“Rifarei tutto quello che ho fatto”. Con questa stentorea e rodomontesca frase il Presidente della Lombardia, Fontana, ha commentato il piano regionale per l’avvio della Fase 2 dell’emergenza sanitaria, che dovrebbe arrivare al suo pieno sviluppo dal 4 maggio, ma con anticipazioni importanti, quale la riapertura dei cantieri edili, già il 27 aprile.
Tuttavia, la frase di Fontana va presa molto sul serio, poiché contiene una verità: un effettivo piano lombardo per la Fase 2 non c’è, dal punto di vista sanitario ci sarà invece continuità con la Fase 1, naturalmente con i rischi accresciuti dalla riapertura di tutte le attività produttive.
Una riapertura totale, dopo che il non avere fermato a tempo un numero sufficiente d’attività – in Lombardia più della metà delle imprese ha sempre continuato la produzione – ha provocato un numero enorme di contagi e di morti.
È bene ricordare che la Lombardia, regione dove secondo Fontana si dovrebbe rifare tutto ciò che è stato fatto, è la zona di concentrazione di decessi da Covid-19 più grande del mondo.
Di fronte alla totale capitolazione del sistema sanitario regionale, dovuta soprattutto alla mancanza di prevenzione e assistenza territoriale, alla carenza nell’isolamento dei positivi e dei sospetti e al tracciamento dei contatti dei malati nei giorni d’incubazione, ci si sarebbe attesi che per la Fase 2, dove la prevenzione e l’igiene saranno fondamentali, la Regione mostrasse attenzione a tali settori d’intervento.
Al contrario, nessuna intenzione in tal senso è stata dimostrata e questo accresce le preoccupazioni di una riapertura incondizionata mentre ancora i contagi sono migliaia e ogni giorno in Lombardia si registrano circa 200 decessi.
Inoltre desta preoccupazione la situazione a Milano, dove la Regione continua a sostenere ci siano 16.000 malati, escludendo dal calcolo quelli che sono a casa e nelle Rsa, che raddoppierebbero la cifra.
L’inconsistenza del piano per la Fase 2 ha scatenato anche l’ira della sezione lombarda della Fimmg, la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale che ha emesso un duro comunicato in cui denuncia l’insipienza della giunta regionale.
Infine, la questione dei test sierologici, sui quali la Regione conta molto, ma su cui esiste la più grande confusione. Tali test, sulla cui attendibilità gli scienziati continuano a nutrire fondate perplessità, dovrebbero partire nei prossimi giorni, ma non è ancora chiaro esattamente in quali città e in quali settori della popolazione.
L’ipotesi più probabile è che siano scelte alcune tra le aree che hanno subito precocemente e in modo più duro l’impatto dell’epidemia, ma nella questione saranno coinvolti anche i comuni, quindi ci potranno essere dei cambiamenti.
Per esempio, il sindaco di Brescia, Del Bono, ha proposto i dipendenti del suo comune come campione per i test, mentre il milanese Sala lo ha proposto per i ferrotranvieri dell’Azienda Municipale dei Trasporti. Avendo ricevuto un diniego, sembra che farà da sé, in accordo con l’Università Statale.
Insomma, caos sugli obiettivi dei test, mancanza di coordinamento e collaborazione tra istituzioni al di là, forse, della sola cosa chiara; servirsi dei test per selezionare manipoli di lavoratori che possano andare in fabbrica senza rischio. Cosa tra l’altro per nulla certa, secondo i medici.
Infine, resta il dubbio su come i pazienti che devono sottoporsi al test sierologico e su come arriveranno nei laboratori, dato che i positivi potrebbero usare i mezzi pubblici, diffondendo il contagio ed in seguito portarlo nei laboratori stessi.
Nel caos totale, si è introdotta la singolare iniziativa della sezione di Fratelli d’Italia di Ghedi (BS) che il 24 e 25 aprile (e ti pareva...) proporrà il test sierologico a tutti coloro che lo desiderano: è sufficiente registrarsi presso la sezione e pagare la somma di 45 euro a persona. Insomma, un’anticipazione della speculazione privata che già s’annuncia sui test sierologici, sfruttando le legittime ansie dei cittadini lasciati soli di fronte all’epidemia.
Un ultimo problema che la regione Lombardia sembra ignorare è quello dei trasporti pubblici. La Lombardia è una regione ad alto tasso di pendolarismo e la riapertura di tutte le attività comporterà un forte aumento della mobilità, gestita dalla Regione per tutte le tratte non di pertinenza comunale.
Non è noto quali provvedimenti Fontana intenda assumere per evitare che ogni carrozza di Trenord o dei bus regionali diventi un potenziale microfocolaio.
Per il bene di tutti, via questa giunta e commissariamento della regione Lombardia!
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