Decisamente irrituale l’intervento in diretta di
ieri del Presidente del Consiglio Conte per spiegare le decisioni prese
dal Consiglio Europeo.
Cinque minuti di diretta con un testo imparato praticamente a memoria
per dire che siamo a un passaggio storico. Il Recovery Fund (l’Unione
Europea è una fabbrica di nomi sempre nuovi che non significano niente)
sarebbe uno strumento innovativo che l’Italia e altri stati hanno
imposto come risposta solidale alla crisi. Che cosa realmente sia questo
fondo, Conte non lo ha detto, anche perché nessuno, lui compreso, lo
sa.
Tecnicamente dovrà essere impostato dall’Eurogruppo che si terrà a
maggio, per poi passare al vaglio della Commissione Europea e,
nuovamente, al Consiglio Europeo. Tempi lunghissimi per un progetto vago
che probabilmente dovrà anche essere approvato dai Parlamenti
Nazionali.
Le incognite sono tantissime a cominciare dalla parte considerabile
come prestito e dalla parte che sarà invece considerabile come sussidio.
Su questo ovviamente è già cominciato il balletto delle interpretazioni
discordanti tra i presidenti e i governatori dei vari paesi.
Ovviamente Conte ha ribadito che partiranno anche gli altri strumenti
in campo senza citarli. Tra cui le briciole del fondo Sure, la partita
di giro dei prestiti erogati alle imprese dalla BEI e ovviamente il MES,
di cui oramai si parla pochissimo e che probabilmente dovrà essere
accettato perché i fondi stanziati tramite gli altri strumenti sono di
entità ridicola rispetto alle esigenze.
La domanda, a questo punto, è se esistono ancora margini di manovra
per una mutualizzazione del debito, quella propugnata con gli Eurobond
chiesti dal Presidente Conte e ora sostituiti dal Recovery Fund.
Apparentemente tutto è possibile ma fin da ora vanno fatte alcune
considerazioni:
1) l’approvazione di questo sistema di finanziamento è incerta e i tempi saranno troppo lunghi;
2) il tutto dovrà essere collocato nella cornice dei Trattati
europei, che sostanzialmente impediscono ogni tipo di mutualizzazione e
socializzazione del debito.
Il Presidente del Consiglio ha affrontato questa partita in
condizioni difficili. Probabilmente ne è uscito sconfitto e l’enfasi sul
grande risultato data ieri in diretta televisiva è totalmente
menzognera. Non ci interessa qui fare valutazioni e dare dei giudizi
sulla sua figura politica. È evidente che l’intera partita fosse
truccata già in partenza, anche perché parte del suo governo (il PD con
Gualtieri, Gentiloni, le dichiarazioni di Letta e il ritorno di Prodi)
ha lavorato alacremente per indebolire il fronte spingendo per il MES.
Ma l’errore di Conte è fondamentalmente un altro: non aver compreso
che ciò che chiedeva e che effettivamente sarebbe indispensabile (un
meccanismo finanziario solidale per affrontare la crisi determinata dal
Covid-19) è incompatibile con i trattati della UE e con lo Statuto della
BCE.
La partita, quindi, non è solo tecnica ma politica. Accettando il
meccanismo solidale la UE si sarebbe trasformata radicalmente in un
organo con obiettivi diversi da quelli per cui è stata costruita: questa
operazione, evidentemente, non è possibile.
Rimane il fatto che per la narrazione mediatica l’Italia non ha
“perso”, così come non hanno “vinto” né la Germania né gli altri paesi
del Nord. Questa retorica nazionale, forse serve per fare capire meglio
questioni complesse, ma è sbagliata alla radice. La crisi della
pandemia, così come le precedenti, non impatteranno sugli Stati nel loro
complesso ma sulle classi subalterne. I padroni e la borghesia
cosmopolita vinceranno comunque siano essi italiani, tedeschi oppure
olandesi. I lavoratori e gli sfruttati pagheranno il conto
indipendentemente dal fatto di essere italiani o tedeschi. Lo pagheranno
ovviamente in modo differenziato ma le loro condizioni saranno sempre
più difficili.
Il capolavoro, per le classi dominanti europee, paradossalmente, è
stato quello di erigere una Unione che divideva i subalterni tra gli
stati mentre univa i padroni (almeno una parte di essi) a livello
continentale. Avrebbe dovuto essere il contrario ma fin dall’inizio la
costruzione è stata orientata in senso opposto.
Nel frattempo, in attesa che l’Unione Europea stabilisca il livello
di condizioni alle quali salvare una parte del nostro residuo sistema
produttivo e sociale, l’Italia ne subisce le conseguenze, con una sanità
pubblica a pezzi, con una cassa integrazione che non viene pagata, con
una parte di borghesia perdente che sta fallendo mentre la grande
borghesia trasferisce capitali all’estero sfruttando la
deregolamentazione del sistema finanziario.
Da una crisi di sistema, caro Presidente Conte, purtroppo non si esce
con i giochi di parole. E neppure attraverso la retorica sugli “eroi”
che stanno combattendo la pandemia, mandati al macello da un sistema che
lei non ha creato, ma che evidentemente non può cambiare perché non
possiede gli strumenti e la forza per farlo.
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