di Guido Salerno Aletta - teleborsa
La crisi in corso, determinata dall'epidemia di
coronavirus e le cui drammatiche conseguenze sul piano sociale,
economico e finanziario si intravvedono a mala pena, rappresenta il detonatore di un profondo rivolgimento in corso da anni.
Non sono venute meno, infatti, nel decennio 2008-2019 le cause che
determinarono la crisi americana del 2008 e quella europea del 2010,
radicate nella insostenibilità dello squilibrio crescente tra le aree di
accumulazione di risparmio e quelle di accumulazione del debito.
Gli Stati Uniti sono diventati il principale debitore del mondo,
con una posizione finanziaria netta passiva per oltre 11 trilioni di
dollari: il modello di globalizzazione che ha perseguito, privandosi del
comparto industriale manifatturiero, l'unico che ha rendimenti
crescenti ed organizzazioni di massa che occupano lavoratori di
istruzione tecnica medio alta, ha condotto gli USA a dipendere dalla
esportazione di prodotti agricoli e dell'allevamento, competendo con i
Paesi più poveri del globo.
Ma non è svalutando il dollaro che gli USA possono riacquistare la
competitività globale: ne sarebbe definitivamente minata la funzione
determinante di centro finanziario del mondo. Il parallelo con la storia
della sterlina, fondata sull'impero britannico e sulla capacità di
esportazione dell'India, è fin troppo evidente. La desertificazione
industriale perseguita dagli USA è insostenibile: il cambiamento del
modello attuale di globalizzazione, di cui l'Unione europea beneficia
sfacciatamente ripudiando i vincoli di alleanza con gli USA, è
inevitabile. È in gioco, come accade per tutte le costruzioni storiche, la supremazia secolare americana.
L'Italia, al contrario, rappresenta un esempio del
paradosso determinato dal complesso sistema dei vincoli europei: nel
2019 ha accumulato un saldo positivo della bilancia commerciale pari al
3,1% del PIL ed ha praticamente azzerato la posizione debitoria netta sull'estero,
ridotta all'1,7% del PIL. Nonostante queste eccezionali performance,
che si ripetono ormai ininterrottamente da oltre cinque anni, l'Italia è
costretta a subire una disciplina europea in materia di bilancio ed un dumping sociale senza rimedio che la condanna alla stagnazione: la competizione fra gli Stati europei, condotta abbattendo salari, le tasse e le tutele sociali.
Chiedere, come ha fatto il Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe
Conte, una risposta straordinaria da parte della Unione europea,
auspicandone una funzione straordinaria, surrogatoria e di sostegno agli
Stati, significa auspicare un rafforzamento dell'attuale assetto
geopolitico e della prospettiva di fare dell'Europa un soggetto autonomo
rispetto agli USA.
Ma il Recovery Fund ipotizzato e sollecitato dall'Italia,
condiviso come importante ed urgente dal Consiglio europeo di giovedì
23 scorso, e per il quale si è dato mandato alla Commissione di definire
entità esatta, metodo di finanziamento e tipologia di erogazioni, se
prestiti o anche contributi a fondo perduto, non è gratis:
richiede il raddoppio del contributo degli Stati al bilancio della
Unione, portandolo dall'1,2% al 2% del PIL. Il budget europeo del
2021-2027 passerebbe così da 1000 a 2000 miliardi di euro.
In pratica, per l'Italia si tratterebbe di un maggior esborso netto di
altri 17 miliardi l'anno a partire dal 2017, considerando il PIL del
2019. O la pressione fiscale cresce, o si devono tagliare le spese. E tutto questo, a fronte di un prestito del MES-sanitario che varrebbe 34 miliardi, pure da rimborsare con gli interessi.
L'obiettivo del Deep State è utilizzare la crisi in corso per erodere ulteriori ambiti di autonomia da parte degli Stati europei, legandoli ancora più strettamente all'Unione. È questo, e non tanto il nodo del nuovo debito e della solidarietà di fronte al rischio che ne deriva, il punto cruciale della partita in corso.
L'alternativa è dirompente. Senza una risposta a livello europeo che innovasse gli strumenti in atto, il Presidente Conte ha affermato che "l'Italia farebbe da sola": è una conseguenza che si determinerebbe sul piano geopolitico, non certo una prospettiva di ordine solo finanziario. È una affermazione che serve a far capire la portata della partita in corso, non a prospettare una alternativa cui si ambisce: sarà la forza delle cose, e
della finanza internazionale, a trascinare l'Italia nella Anglosfera.
Il Memorandum che il Presidente Trump ha inviato l'11 aprile scorso a tutte le Amministrazioni sollecitandole ad intervenire a
favore dell'Italia, "uno degli alleati più stretti e di vecchia data" è chiaro. L'Italia non va lasciata sola nel confronto con Francia, Germania, Cina e Russia.
L'Italia è un asset fondamentale, il pilastro della presenza strategica statunitense nel Mediterraneo.
Il Recovery Fund si finanzia con nuove tasse, pari all'1% del PIL... o tagliando le spese
UE, lascia o raddoppia
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