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24/04/2020

Reddito di cittadinanza versus servitù della gleba nei campi. Risposte dovute

La nostra lettera aperta a Bonaccini su reddito di cittadinanza e nuovi servi della gleba in agricoltura, ha fatto discutere. Qui di seguito due dei commenti arrivati:

Pino La Rocca

In mancanza di un lavoro, lo stato ti garantisce un reddito di sopravvivenza sino a quando non trovi un lavoro. Ok? Adesso in agricoltura occorre manodopera, semplicemente sospendo il reddito di cittadinanza, faccio incontrare domanda e offerta, c’è un contatto di lavoro? Se si non sei più a carico dei contribuenti, se no, ci interessa il motivo. Cosa c’è di difficile da capire? Hai un lavoro, non avrai più il RDC. È nato per questo.

Maria Pia Di Maio

Se offrono condizioni di lavoro adeguate e proporzionate al salario che prendono perchè no? Non faceva parte degli impegni assunti al momento della richiesta del reddito?

*****

Pensiamo sia giusto rispondere ai commenti di chi chiede cosa ci sia di male a indirizzare le persone, i disoccupati percettori del reddito di cittadinanza verso il lavoro nei campi.

Abbiamo contestato a Bonaccini tre cose: l’atteggiamento sprezzante verso chi percepisce il reddito, la vaghezza della proposta riguardante i percettori e, ultimo ma assolutamente non per importanza, il silenzio sulle condizioni di lavoro e sfruttamento di chi lavora in agricoltura e allevamento.

Le parole di Bonaccini alla Bologna Business School esprimono il disprezzo che una parte significativa della classe dirigente italiana, politica ed economica, prova verso le persone che ricevono il reddito di cittadinanza. Abbiamo sentito in quelle parole una concezione del mondo in cui gli ammortizzatori sociali sono un’elemosina gentilmente concessa o, peggio, una forma di parassitismo.

Oltre a essere moralmente rivoltante, questa visione è pericolosa nel momento in cui andiamo verso una pesantissima crisi economica, milioni di persone stanno perdendo il lavoro e avranno bisogno di aiuti a lungo termine da parte dello Stato. Sapere che il presidente della nostra regione considera gli ammortizzatori sociali come una colpa, di sicuro non ci da una visione positiva del futuro. Anzi, vorremmo anche sapere cosa ne pensano l’ex vice segretario della CGIL e attuale assessore al lavoro Vincenzo Colla e la vice presidente Elly Schlein.

Bonaccini ha usato il trucco più vecchio della politica: ha usato un’espressione abbastanza vaga da essere interpretabile in più modi. La vaghezza di Bonaccini gli permette di far sembrare “buon senso” una proposta che in realtà è fondata sul meccanismo coercitivo del reddito di cittadinanza, sulle cosiddette “norme anti divano” che sono state inserite per placare la componente leghista del primo governo Conte. Queste norme prevedono che si debba accettare una di tre “offerte di lavoro congrue”, pena la perdita del reddito. Il trucco ovviamente è restare abbastanza vaghi su cosa sia un’offerta di lavoro “congrua”. L’uscita di Bonaccini suona come un’autorizzazione a inserire tra le offerte “congrue” quelle del settore agricolo, sottoponendo persone che sono spesso già in condizioni di marginalità sociali o con problemi fisici al ricatto tra perdere il reddito di cittadinanza o accettare un lavoro qualsiasi dall’altra parte della regione a qualunque condizione di salario e contratto. Per la fase acuta dell’emergenza le “condizionalità” sono state sospese, non ci pare un caso che Bonaccini torni a evocarle proprio mentre si discute di “fase 2” e ritorno alla “normalità”.

Lo diciamo con le parole di un lavoratore dell’Agricoltura pronunciate in un’assemblea a cui abbiamo partecipato pochi giorni fa: sui campi non mancano le braccia, mancano i diritti. Rimangono nella nostra regione migliaia e migliaia di addetti che chiedono finalmente condizioni di lavoro dignitose.

Il settore agricolo della nostra regione è funestato dal lavoro nero, dal caporalato e dal lavoro grigio, dall’alternanza tra periodi di lavoro regolare (sotto un contratto nazionale già molto carente) e periodi di lavoro nero in maniera che i lavoratori non maturino la NASPI o altri ammortizzatori.

In questo senso il portale “Lavoroxte” tanto sponsorizzato dalla giunta regionale è molto meno del collocamento pubblico di cui ci sarebbe bisogno. Il portale è in attività da anni e non si distingue per efficacia. Soprattutto, si limita a “incrociare domanda e offerta”. Tutto ciò che accade dopo l’eventuale assunzione in termini di rispetto dei diritti, delle condizioni di sicurezza, continuità dei contratti, vigilanza contro lavoro nero e lavoro grigio non è contemplato. In questi mesi di emergenza si sta rispolverando il ruolo dello Stato, è troppo chiedere che lo Stato agisca a tutela di chi lavora?

In conclusione, in questi giorni abbiamo visto Bellanova, Bonaccini, Gori, Salvini, la Colidiretti etc insistere solo e soltanto sulla necessità di trovare nuovi braccianti, sempre e solo tra categorie (percettori del reddito di cittadinanza, pensionati, stranieri) che per un motivo o per l’altro costituirebbero manodopera a basso costo e ricattabile. Ci sorge il dubbio che questa insistenza sia più funzionale a depotenziare le vertenze dei lavoratori dell’Agricoltura che a indirizzare i disoccupati verso un lavoro dignitoso e utile per la collettività.

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