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03/08/2021

[Contributo al dibattito] - Il delirio sul green pass

Col passare dei mesi, a un anno e mezzo dall’inizio ufficiale della pandemia, nulla sembra più certo. Anche invocare i fatti, discrimine invalicabile tra idee buone e sbagliate, appare inutile. Avranno anche “la testa dura”, come recita il proverbio inglese spesso citato da Marx, ma accanto al “fatto” per eccellenza – la pandemia continua, il virus muta e circola – in tanti si mettono ad elencare cento altri fatti e fatterelli che dovrebbero “complessificare” il quadro. Ma che in realtà moltiplicano le incertezze e rendono impotenti, al limite del ridicolo.

Siamo intervenuti fin dall’inizio su quest’ordine di problemi e non abbiamo trovato fatti che ci obbligassero a cambiare analisi, mentre ovviamente l’andamento il procedere/estendersi del contagio ci ha portato più volte a cambiare la prognosi e dunque anche le terapie possibili.

Ragionare politicamente e criticamente sulla gestione della pandemia da parte di tutti i governi occidentali comporta infatti la necessità di pensare/dire cosa faremmo noi per risolvere il problema se avessimo il potere di decidere. Come per ogni altri grande tema sociale, peraltro.

Solo che qui si impone una distinzione fondamentale: sui problemi sociali (redistribuzione della ricchezza, rapporti di proprietà, scopi e qualità della produzione, ecc) ci si scontra con l’avversario di classe sulla base dei rapporti di forza. È un rapporto a due – proletariato/borghesia, per semplificare molto.

Mentre in casi come le grandi epidemie lo scontro tra noi e il potere verte sulla capacità o meno di risolvere un problema imprevisto, oggettivo, indifferente alle idee politiche e agli interessi sociali che travolge.

È un rapporto a tre. Popoli, capitale e virus. Come per l’ambiente, peraltro…

Nella “compagneria” la confusione è grande, ci sembra, proprio in virtù del fatto che si continua a ragionare come se fosse un rapporto a due (popolo e capitale/Stato) anche in questo caso.

E allora se ne sentono di ogni. Dalle tirate sui diritti individuali (come se stessimo discutendo di normative contrattuali e salariali) ai dubbi sui vaccini (più precisamente: se quelli approvati dall’Ema siano o no vaccini), dalla giusta preoccupazione sull’uso dei dati personali entro database sempre meno democraticamente controllabili, alla tentazione di dichiararsi “no green pass” con l’occhio (chiuso) verso le piazze dell’ultima settimana.

Inutile polemizzare con Tizio o Caio. La lista degli argomenti messi in campo è vasta, contorta, fatta di dubbi, “stranezze”, qualche antica certezza ideologica (sacrosanta, ci mancherebbe…). Il tutto impastato e shakerato forte. Inaffrontabile sul piano logico, scientifico, politico.

E infatti nella maggior parte dei casi (individuali o collettivi) la “conclusione politica” di questo discorsame si attesta sul classico “né... né”, sulla semina di dubbi, sull’indeterminazione. Comprensibile, in fondo, visto che dirsi “no green pass” significa politicamente trovarsi intruppati con Forza Nuova e l’ala “basista” della Lega. Mentre ammettere l’utilità di una certificazione che distingua vaccinati e non comporta automaticamente lo stigma “state col governo”.

Su come combattere il virus, silenzio. Non a caso. Il convitato è di pietra, meglio far finta che non ci sia.

Il declino della razionalità “di sinistra”, perlomeno nel nostro paese, matura così dentro i confini di due negazionismi (fintamente) contrapposti, che animano tifoserie cui è inutile chiedere alcunché.

Da un lato il negazionismo del morbo – il “virus non esiste, è un’invenzione per toglierci le libertà individuali” – dall’altro il “negazionismo del disciplinamento”, che invece “sottostima i dispositivi normativi imposti o autoimposti, tendendo in sostanza ad affidarsi all’apparato, partecipando in modo spesso silente a un processo di assiepamento che tende a coagularsi inevitabilmente intorno a leader paternalistici o autoritari”.

Come si vede, in entrambi i casi il cuore della questione sono le libertà individuali, da difendere a prescindere o da sacrificare in nome della lotta al virus. Ed è vero che proprio questo baricentro dell’ideologia neoliberale, trionfante come “pensiero unico” dopo ‘89, oggi è sottoposto a una tensione fortissima sotto il peso delle diverse crisi (economica, ambientale, sanitaria).

Lo schema interpretativo sembra soggettivamente solido: a un rafforzamento/occultamento dei poteri disciplinanti corrisponde un generale disciplinamento di massa, in ogni ambito della vita sociale. Soprattutto in ambito politico e sindacale.

È vero? Assolutamente SI.

Come in tutte le “emergenze” – vere o false, sociali o belliche o sanitarie – il potere sfrutta paure e necessità di orientare le popolazioni per rafforzare i propri strumenti di controllo. È persino banale doverlo ripetere. Così come che sono le multinazionali a produrre i vaccini (ma anche le auto, gli smartphone, la benzina, i jeans, lo shampoo, il cibo, ecc).

I più maiali, in questo gioco, sono i signori di Confindustria. Gli stessi che a marzo 2020 si opponevano alle “zone rosse” in Val Seriana e altrove, imponendo ai propri dipendenti (tramite il governo) di continuare ad andare a lavorare (e quindi ad ammalarsi, e “pazienza se qualcuno muore”), minacciando il licenziamento, ora chiedono che il green pass sia obbligatorio per entrare al lavoro. E minacciano altrimenti di licenziare.

