La circolare Lamorgese è una inaccettabile prevaricazione del diritto a manifestare ed è frutto delle pressioni dei padroni, soprattutto di quelli di Milano, che intimano, mentre i governi poi dispongono.
È così dall’inizio della pandemia, la cui gestione è stata adattata ai diktat dell’Assolombarda e della Confindustria di Bonomi. Ricordate quando si decise di non realizzare la zona rossa a Bergamo e Brescia perché gli industriali non volevano?
Lo denunciò anche il sindaco di Brescia nel marzo 2020: per colpa delle mancate zone rosse e poi di quelle attuate lasciando aperte tante fabbriche e attività non essenziali, la pandemia era dilagata causando molte morti che avrebbero potuto essere evitate.
La produzione non si può fermare e pazienza se muore qualche anziano, disse poi il presidente degli industriali di Macerata.
Agli affari si sono sacrificati salute e vita, figuriamoci se ora non può esserlo il diritto a manifestare.
Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio in Italia e della Camera di Commercio a Milano, ed il suo sindaco di riferimento Giuseppe Sala hanno detto basta alle manifestazioni di sabato, perché danneggerebbero lo shopping.
Sono gli stessi che alla fine di febbraio 2020, quando il Covid cominciava a dilagare, lanciarono la campagna “Milano non si ferma”.
Allora sarebbero scesi in piazza gridando “libertà” come i no green pass. Ora chiedono di fermare le manifestazioni; e Draghi e Lamorgese hanno subito dato forma giuridica alle richieste del “partito unico degli affari” milanese e nazionale, del partito del PIL.
Con una circolare del Ministro degli interni, stranamente non controfirmata da Sangalli, tutti i centri storici e le zone più vitali delle città diventano zone rosse, come se vi si tenesse un G20 ubiquo e permanente.
Si potrà manifestare solo lontani dal centro, in quelle periferie di cui anche questa circolare mostra come ai governanti non importi nulla. E anche lì potranno essere vietatati i cortei, ma imposte solo manifestazioni ferme sul posto.
Con le leggi Minniti e Salvini – ancor prima in Valle Susa, poi contro gli operai della logistica e sempre contro i migranti – il sistema italiano ha ripristinato e attualizzato tutte le misure del codice penale fascista Rocco.
Onestamente non mi risulta che quegli intellettuali che oggi protestano per la dittatura sanitaria si siano pronunciati contro queste leggi e provvedimenti liberticidi. Ma la vera novità di oggi è la sfacciataggine con cui i governanti spiegano che il diritto allo shopping viene prima di quello a manifestare. Neanche Maria Antonietta sarebbe stata così impudente.
Certo Lamorgese scrive anche che nelle manifestazioni dovranno essere rispettate le norme di sicurezza, previste per il Covid. Ma è una ipocrita foglia di fico e non solo perché è evidente che lo shopping continuerà anche dopo la fine del contagio, e dunque le misure anti manifestazioni sono destinate a durare.
Ma anche perché è evidente che qui le autorità pubbliche daranno il massimo sfoggio del principio dei due pesi e due misure.
Sicuramente controlleranno che i manifestanti portino la mascherina, pena la carica della polizia. Ma certo non faranno interventi e controlli nei luoghi di lavoro, nei trasporti, nei servizi.
Ve li immaginate i vigili urbani di Milano che il Black Friday facessero rispettare le norme anti Covid negli affollamenti per gli acquisti? I commercianti insorgerebbero contro la violazione della loro libertà di fare fatturato. E Sala starebbe con loro.
Sarebbe più onesto nominare Bonomi ministro della salute e Sangalli ministro dell’interno.
Taci, consuma e crepa.
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