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19/11/2021

Italia e Francia da coltelli a fratelli? Giovedi la firma del Trattato del Quirinale


Il presidente francese Macron giovedì 25 novembre sarà a Roma per firmare il Trattato del Quirinale con il presidente del Consiglio Mario Draghi, un trattato destinato a strutturare le relazioni tra Roma e Parigi sul modello del Trattato di Aquisgrana fra Francia e Germania del 2019.

Il Parlamento e il Paese, fino a ieri ne sapevano poco o nulla. Sulle nostre pagine nei mesi scorsi abbiamo provato a segnalare questo evento destinato a pesare sulle gerarchie di comando a livello europeo.

Apparentemente si tratta di cooperazione tra due Stati, all’insegna di una “forte relazione bilaterale”, ma tra le righe dei comunicati dell’Eliseo si legge che uno degli obiettivi è “il coordinamento dei due Paesi in materia di politica europea ed estera, di sicurezza e di difesa, di politica migratoria, di economia, di scuola, ricerca, cultura e cooperazione transfrontaliera”.

Quello che verrò firmato al Quirinale è un vero e proprio trattato internazionale di natura politica e la ratifica, alla luce dell’articolo 80 della Costituzione, richiede un atto del Presidente della Repubblica che deve essere autorizzato con una legge del Parlamento e controfirmato dal governo.

Da quando Draghi si è insediato a Palazzo Chigi, nelle classi dirigenti italiane è cresciuta l’ambizione (e forse l’illusione) che l’Italia possa sedere con tutti i crismi in quello che Limes definisce “Il Triangolo”, ossia la triade di comando nell’Unione Europea insieme a Francia e Germania.

Per farlo l’Italia ha bisogno di vincoli forti e il Trattato bilaterale con la Francia vorrebbe essere uno di questi. Occorre dire però, che se la politica e la geopolitica spingono verso Parigi, l’economia spinge più verso Berlino. Gran parte del sistema industriale del nord e del nordest dell’Italia da anni è ormai parte integrante della filiera produttiva tedesca nella quale opera in condizione di subfornitura.

Ma Draghi sta cercando di navigare tra le due sfere di interesse strategico – geopolitica ed economia – e sembra aver compreso che sulla prima può giocarsi chance superiori alla seconda in una fase storica in cui stanno saltando vecchi equilibri e istituzioni e la competizione globale si fa più feroce. Magari utilizzando i militari italiani in Niger e Mali nel rapporto con la Francia come la monarchia sabauda si giocò la carta dei bersaglieri nella guerra di Crimea a metà dell’Ottocento.

Il quotidiano economico Milano Finanza ha ricordato come “negli ultimi anni le relazioni economiche si sono fatte sempre più intense”. Basta guardare alla fusione tra Fiat e Psa con la nascita di Stellantis, all’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti in Euronext o alla collaborazione in ambito aerospaziale. Ci sono state anche battute d’arresto, come il nulla di fatto dell’affare Fincantieri-Stx.

E il direttore di Milano Finanza non nasconde le sue perplessità: “Devono esserci determinate condizioni all’intesa, per prima cosa non si deve trasformare in un accordo pallido e subordinato a quello di Aquisgrana tra Parigi e Berlino, in cui i due Stati, da sempre testa e motore dell’Unione europea, ipotizzarono un assetto bipolare per l’Europa del futuro in materia economica, sociale e di difesa, di fatto saltato col Covid”.

La destra italiana e francese appaiono invece divise nella valutazione del Trattato del Quirinale. Un leader storico del neofascismo italiano come Francesco Storace sul giornale storico della destra Il Tempo storce la bocca “Non c’è già l’Unione europea a impicciarsi dei fatti nostri? Ora pure la Francia sarà autorizzata a darci direttive?" Al contrario la leader della destra francese Marine Le Pen intervistata dal Corriere della Sera, ha definito l’intesa come “un ulteriore segno del grande ritorno delle relazioni bilaterali tra Paesi sovrani”.

In secondo luogo l’Italia di Draghi e nonostante Draghi è ancora subordinata al vincolo esterno. Lo dimostra la scelta suicida ma consapevole di essere ricorsi più ai prestiti (122 miliardi) che ai sussidi a fondo perduto (68 miliardi) nel pianificare il PNRR italiano con i fondi del Recovery Plan europeo. Germania e Francia, ma neanche tutti gli altri stati della Ue, non lo hanno fatto. E anche nella divisione “europea” del lavoro che emergerà dalla grande ristrutturazione in corso, si capisce che l’Italia non avrà un ruolo di punta ma subordinato.

Insomma la firma del Trattato del Quirinale non mette affatto l’Italia al riparo da una condizione di terzium inter pares nel Triangolo di comando nella Ue. Ne parleremo sabato e domenica al forum nazionale di Bologna.

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