Come si vede, per Confindustria c’è un solo punto fermo: qualsiasi occasione è buona per aumentare la libertà di licenziare. Che indirettamente significa aumentare il proprio potere sui lavoratori. Della cui salute, come dimostrato fin dall’inizio della pandemia, non importa assolutamente nulla.

Il governo agisce per loro conto e incentiva tutte le forme di controllo/pressione per diminuire le capacità di resistenza, individuale e collettiva. È così, è sicuro.

Altra domanda centrale: le misure di disciplinamento (lockdown, distanziamento, mascherine, lavaggio mani, limitazioni alla circolazione delle persone, ecc) prese dai governi occidentali hanno avuto effetto sulla pandemia?

Assolutamente NO.

O meglio: hanno limitato molto parzialmente la diffusione in alcuni momenti, tenendo d’occhio il tasso di occupazione dei letti di terapia intensiva negli ospedali, per evitare il collasso delle strutture sanitarie e il tracimare di morti, panico, ecc, che avrebbero certificato l’incapacità dei governi di gestire la situazione.

Ma non hanno impedito la diffusione del virus. Del resto, sia il governo Conte II che il Draghi I hanno ripetuto sempre che bisognava “convivere con il virus”... Mica come quegli “autoritari” dei cinesi che fanno scattare lockdown e tamponi per tutti non appena si registra qualche caso di contagio (per 98 casi, a Nanchino, stanno testando 11 milioni di abitanti; qui avrebbero detto “sono pochi, andiamo avanti tranquilli…”).

I lockdown, come abbiamo scritto spesso e fin dall’inizio, sono stati molto spesso “finti”, pieni di eccezioni e trucchi (quelli sui “codici Ateco” delle imprese, ricordate?), contraddittori (si possono fare gli “assembramenti” per lavoro, ma non per divertimento), ridicoli.

Detto questo, si deve, o no, combattere il virus? E se sì, come?

Di fronte a questa domanda si aprono due strade. La prima, come detto, è negare che il virus esista, considerare “tutto una manovra per fregarci” e via castellando complotti dietrologici, “piani Kalergij”, “Bill Gates” e rumenta varia in stile no vax.

L’altra strada NON È quella di “obbedire passivamente al governo”, ma di indicare quale strategia – e quale sistema di misure sanitarie – andrebbe adottata. Siamo comunisti, diavolo!... vogliamo cambiare il mondo e non sappiamo dire come?

E se si vuole fermare una pandemia – a questo punto della storia, quando il disastro è stato già combinato dalle imprese e dai governi – non ci sono molte alternative: OBBLIGO VACCINALE per tutti coloro che sono in condizione di poterlo ricevere. Un anno e mezzo fa, in altre condizioni (e senza i vaccini), dicevamo “tamponi per tutti e chiusura delle zone focolaio”.

Un governo seriamente preoccupato di salvaguardare i propri cittadini non avrebbe dubbi, imporrebbe l’obbligo. E si assumerebbe anche quella in fondo piccola percentuale di impopolarità (quel 25% circa di scettici, incerti, dubbiosi, ecc) pur di arrivare al risultato.

Ma abbiamo di fronte governi vili sotto ogni punto di vista.

Sul fronte dei vaccini, per esempio, sono oggettivamente dipendenti dalle scelte delle Big Pharma occidentali. Gli unici vaccini ammessi sono quelli “euroatlantici doc” (porte chiuse – a prescindere – a quelli cubani, cinesi, russi). I brevetti privati su quei prodotti non possono essere toccati, tantomeno liberalizzati.

I quantitativi sono così insufficienti sia per le popolazioni occidentali che, a maggior ragione, per il resto del mondo. E come ci spiegano gli epidemiologi, se non vaccini tutta l’umanità il virus circola, evolve, muta, torna e ti sega anche lì dove pensavi essere protetto.

Preferiscono come sempre scaricare la responsabilità e le colpe sui “cittadini”, genericamente intesi, perché non rispettano individualmente le misure “consigliate”.

Così, invece dell’obbligo vaccinale per tutti, si inventano “misure incentivanti” – il green pass rientra nello schema – che possano spingere ad accettare la vaccinazione, ma fingendo di rispettare la “libera scelta individuale”.

Che, sia detto sommessamente ma definitivamente, in una pandemia non ha diritto di esistere. Prima che fossero scoperti i vaccini chi provava a fuggire da un contenitore di infezione (una nave, un sanatorio, ecc) veniva fucilato, non “rispettato”.

In una pandemia conta la collettività, l’interesse collettivo, la società prevale sull’individuo. È come per la difesa dell’ambiente: il pianeta si può salvare – e con lui l’umanità – se si adottano politiche produttive e di consumo che superano “l’anarchia del libero mercato capitalistico”.

Se si adottano politiche che limitano alla sola sfera privata la “libera scelta” (proprio quella che i reazionari, invece, vogliono sempre “regolamentare” a suon di divieti).

L’individualismo è non solo reazionario, ma soprattutto dannoso per tutti.

Strano doverlo ricordare a dei comunisti.....

Fonte

Probabilmente il punto di vista più deleterio tra quelli che abbiamo condiviso di recente sulla questione green pass.

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