Nella classifica 2021 sulla qualità della vita nelle città curata da Italia Oggi e Università La Sapienza di Roma, un significativo balzo in avanti viene registrato per Torino, Milano, Trieste, Bologna e Firenze. Colpisce il salto di ben 29 posizioni in positivo conquistato da Parma.
Ma se le maggiori aree metropolitane del Nord vedono migliorare la loro qualità della vita, al contrario le realtà più piccole, e non solo quelle meridionali, sembrano scivolare lungo un piano molto inclinato.
Tra le province che perdono più posizioni troviamo infatti Como, L’Aquila, Belluno, Udine, Varese, Rovigo, Prato, Benevento, Fermo, Rieti e Nuoro.
Secondo gli autori del rapporto il motivo di questo sconvolgimento è duplice: da una parte le metropoli hanno dimostrato di saper affrontare meglio la pandemia da Covid-19, tanto che, pur essendo state nel 2020 penalizzate da questa emergenza, nel 2021 hanno saputo riprendersi con maggior rapidità rispetto ai centri di minori dimensioni.
Il secondo motivo è metodologico: ci si è accorti infatti che mella classifica degli anni scorsi un indicatore come quella della popolazione (che include le classifiche di densità demografica, emigranti, morti in percentuale, immigrati, istruzione, nati vivi in percentuale, e numero medio dei componenti della famiglia) era stato sovrastimato rispetto a tutti gli altri e si è deciso quindi di ridimensionarlo attribuendogli un peso uguale o di poco superiore agli indicatori relativi ad Affari e lavoro, Ambiente, Sicurezza, Salute, Tempo libero e Reddito.
Questa modifica di indicatore ha contributo a migliorare la posizione delle aree metropolitane rispetto alle città più piccole.
Sarebbe però interessante incrociare questi indicatori con l’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) dell’Istat per vedere se i risultati prodotti sarebbero gli stessi.
L’IVSM è un indicatore composito costruito attraverso la sintesi di sette indicatori riferiti alle dimensioni della vulnerabilità sociale e materiale ritenute più rilevanti per la formazione di una graduatoria nazionale dei comuni.
Rimane costante, anzi si accentua, la divaricazione tra le città del Nord e quelle del Meridione. Tra le realtà del Centro-Sud solo alcune città come Perugia, Macerata, Ascoli Piceno, Ancona, Terni, Grosseto e Fermo sono nella prima metà della classifica sulla migliore qualità della vita, mentre solo dieci città del Nord sono rilevabili nella metà inferiore: Vercelli, Rovigo, Prato, Rimini, Como, Asti, La Spezia, Imperia, Pistoia e Alessandria.
Nel gruppo di coda risultano esserci due province della Campania: Napoli e Caserta; 4 province pugliesi: Brindisi, Barletta-Andria-Trani, Taranto e Foggia; tutte le province calabresi; tutte le province dislocate in Sicilia; 4 delle 5 province sarde, ad eccezione di Cagliari. La provincia che figura in ultima posizione è Crotone.
Un discorso a parte riguarda Roma, unica tra le aree metropolitane a rimanere esclusa fuori dal gruppo delle prime dieci migliori e a non guadagnare posizioni, perdendone anzi quattro (passando dal 50 al 54° posto).
È sempre opportuno rammentare che le dimensioni “monstre” di Roma vedono il suo territorio avere una vastità nella quale entrano ben nove altre città di grandi e medie dimensioni.
Napoli diventa addirittura la penultima in Italia per qualità della vita: è 106esima. Peggio sta solo Crotone, in ultima posizione al 107esimo posto. In un anno la provincia di Napoli ha perso tre posizioni, nel 2020, infatti, era 103esima
In molti si interrogano se i fondi del PNRR potranno avere effettivamente una ricaduta positiva sulla qualità della vita nella città italiane, in particolare in un Meridione spesso al collasso di fronte alla pandemia e alla crisi sanitaria, ma anche a quella sociale, politica ed economica che ha investito il Paese nel 2020 e nel 2021.
Ma alla luce delle ricette contenute o vincolate al PNRR – dalle privatizzazioni dei servizi pubblici locali al nulla sull’emergenza abitativa e il rilancio dell’edilizia pubblica/sociale – difficilmente assisteremo ad un miglioramento diffuso della qualità della vita nelle città. Al contrario le divaricazioni esistenti – e cresciute negli ultimi anni – sembrano destinate ad accentuarsi.
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