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10/01/2024

Francia - Nuovo governo, vecchia crisi

A neanche due anni dalla sua rielezione, il presidente francese Emmanuel Macron ha deciso di “far saltare” la prima ministra Élisabeth Borne e aprire quindi ad un “rimpasto di governo” la cui portata è ancora tutta da valutare.

Ieri, Macron ha nominato come nuovo primo ministro Gabriel Attal, ministro dell’Educazione nazionale e già portavoce del governo.

A 34 anni, Attal diviene ufficialmente il più giovane Primo Ministro nella storia della Quinta Repubblica. La sua nomina ha sorpreso non poco i commentatori politici, più propensi a vedere a Matignon (sede del governo francese) Sébastien Lecornu, ministro delle Forze armate, o Julien Denormandie, ex ministro dell’Agricoltura.

Sostenitore di Emmanuel Macron dal 2016, l’ex “socialista” Gabriel Attal ha avuto un’ascesa fulminante all’ombra del capo di Stato: eletto deputato nel 2017, ha trascorso appena un solo anno all’Assemblée Nationale prima di entrare nel governo, come segretario di Stato per l’Educazione Nazionale, in seguito portavoce del governo tra il 2020 e il 2022, fino alla carica di Ministro dei Conti Pubblici e poi Ministro dell’Educazione Nazionale (da luglio 2023).

All’ombra dell’ex ministro Jean-Michel Blanquer, Attal ha supervisionato gli inizi del Servizio Nazionale Universale (SNU) per i giovani tra i 15 e i 17 anni.

Come portavoce, ha difeso la “strategia” del governo durante il periodo segnato dalla pandemia e il ricorso ai “consigli” del cabinet McKinsey per 4 milioni di euro.

In qualità di ministro ha difeso gli sgravi fiscali per le imprese e, infine, vietato l’abaya nelle scuole in quanto “indumento che apparentemente manifesta un’affiliazione religiosa”.

Gabriel Attal è cresciuto e si è abbeverato al biberon della Macronie: la sua linea politica è quella del Presidente della Repubblica. Potrebbe essere stata proprio la sua immanchevole e supina fedeltà a motivare la scelta di Macron, senza creare ulteriori malumori nella “minoranza di governo”.

Una constatazione che mina radicalmente la credibilità di Attal come figura “autorevole” e lo fa vedere semmai come una “testa di turco”, esecutore di strategie altrui.

Élisabeth Borne ha traghettato il governo francese fino all’approvazione della riforma delle pensioni, largamente e duramente contestata da una storica mobilitazione sindacale e sociale che si è protratta per diversi mesi.

Inoltre, ha fatto uno spropositato ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, che prevede l’adozione di un testo di legge senza il voto dell’Assemblée Nationale, per imporre di fatto due Leggi Finanziarie all’insegna dell’austerità sociale.

Prima di partire da Matignon, l’ex prima ministra è riuscita a far approvare la nuova “Loi Asile-Immigration”, un obbrobrio legislativo applaudito dal Rassemblement National di Marine Le Pen che sdogana ancor più apertamente un razzismo di Stato attraverso la sua logica securitaria e xenofoba.

Macronista fino al midollo, la figura di Gabriel Attal difficilmente cambierà di un solo seggio i contorni della “maggioranza relativa” che il suo schieramento detiene all’Assemblée Nationale.

Tuttavia, potrebbe forse dare nuovo smalto al partito Renaissance di Macron in vista delle elezioni europee di giugno, contro il giovane candidato Jordan Bardella, presidente del lepenista Rassemblement National.

Al di là delle effimere considerazioni elettorali, è difficile vedere questo cambio di primo ministro come un “secondo atto” di un quinquennio sin dal suo inizio improntato ad una politica di austerità sociale per le classi popolari e di ulteriore compressione dei diritti sociali, a vantaggio dei grandi patrimoni e delle multinazionali che continuano a registrare dividendi stellari.

“Attal torna al suo posto di portavoce. La carica di primo ministro scompare. Il monarca presidenziale governa da solo con la sua corte”, ha denunciato duramente il leader de La France insoumise Jean-Luc Mélenchon su X (ex Twitter).

Nulla cambierà dal punto di vista delle politiche economiche, sociali ed ambientali, decise e dirette dallo stesso Macron. Anche il “rimpasto” di governo con la nomina dei nuovi ministri nelle prossime settimane ha tutti i contorni gattopardeschi di una crisi di legittimità politica ormai stantia.

L’acuirsi di questa crisi costringe Macron a serrare i ranghi intorno a lui nel disperato tentativo di limitare il declino politico sul piano nazionale e i contraccolpi su quello internazionale. Per quanto tempo ancora?

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