La lettera inviata da Sergio Mattarella ai presidenti del Consiglio, della Camera e del Senato esemplifica nel modo più chiaro il superamento della Costituzione italiana “nata dalla Resistenza” a un regime politico molto diverso e per molti versi oscuro perché largamente ignoto ai cittadini. E comunque da loro immodificabile.
Mattarella controfirma e promulga infatti la legge sulla concorrenza, e tutto il più complesso articolato della “manovra”, solo perché altrimenti l’Italia avrebbe mancato uno degli obiettivi del PNRR, perdendo così l’ultima rata dei fondi erogati da Bruxelles e rischiando sanzioni per inadempienza.
Ma chiede contemporaneamente di correggere «a breve» le norme stesse, per uniformarle ai «princìpi più volte ribaditi dalla Corte di giustizia, dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato», che «reclamano la messa a gara delle concessioni».
Di cosa si parla? Dei commercianti ambulanti, i “bancarellari” che girano di quartiere in quartiere, di paese in paese, vendendo merci di ogni genere – ma di basso prezzo – in spazi pubblici (vie, parcheggi, giardini).
Come i ben più ricchi “cugini” degli stabilimenti balneari, anche i bancarellari ricavano il loro reddito dal poter sfruttare una “concessione pubblica” pagata due lire, dallo sfruttamento di se stessi e dei propri familiari ma anche di lavoratori poverissimi, molto spesso immigrati, che un contratto di lavoro non l’hanno mai visto.
Una piccolissima borghesia che naturalmente, visti i bassi margini di profitto, vede la concessione come un diritto personale, le tasse come “un pizzo di stato” e il salario da pagare come una eventualità non proprio obbligatoria.
Un pezzo importante, comunque, della “base sociale” di Fratelli d’Italia e Lega, e comunque di quanti declinano la propria proposta politica sulla “libertà” di fare gli affari propri senza dover niente a nessuno (Stato e dipendenti). Un’ideologia pervasiva quanto falsaria, che si fa largo anche tra gli spettatori...
La nuova legge sulla concorrenza prevede la possibilità di proroga automatica le concessioni in essere anche fino a dodici anni. Mentre l’Unione Europea, con la “direttiva Bolkestein”, impone che tutte le concessioni pubbliche siano “messe a gara”, ossia assegnate al miglior offerente.
E proprio questo ricorda Mattarella. La materia era «oggetto di una mia precedente lettera del 24 febbraio 2023», inviata agli identici soggetti istituzionali per richiamare «i profili di contrasto di quella disciplina con il diritto europeo e, quindi, con il dettato costituzionale».
Dal punto di vista formale non fa una piega, ma proprio per questo è più illuminante. Stiamo parlando infatti di un ambito economico decisamente poco rilevante in termini di Pil, di cui è persino difficile immaginare lo sviluppo in un futuro dominato dalla grande distribuzione e dalle vendite on line. Un comparto insomma decisamente poco interessante per qualche multinazionale del commercio.
Eppure anche in questo anfratto miserrimo del “mondo degli affari” il grande capitale multinazionale rappresentato dalla UE impone le proprie regole. È insomma una “lotta di classe” tutta interna alla borghesia, che però ci rivela quanto le istituzioni pubbliche siano state deformate nel corso degli ultimi 30 anni.
Mattarella, che solo poche ore prima aveva (quasi) sparso lacrime sulla povertà di lavoratori e pensionati, l’incerto futuro dei giovani, la parità di genere sul lavoro, ecc., non ha ritenuto necessario intervenire – nella lettera – per sollevare i numerosi “profili di incostituzionalità” che, su tutti quei temi, pure sono presenti nella legge di stabilità da lui controfirmata.
È una dimostrazione di quali siano i veri “valori” di questa Unione Europea e di come stiano sostituendo il dettato costituzionale (che pure richiede “retribuzioni dignitose” e tante altre salvaguardie sociali).
È significativa pure la distribuzione dei partiti su questa questione. Con la destra parafascista schierata a difesa della “libertà dei bancarellari” e Pd e Cinque Stelle sulla barricata “europeista”. Altrettanto significativo è il loro silenzio “mattarelliano” sui problemi popolari più gravi.
Ai tempi della repubblica di Weimar si discuteva molto sul ruolo del presidente della repubblica, tra una impostazione classicamente liberale (Hans Kelsen) che lo considerava “il guardiano della Costituzione” e una più brutalmente “realista” che ne prevedeva l’adeguamento sostanziale ai rapporti di forza contingenti (Carl Schmitt).
Sappiamo com’è finita, con Hindenburg (il presidente in carica) che consegna ad Adolf Hitler il bastone del comando.
Oggi non si corre quel rischio, nonostante la “cultura politica” dell’attuale squadraccia di governo, perché è praticamente svanito quell’ambito puramente “nazionale” su cui si esercitava il potere politico.
Corriamo un rischio forse anche peggiore, perché le scelte politiche fondamentali (a partire da quelle di bilancio, sul come si raccolgono e si spendono le risorse del paese) non sono più a disposizione dei governi nazionali. Qualsiasi sia il loro orientamento politico-sociale.
Ma, a ben guardare, non lo sono più neanche quelle meno importanti, come gli ambulanti.
La lettera di Mattarella, insomma, sembra quella di un “guardiano dell’Unione”. La Costituzione, ahinoi, è andata...
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