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03/05/2020

Ci sarà un maxi-processo per chi ha moltiplicato la strage?


Se avete sintomi da Covid-19 e chiamate il 118, l’operatore vi risponderà: “Stia a casa, prenda la tachipirina e ci richiami solo quando avrà una crisi respiratoria grave”. Avete, pertanto, ottime possibilità di crepare prima che arrivi l’autoambulanza oppure più tardi attaccato ad un ventilatore.

Va bene che il virus era sconosciuto, molto contagioso ed, in taluni casi, letale etc. Ma la causa di questo enorme numero di morti (ad oggi 28.710 di cui quasi 7.000 anziani nelle RSA) che ci sono stati in Italia – Lombardia in primis – non si spiega solo con le caratteristiche del coronavirus.

È, anche e soprattutto, la conseguenza della devastante sottrazione di risorse e personale degli ultimi 10 anni al SSN, della privatizzazione selvaggia di ospedali e laboratori e della deterritorializzazione (drastica riduzione dei medici di base e della medicina preventiva) del servizio.

Sono numeri impressionanti quelli che spiegano perché l’Italia è arrivata impreparata da un punto di vista ospedaliero e sanitario ad affrontare l’epidemia da Covid-19.

Sono stati resi noti appena qualche settimana dalla Fondazione Gimbe che ha pubblicato un dettagliato rapporto sui tagli alla sanità nel decennio 2010-2019.

I responsabili della situazione drammatica in cui il nostro Servizio Sanitario Nazionale sta affrontando la pandemia da Covid-19, quindi, hanno un nome e un cognome e sono coloro che hanno approvato, firmato e permesso un taglio complessivo di 0,4 punti percentuali del Pil nazionale in 10 anni alla sanità pubblica sia sotto forma di riduzione del budget sia per mancata erogazione di fondi promessi e mai stanziati.

Vale la pena di ricordarli.

Mario Monti tra il 2012 e il 2013 ha applicato tagli alla sanità per 8 miliardi di euro; il governo guidato da Enrico Letta, con la finanziaria del 2014 ha fatto sparire dal SSN 8,4 miliardi di euro; Matteo Renzi nel triennio successivo (2015-2017) è riuscito a tagliare al Ssn 16,6 miliardi di euro.

Con la finanziaria del 2018 Paolo Gentiloni ha proseguito nel solco tracciato dai suoi predecessori e a ospedali e strutture sanitarie nazionali sono stati tagliati 3,3 miliardi di euro. Giuseppe Conte ha chiuso il cerchio con un taglio di 0,6 miliardi.

Di ciò, dunque, sono responsabili tutti i partiti che hanno governato il paese e le regioni italiane negli ultimi 10 anni e sono davvero tanti, come i mafiosi messi dentro da Falcone e Borsellino tanto che ci vorrebbe per loro un nuovo maxi-processo per strage colposa e prolungata.

Ma non sottovalutiamo la grande spinta dei grandi gruppi assicurativi di cui ormai Cgil, Cisl e Uil sono solo degli sportelli sul territorio e nei posti di lavoro.

Certo, in Lombardia questa pratica criminosa di speculare sulla salute delle persone ha raggiunto livelli inimmaginabili accompagnata da una corruzione endemica e sistematica. E tuttavia anche il Lazio di Zingaretti e l’Emilia Romagna di Bonaccini non è che abbiano seguito strade molto diverse.

In attesa della prevedibile nuova ondata di contagi e decessi dato il recentissimo cedimento governativo ai desiderata del nuovo falco di Confindustria Bonomi, vedremo se i magistrati faranno quel che dovrebbero fare o ubbidiranno agli ordini dei loro capicorrente che – come ha certificato il caso Palamara & co. – li tengono appesi a favori, trasferimenti e progressioni di carriera in cambio di addomesticamenti, omissioni e manovre contro colleghi invisi alla camarilla di turno.

Ma il fatto che proprio quell’indagine della Procura di Perugia sia sparita dai radar, che si siano perse le tracce del procedimento disciplinare del Csm e che anche la decisione dei probiviri dell’Anm sulle toghe coinvolte nel caso “Palamara” sia finita nel cassetto, certo, non depone bene.

Come segnalato, infatti, dal Riformista del 20 gennaio scorso, dal Palazzaccio di piazza Cavour, sede dell’Anm, non si hanno da mesi più notizie sullo stato del fascicolo per violazione del codice etico aperto a carico dei magistrati coinvolti nelle cene dello scorso maggio con i deputati del Pd Cosimo Ferri, ora Italia viva, e Luca Lotti, dove si discuteva delle nomine di alcune Procure, iniziando da quella di Roma.

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