declassato i titoli italiani a BBB, un passo da “spazzatura” – e quindi si potrebbero avere con tasso addirittura leggermente negativo.
Tutto bene, dunque?
Neanche per sogno. In chiusura di lettera Klaus Regling – il “falco” tedesco considerato il vero “padre dell’euro” – infila la frase-chiave: “La Commissione Europea chiarirà monitoraggio e sorveglianza in accordo con le regole del Two Pack” (un trattato europeo relativamente recente che regola ulteriormente le modalità di stesura della “legge di stabilità” di ogni Paese dell’Unione).
Non è una cattiveria, ma una delle regole fondamentali del Mes, il cui Trattato istitutivo prevede che tutti i Paesi richiedenti l’accesso al prestito siano sottoposti a “sorveglianza rafforzata” da parte della Commissione e della Bce. Manca solo il Fmi, altrimenti sarebbe riapparso il fantasma della Troika...
La “sorveglianza rafforzata” significa un più stringente controllo sulla spesa pubblica degli Stati che, in determinate condizioni, può tranquillamente portare a un “doloroso programma di aggiustamento macroeconomico”.
Insomma, a ricominciare con politiche di austerità assassine. L’unico “miglioramento” rispetto alla vecchia versione del Mes è che in questo caso non scatterebbe in automatico la richiesta di “aggiustamento”, ma verrebbe invece affrontata secondo i tempi decisi nella contrattazione tra gli Stati (dove valgono comunque i rapporti di forza, mica il bon ton solidale).
L’unico punto su cui Giuseppe Conte e Gualtieri proveranno ancor a trattare, il 6 maggio, è questo: evitare che ci siano “condizionalità aggiuntive” oltre al vincolo sulla spesa sanitaria.
Ma la “sorveglianza rafforzata” è costitutiva del Trattato sul Mes. E non si può rimuovere con un gesto di fastidio, né con una “narrazione tranquillizzante”.
Chi ricorre al Mes si mette un cappio intorno al collo. La decisione su modi e tempi della stretta, di lì in poi, è in mano ad altri.
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