In una prima analisi del Trattato del Quirinale firmato da Italia e Francia, avendo finalmente a disposizione il testo, non può ci si può che concentrare sugli art.1-2-3-5-7 ovvero politica estera, politica militare, cooperazione industriale, Unione Europea e spazio.
Nelle disposizioni finali è scritto nero su bianco che: “Il Trattato ha durata indeterminata, fatta salva la facoltà di ciascuna Parte di denunciarlo con un preavviso di almeno dodici mesi per via diplomatica. In questo caso, il Trattato cessa di essere in vigore al compimento di sei mesi dopo la data di ricezione della denuncia. Tale denuncia non mette in causa i diritti e gli obblighi delle Parti derivanti dai progetti avviati nel quadro del presente Trattato”.
Uno dei fattori che sostanzia il senso di questa alleanza strategica tra Italia e Francia è indicato all’art.5 quando scrive che: “Le Parti favoriscono, ove appropriato e nel quadro previsto dai Trattati dell’Unione Europea, un più esteso ricorso al sistema della maggioranza qualificata per l’assunzione di decisioni nel Consiglio”.
In pratica siamo a quel passo avanti nella messa in soffitta della necessaria unanimità per prendere decisioni in seno agli organismi intergovernativi dell’Unione Europea. Una volta fuori dalle scatole la Gran Bretagna, gli Stati che erano abituati a utilizzare il diritto di veto su decisioni strategiche, dovranno rassegnarsi o adeguarsi.
Da adesso si procederà per “cooperazioni rafforzate“. È un salto di qualità decisivo sul piano della centralizzazione dei poteri decisionali nella Ue.
Negli altri articoli sono leggibili tutte le ambizioni di Italia e Francia nello svolgere un ruolo di punta nelle nuove ambizioni globali della Ue nella competizione internazionale, ed a tutti i livelli incluso quello militare e tecnologico.
Nell’Art.1 del Trattato, dedicato alla politica estera si riconosce subito che il Mediterraneo è l’ambiente comune delle due parti. Ma lo sguardo va tutta l’area di influenza della Ue puntando a cooperare per “la stabilità e la sicurezza nel continente africano. Insieme, s’impegnano a rafforzare le relazioni dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri con questo continente, con particolare attenzione al Nord Africa, al Sahel e al Corno d’Africa”.
Senza ovviamente perdere di vista il quadro globale attraverso: “lo sviluppo di un approccio comune in seno all’Unione Europea nei confronti dei principali partner e competitor internazionali, in particolare sulle questioni relative alle sfide globali e alla governance multilaterale”. Come? “Contribuendo a rafforzare la politica industriale e a costruire un’autonomia strategica europea”.
Ma è all’art.2, quello in materia di politica militare e delle relative relazioni nel complesso militare-industriale europeo che si assiste ad un significativo passo in avanti.
Innanzitutto la Francia ha fatto scrivere nero su bianco l’adesione comune alla “Iniziativa Europea d’Intervento” creata da Macron nel 2018 e sulla quale il governo Conte 1 (ma anche la Germania) erano apparsi riluttanti. L’Italia però alla fine firmò senza neanche troppe discussioni pubbliche, ma al governo c’era veramente la fiera dei dilettanti allo sbaraglio.
Più sostanzialmente, nell’Art.2 del Trattato vengono dettagliati alcuni passaggi rilevanti, anzi dirimenti: “sviluppare sinergie ambiziose sul piano delle capacità e su quello operativo ovunque i loro interessi strategici s’incontrino”; rafforzare le capacità dell’Europa della Difesa, operando in tal modo anche per il consolidamento del pilastro europeo della NATO; Le Parti si consultano regolarmente sulle questioni trattate rispettivamente dall’Unione Europea e dalla NATO, e coordinano ove possibile le proprie posizioni, in particolare sulle questioni relative alle iniziative di difesa dell’Unione Europea, rispetto alle quali è ricercata ogni possibilità di cooperazione”.
