07/01/2021
Le reazioni internazionali alla tempesta di Washington. Non solo costernazione
“Se lo sono meritato”; “stanno subendo quello che hanno fatto ad altri paesi”. Non ci sono solo dichiarazioni di circostanza e afflizione da parte dei governi di altri paesi rispetto a quanto accaduto a Washington. Un po’ come accadde l’11 settembre 2001, quando il mondo si costernò da Los Angeles a Mosca ma festeggiò da Bogotà a Calcutta.
Le reazioni internazionali all’assalto al Campidoglio di Washington che contestava i risultati elettorali negli Usa e l’investitura di Biden come presidente, sono piuttosto articolate. Dallo sgomento delle cancellerie occidentali – che hanno visto crollare il mito degli Stati Uniti come cuore della democrazia mondiale – a quelle di altri paesi dove invece la “esportazione della democrazia Usa” ha creato sistematicamente destabilizzazioni e violenze molto simili a quelle avvenute a Washington.
“Seguo con grande preoccupazione quanto sta accadendo a Washington. La violenza è incompatibile con l’esercizio dei diritti politici e delle libertà democratiche. Confido nella solidità e nella forza delle Istituzioni degli Stati Uniti”, ha scritto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il premier britannico, Boris Johnson, ha denunciato “scene vergognose” e ha chiesto una transizione “pacifica e ordinata” del potere al democratico Joe Biden.
Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, ha invitato Trump e i suoi sostenitori a “smetterla di calpestare la democrazia”. Il suo omologo francese Jean-Yves Le Drian, ha condannato il “grave attacco alla democrazia”. “La volontà e il voto del popolo americano devono essere rispettati”. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha denunciato un “attacco senza precedenti alla democrazia americana” e ha chiesto rispetto per il risultato delle elezioni presidenziali. “Assistere alle scene di questa sera a Washington è uno shock. Contiamo sugli Stati Uniti per consentire un trasferimento pacifico del potere a Joe Biden”, ha twittato invece il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
Ma se si cambia latitudine i toni delle dichiarazioni cambiano e non poco. Il ministro venezuelano delle Relazioni internazionali Jorge Arreaza ha condiviso la dichiarazione che condanna la polarizzazione politica e la spirale di violenza. “Gli Stati Uniti soffrono di ciò che hanno generato in altri paesi con le loro politiche aggressive. Il Venezuela spera che gli atti di violenza cessino presto e che il popolo americano possa finalmente aprire una nuova strada verso la stabilità e la giustizia sociale“, ha affermato nel proprio messaggio.
Un pizzico di ironia e “perfidia” in più è invece leggibile nelle reazioni popolari e non governative sulle pagine del quotidiano cinese Global Times, dove parole come “Karma” e “se lo sono meritato” vengono spesso menzionate nei commenti dei lettori cinesi quando hanno visto “l’ultimo episodio della versione reale di House of Cards degli Stati Uniti – che ha visto i sostenitori di Trump prendere d’assalto il Campidoglio, incasinando il Congresso e l’orazione di Nancy Pelosi, scontri con agenti di polizia e saccheggi”.
Secondo il Gobal Times gli utenti web cinesi ricordano ancora l’angoscia e la rabbia che hanno provato quando hanno visto i rivoltosi di Hong Kong prendere d’assalto l’edificio del Parlamento, scarabocchiare graffiti, distruggere e rubare oggetti. Ma invece di condannare la violenza, i politici statunitensi hanno salutato il “coraggio” di quelle folle, i media occidentali hanno elogiato la “moderazione” dei rivoltosi, e la presidente della Camera Nancy Pelosi l’ha persino definita un “bello spettacolo”. Ora, questo “bellissimo spettacolo” si sta verificando negli Stati Uniti. Un commentatore cinese ha affermato: “La Pelosi può godersi la splendida vista – anche alla scrivania del suo ufficio! Per così tanto tempo, i politici statunitensi hanno definito i rivoltosi ‘combattenti per la libertà’ in altri paesi. Ora, finalmente hanno la punizione!” “Era come guardare un film d’azione emozionante!”
Quando uno scenario simile si è verificato nel Parlamento di Hong Kong nel 2019, alcuni politici statunitensi come Pelosi hanno elogiato i rivoltosi in città come combattenti per la libertà. Questo ha ispirato alcuni commentatori a proporre uno slogan per i rivoltosi statunitensi per continuare le loro proteste del tutto simile a quello dei rivoltosi di Hong Kong: “Cinque richieste, non una di meno. Liberate gli Stati Uniti, la rivoluzione dei nostri tempi”. E da qui si dipana l’ironia. Le cinque richieste includono il riconoscimento del Partito Democratico imbrogliato alle elezioni presidenziali e la negazione che Biden sia il nuovo presidente; revocare la definizione di “violenza”; revocare le accuse contro i manifestanti; istituire una commissione per indagare sulla violenza della polizia e tenere una seconda elezione presidenziale per garantire giustizia ed equità.
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