di Guido Salerno Aletta
Inflazione alle stelle. Siamo in un momento di forte tensione sulle materie prime, dai prodotti agricoli a quelli energetici, che può rappresentare una svolta nella dinamica economica globale: ridetermina il ruolo della Finanza, redistribuisce il potere tra i Paesi produttori di materie prime, quelli industriali trasformatori ed i Consumatori finali. Anche questi ultimi contano molto, perché se non c'è chi consuma e che paga, è inutile investire e produrre.
Il sistema finanziario sta abbandonando gli interventi sullo stato patrimoniale delle aziende, capitale di rischio e prestiti, per focalizzarsi sulla estrazione di proventi agendo sul loro conto economico, intervenendo sui mercati delle Commodity.
Gli Stati a loro volta, usano le Commodity a fini geopolitici.
La integrazione della filiera produttiva è sempre stato un obiettivo strategico, perché in questo modo ci si assicura la disponibilità e la convenienza dei prezzi: storicamente, le colonie di sfruttamento erano finalizzate a questo, assicurarsi la disponibilità della materia prima là dove si trova, da trasformare magari in un altro posto e poi da rivendere in un altro ancora, assicurandosi così sempre più consistenti guadagni.
Cominciamo dalle materie prime, le Commodity, per capire come la teoria economica si basa generalmente sulla idea che la creazione del valore aggiunto, e quindi anche del prezzo derivi essenzialmente dalla loro progressiva trasformazione in prodotti "intermedi" e poi in prodotti "finiti".
Il grano è un prodotto fungibile, indifferenziato, naturalmente considerando le diverse qualità prodotte e le loro intrinseche qualità merceologiche: peso specifico, umidità, colore, amidi, proteine, glutine e così via. Tra due partite di grano aventi la medesima caratteristica merceologica c'è indifferenza: in un luogo ed in un tempo dato, hanno lo stesso prezzo. Ci sono naturalmente i mercati dove si svolgono le contrattazioni, anche virtuali, che determinano il prezzo. Ma il grano va prima ridotto in farina, bene intermedio, e poi in pane o pasta, prodotti di consumo finale.
Naturalmente, si deve tener conto dei costi di produzione delle Commodity: c'è bisogno di capitale e di manodopera. Poiché l'estrazione del minerale o la coltivazione agricola viene considerata come un'unica fase, il vantaggio relativo risiede nella rispettiva economicità della produzione: le terre più fertili sono comparativamente favorite, come i giacimenti meno profondi sono più redditizi.
Qui comincia la prima grande differenza, che è politica prima ancora che economica: chi è proprietario del suolo o del diritto di sfruttamento del sottosuolo ha un enorme vantaggio rispetto a chi non lo è. La competizione per la acquisizione delle terre fertili e dei giacimenti di minerali caratterizza la storia della umanità e soprattutto le guerre. Chi riesce ad accaparrarsi le terre fertili ed i giacimenti più ricchi ha teoricamente un vantaggio enorme. Il fatto è che, se costui non ha nel suo potere anche tutta la filiera produttiva che trasforma il prodotto, deve cedere la Commodity al prezzo di mercato: guadagna dunque solo una quota limitata rispetto al valore aggiunto del prodotto finito. E paga naturalmente il costo del capitale impiegato nella sua fase produttiva.
In un sistema capitalistico, dunque, al valore aggiunto di un prodotto corrisponde anche il costo del capitale necessario per ottenerlo. Tanto più numerosi e complessi sono i passaggi, tanto più capitale occorre investire per arrivare al prodotto finale: c'è quindi una diretta correlazione tra i guadagni della rendita del capitale, i costi del produttore ed il prezzo di vendita.
I Paesi produttori di materie prime minerali e di derrate agricole sono storicamente più poveri rispetto a quelli trasformatori, anche se le materie prime e le derrate sono indispensabili: essendo in concorrenza tra di loro per via della fungibilità del prodotto, una Commodity, vendono ad un prezzo che supera di poco il costo del capitale impiegato e delle spese operative. Più il prodotto è differenziato, più è elaborato, e maggiore bisogno c'è di investimenti di capitale produttivo: nella catena del valore il sistema finanziario guadagna così sempre di più.