Relativamente alla collaborazione/integrazione del complesso militare-industriale europeo, Italia e Francia si impegnano alla: “cooperazione al fine di migliorare l’efficienza e la competitività dei rispettivi sistemi industriali e di contribuire allo sviluppo e al potenziamento della base industriale e tecnologica della difesa europea; a rafforzare la cooperazione tra le rispettive industrie di difesa e di sicurezza, promuovendo delle alleanze strutturali; alla costituzione di partnership industriali in specifici settori militari, nonché dei progetti congiunti nell’ambito della cooperazione strutturata permanente (PESCO), con il sostegno del Fondo europeo per la difesa”.
Infine, ma non certo per importanza, l’art.7 dell’Art. 2 prende un impegno decisamente pesante e scrive testualmente che: “Le Parti s’impegnano a facilitare il transito e lo stazionamento delle forze armate dell’Altra parte sul proprio territorio”.
Ma anche sulle sfide della competizione globale il Trattato del Quirinale evidenzia tutto l’armamentario in discussione anche a livello di Commissione Europea e che indica una seria ambizione ad un salto di qualità riassunto nella autonomia strategica e la sfida sulla iper-competizione.
All’art.2 dell’Art.3 sugli Affari Europei viene ribadito un nesso decisivo: Il rafforzamento della moneta unica come fattore di autonomia strategica per l’Unione Europea.
Ma al capitolo 5 del Trattato tutto questo viene dettagliato con: “l’attuazione di un’ambiziosa politica industriale europea orientata alla competitività globale delle imprese e a facilitare la realizzazione della doppia transizione digitale ed ecologica dell’economia europea. Esse agiscono per realizzare l’obiettivo dell’autonomia strategica dell’Unione Europea, a partire dai settori delle transizioni energetica e digitale, delle nuove tecnologie, della sanità, della difesa e dei trasporti, in particolare promuovendo dei progetti a sostegno dell’occupazione e degli attori economici locali”.
Non solo, si punta anche a: “promuovere iniziative congiunte che contribuiscono alla valorizzazione delle catene del valore strategiche europee” ed inoltre “approfondire la loro cooperazione in settori strategici per il raggiungimento di tale obiettivo, quali le nuove tecnologie, la cyber-sicurezza, il cloud, l’intelligenza artificiale, la condivisione dei dati, la connettività, il 5G-6G, la digitalizzazione dei pagamenti e la quantistica”.
Sul terreno delle alte tecnologie e dei fattori strategici, il Trattato del Quirinale dedica anche l’Art.7, in particolare nel settore dello Spazio: “Le Parti riconoscono l’importanza della loro cooperazione bilaterale nella costruzione dell’Europa dello spazio, che costituisce una dimensione chiave dell’autonomia strategica europea e dello sviluppo economico dell’Europa”.
Ed ancora: “rafforzare la strategia spaziale europea e a consolidare la competitività e l’integrazione ’dell’industria spaziale dei due Paesi. Nel settore dell’accesso allo spazio, esse sostengono il principio di una preferenza europea attraverso lo sviluppo, l’evoluzione e l’utilizzo coordinato, equilibrato e sostenibile dei lanciatori istituzionali Ariane e Vega”.
È evidente come il Trattato del Quirinale rappresenti un architrave fondante di un progetto strategico e di natura squisitamente imperialista che mira a incardinare Italia e Francia in una struttura di comando a livello europeo – quello che viene definito “Il Triangolo” – insieme ad una Germania fin qui riluttante eppure aderente al similare Trattato di Aquisgrana con la Francia firmato nel 2019.
Fin qui si è lavorato su trattati bilaterali tra le tre potenze e qualcosa dovrà essere ancora messo a punto. Ma se torniamo allo spirito con cui viene liquidata l’unanimità dei paesi aderenti alla Ue nelle decisioni, si comprende bene come siamo ormai lanciati su una cabina di comando che procederà per “cooperazioni rafforzate” prendendo decisioni con e tra i paesi che condividono i progetti in campo.
E forse non è affatto casuale che il titolo completo del Trattato firmato al Quirinale sia effettivamente: “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata”. Ben presto a questo spirito si adegueranno anche i Trattati Europei fin qui sottoscritti.
Adesso il Trattato dovrà essere approvato dal Parlamento. C’è da scommettere che pochissimi o nessuno troverà qualcosa da dire in merito cogliendone gli aspetti inquietanti.
Il soft power e la dissuasione morale ormai sono roba del passato. Adesso fanno tutti la faccia feroce: à la guerre comme à la guerre!
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