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Ora il nodo viene al pettine. Con l’inaugurazione ormai prossima del nuovo viadotto sul Polcevera (sta iniziando il collaudo statico sulla resistenza della struttura) e la conseguente “ricucitura” dell’A10 dopo il crollo del Ponte Morandi, tutti vedranno che qualcosa stona rispetto a una struttura così moderna e celebrata. Sono i limiti di velocità, di appena 80 km/h verso Genova e forse addirittura di 70 verso Savona, contro i 90 consentiti sul Morandi: il tracciato non è a norma. Gli addetti ai lavori lo sanno già da quando i monconi del vecchio ponte dovevano essere ancora demoliti (vedi Il Sole 24 Ore del 15 dicembre 2018), ma la fretta di ricostruire e l’esigenza di non alimentare ulteriori contenziosi hanno portato a non correggere l’errore.
Parametri di sicurezza
Il tracciato, essendo frutto di una ricostruzione totale, dovrebbe rispettare le attuali norme geometriche di costruzione delle strade (Dm Infrastrutture 5 novembre 2001). Che fissano parametri precisi tra la lunghezza dei rettilinei e i raggi delle curve contigue, in modo tale che i primi non siano troppo lunghi e le seconde siano molto dolci. Un mix studiato per tenere alta l’attenzione dei guidatori e garantire che le curve siano facili da affrontare. Il nuovo ponte di Genova, visto su una cartina, avrebbe dovuto avere una forma a «S», mentre invece ricalca quasi perfettamente il vecchio tracciato rettilineo raccordato da curve strette, che risaliva al 1967 e quindi non rientrava nel campo di applicazione del Dm del 2001.
La criticità riguarda soprattutto la curva dopo il ponte, verso Savona: si sarebbe dovuto almeno scavare per un centinaio di metri l’attuale galleria Coronata, per raccordarla meglio. E nella stessa curva vi si voleva installare una fonte di pericolo come il bypass per cambi provvisori di carreggiata.
Problemi e soluzioni
Le anomalie erano sfuggite in fase di progetto (affidato per scelta politica a Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato), ma già a febbraio 2019 era stata “autodenunciata” al Consiglio superiore dei Lavori pubblici e a marzo 2019 fu fatta notare anche da Autostrade per l’Italia (Aspi) in Conferenza dei servizi (vi partecipava in quanto concessionaria dell’A10). Il Consiglio scelse di non prendere una posizione per non dare appigli a nuovi contenziosi da parte di Autostrade per l’Italia (vedi Il Sole 24 Ore del 28 marzo 2019); si limitò a prescrivere che l’asfalto fosse ad alta aderenza. Il progetto prevedeva già un limite di 80 km/h e controllo velocità fisso.
La manleva
Con l’accordo raggiunto la notte del 14 luglio, il tempo dei contenziosi pare finito e Aspi non chiederà una manleva per eventuali incidenti provocati dal tracciato. Inoltre in ambienti tecnici di Aspi si afferma di attendere il collaudo di agibilità, con cui l’Anas darà indicazioni su come regolare la viabilità e potrebbe imporre ulteriori cautele. Difficile immaginare cautele diverse da un ulteriore abbassamento del limite, per esempio a 70 km/h. Aspi non potrà che prendere le indicazioni Anas con la massima cautela, perché l’articolo 14 del Codice della strada attribuisce al gestore della strada la responsabilità di garantirne la sicurezza. Quindi, in caso di futuri incidenti, Aspi argomenterebbe di aver fissato i limiti in conformità con le valutazioni dell’Anas.
Controllo della velocità
Non è invece chiaro se il controllo fisso della velocità ci sarà davvero. In un primo momento si era parlato del Tutor, ma ci sono ancora problemi legali (proprio ieri la Corte di appello di Firenze ha respinto un appello incidentale di Autostrade Tech contro Craft, la causa va avanti nel merito del ricorso di quest’ultima) e cambiare sistema non è tecnicamente facile. Intanto, ieri il gip di Avellino ha autorizzato il ripristino delle due corsie (ma ristrette) su alcuni dei viadotti di A14 e A16 sequestrati. Restano a corsia unica gli altri, cosa che assieme ai forti disagi delle settimane scorse (sia pur passati in sordina) ha convinto Aspi a tagliare del 50% il pedaggio da San Benedetto a Val di Sangro (anche a chi transita per un viaggio più lungo).
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