In questo frammento di video vi evidenziamo il momento culminante della perquisizione nella sede nazionale dell’Usb.
Sotto la pressione delle precise domande fatte dall’avvocato Marco Lucentini, il maresciallo dei carabinieri alla guida della squadra incaricata della perquisizione dice chiaramente:
“C’è una persona con nome e cognome che dice di aver messo una pistola qua dentro”.
Senza entrare nel merito giudiziario – che evidentemente toccherà ad un magistrato e una corte, in una causa con l’Usb “parte lesa” – a noi risulta evidente che:
a) c’è un autore del reato, già individuato con nome e cognome;
b) il sindacato Usb è “parte lesa”, appunto, di quel reato.
c) la situazione (colpevole/parte lesa) era già ampiamente chiara ai carabinieri.
La cosa è confermata anche dalle modalità della “perquisizione”, ridotte all’ingresso di un carabiniere nel bagno degli uomini per recuperare l’arma nel luogo indicato dal telefonista.
Ma se è così – ed è così – allora l’Arma avrebbe dovuto prima di tutto fermare l’autore della telefonata (non si sa se l’abbia ancora fatto) e contestualmente, in forma anche “discreta”, recuperare la pistola comunicando ai dirigenti del sindacato che c’era questa provocazione nei loro confronti.
Tutt’altra cosa è mandare ben quattro auto cariche di militari e diffondere allarme in tutto il quartiere, offrendo magari alla stampa di regime l’occasione di “gestire” anche mediaticamente la provocazione come una “stranezza” che chiama in qualche modo in causa il sindacato.
Che è, chiaramente, “parte lesa” e farà valere le sue ragioni in ogni sede.
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