Per contrastare questo sistema che penalizza fortemente i Paesi produttori di materie prime, quelli di petrolio si sono da tempo riuniti in un cartello, l'OPEC, che decide i volumi produttivi ed assegna le singole quote ai vari aderenti in modo da massimizzare i proventi e minimizzare la produzione. Per coordinare anche il mercato del gas, prodotto spesso fungibile e dunque in concorrenza col petrolio, l'organizzazione si è estesa anche ai Paesi che producono il gas, con la denominazione di OPEC+. Così facendo, si sono smarcati da una competizione unicamente di mercato, basata solo sui costi, in particolare quelli del capitale.
Vi sono comunque condizioni di piena competizione di mercato, ad esempio nel caso del gas per gli Stati Uniti, visto che tutti i produttori sono americani e che immettono il rispettivo prodotto in una unica infrastruttura di trasporto e distribuzione. Ci sono contesti, come l'Europa, che non hanno autonomia energetica e devono attingerla da lontano, soggiacendo alle condizioni dei produttori: dai Paesi del Golfo Persico, del Mar Caspio, o dalla Russia. Questioni tornate di viva attualità in questo periodo.
Grande importanza hanno anche i Paesi consumatori di Commodity: mettere un embargo europeo al gas o al petrolio provenienti dalla Russia, crea a questo Paese un danno notevole in termini di mancati incassi. Danno che è tanto maggiore quanto più è difficile per la Russia trovare altri sbocchi alla sua produzione e quanto più il suo prezzo di vendita è allineato verso il basso dalla copertura dei soli costi del capitale ed operativi.
In pratica, i Paesi produttori di petrolio e di gas sono diventati nel tempo progressivamente più "ricchi" solo da quando si sono riuniti nel cartello dell'OPEC+. Hanno quindi alterato una concorrenza solo di mercato ed interferito pesantemente su un sistema in cui il valore aggiunto e dunque i prezzi si commisurano soprattutto ai costi di produzione, ed in primo luogo a quelli del capitale impiegato.
Nel momento in cui gli Usa e l'Europa imponessero una serie di sanzioni crescenti alla Russia per i prodotti energetici a causa della guerra in Ucraina, determinerebbero una barriera di ordine politico a quello che in precedenza era già un sistema di "mercato orientato" dalle decisioni dell'OPEC+: si creano così aree geopolitiche ed interdipendenze che hanno caratteristiche eterogenee. Ci sono infatti alcuni soggetti completamente indipendenti dal punto di vista energetico, come gli Usa, altri come l'Unione europea che sono soprattutto consumatori, altri ancora che sono invece prevalentemente produttori come la Russia ed i Paesi del Golfo. Ci sono poi l'Iraq, l'Iran, la Cina, l'India ed altri ancora, ciascuno con caratteristiche diverse.
La guerra in Ucraina e prima ancora il sistema delle contrattazioni sui mercati delle Commodity, materie prime e prodotti agricoli, hanno modificato radicalmente il meccanismo teorico in base al quale il prezzo si forma prevalentemente sulla base dell'incrocio tra offerta e domanda, tenendo conto del costo del capitale impiegato.
Si sono innestate forti componenti speculative e valutazioni politiche.
Un primo punto da considerare è quello del ritorno sul capitale investito: le immissioni di liquidità da parte delle Banche centrali occidentali, pressoché ininterrotte a partire dalla Grande Crisi Americana del 2008, hanno determinato una fortissima repressione finanziaria a danno degli investitori di capitale. I rendimenti dei prestiti che hanno sottoscritto sono andati via via riducendosi, poi ad annullarsi, fino a diventare negativi per via del ribaltamento del valore dei tassi di interessi sia nominali che reali. C'è dunque innanzitutto un sistema finanziario che deve recuperare redditività sul capitale investito, e che lo fa intervenendo sui mercati delle Commodity.
La Finanza si è spostata dagli interventi classici sul conto patrimoniale delle imprese, investimenti e prestiti, a quelli sui mercati delle Commodity, che consentono di estrarre risorse direttamente dal loro conto economico e per il loro tramite dalle tasche dei consumatori.
Gli Stati produttori a loro volta usano le Commodity per aumentare le proprie risorse, per segmentare il mercato globale, per creare nuove interdipendenze geopolitiche.
Niente è più come in teoria, con una catena del valore dei prodotti basata sul costo del capitale impiegato in ciascuna fase della produzione.
Catena del valore, Mercati globali, Aree geopolitiche
New Commodity Order
Fonte
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