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11/05/2025

Xi e Putin suonano l’allarme atomico

A ogni incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin nelle redazioni dei media scatta una sorta di riflesso pavloviano: stupore per l’unità ostentata dai due leader, accompagnato dalla sottolineatura degli aspetti più superficiali di tale convergenza.

Così è stato anche per la parata di ieri [venerdì 9 maggio, ndr], dove a fare notizia sono state le dichiarazioni di Xi («Non ci divideranno») e la presenza del drappello d’onore dell’Esercito popolare di liberazione, che ha preso parte alla sfilata per celebrare l’ottantesimo anniversario della vittoria sovietica sui nazisti.

Nessuna spiegazione però sul perché due regimi e paesi tanto diversi si ritrovino uniti, mutatis mutandis, come lo furono dal 1949 al 1961, quando si consumò la rottura sino-sovietica. Forse perché se analizzassimo le motivazioni di quella che è ormai un’alleanza di fatto, dovremmo riconoscere le responsabilità del cosiddetto “Occidente”, senza per questo sorvolare sull’imperialismo di Putin, né sull’ascesa militare della Cina di Xi.

Eppure i messaggi che i due quasi-alleati lanciano al mondo sono chiari, messi nero su bianco, come nel caso della Dichiarazione congiunta della Federazione russa e della Repubblica popolare cinese sull’ingresso delle relazioni internazionali in una nuova era e sullo sviluppo globale sostenibile, pubblicata il 4 febbraio 2022, venti giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina. In quel documento Pechino e Mosca esprimevano soprattutto:

- una rivendicazione dell’alterità dei loro sistemi politici rispetto alla democrazia liberale (che dunque non dovrebbero essere messi in discussione);

- la necessità del riconoscimento di un ruolo più rilevante in ambito internazionale, contro l’egemonia statunitense;

- la condanna dell’allargamento e del rafforzamento delle alleanze Usa: in particolare della Nato più vicina ai confini russi, e degli accordi di sicurezza con i paesi del Pacifico, che Pechino considera una minaccia;

- l’allarme per il progressivo svuotamento, a opera degli Stati Uniti, della politica di non proliferazione nucleare.

Si può legittimamente non essere d’accordo anche su tutti e quattro i suddetti punti, ma è innegabile che essi esprimono altrettanti problemi, importanti e irrisolti, nei rapporti tra gli Stati Uniti da un lato e, dall’altro, la Russia e la Cina. Tre potenze nucleari, in possesso rispettivamente di 5.044, 5.580 e 500 testate atomiche, secondo le stime dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri).

In occasione dell’ottantesima Giornata della vittoria Cina e Russia hanno diffuso la Dichiarazione congiunta della Federazione russa e della Repubblica popolare cinese sulla stabilità strategica globale. Già dal confronto dei titoli tra il documento del 2022 e questo di tre anni successivo si capisce quanto Pechino e Mosca considerino deteriorate negli ultimi tre anni i rapporti tra potenze.

Questa volta infatti a essere evidenziata non è la “nuova era delle relazioni internazionali”, ma le minacce per la “stabilità strategica globale”. E lo spauracchio della guerra nucleare spunta più volte nel testo.

Quasi ogni paragrafo inizia con “Le due parti”... sottolineano che, si oppongono fermamente a, condannano, e via dicendo, a ostentare un’unità della quale in Occidente si continua a fraintendere la base, che non è né economica né, tantomeno, ideologica. Il fatto è che, a torto o a ragione, Pechino e Mosca temono gli Stati Uniti, e, fin quando continueranno ad averne paura, il loro legame resterà solido.

Il documento pubblicato l’8 maggio sostiene che «sullo sfondo dell’inasprimento delle relazioni tra stati dotati di armi nucleari, che in alcuni casi è sfociato nella minaccia di uno scontro militare diretto, si è accumulata una massa critica di problemi e sfide nella sfera strategica e il rischio di un conflitto nucleare è aumentato».

Per Pechino e Mosca la questione strategica più pressante è l’espansione, che definiscono “destabilizzante”, di vecchie e nuove “alleanze” militari.

Da un lato i meccanismi di cooperazione “anti-cinesi” nel Pacifico: Aukus (Australia, Regno Unito, Stati Uniti), Quad (Stati Uniti, Giappone, Australia, India), nonché il rafforzamento dei legami di difesa degli Usa con il Giappone, le Filippine e la Corea del Sud. Dall’altro la Nato, che ha sostenuto la resistenza ucraina all’invasione russa e si è recentemente allargata a Finlandia e Svezia.

In un passaggio le “due parti” stigmatizzano che tali coalizioni sono «attuate da alcuni stati dotati di armi nucleari in prossimità dei confini di altri stati dotati di armi nucleari, nel tentativo di stabilire o espandere punti d’appoggio permanenti in tali aree, che sono particolarmente sensibili, allo scopo di proiettare potenza militare, esercitare forti pressioni e condurre altre attività ostili che minacciano gli interessi fondamentali di sicurezza di tali stati».

Il documento dà particolare risalto alle preoccupazioni di sicurezza della Cina. Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno mostrato il loro nuovo sistema anti-missile RIM-174B in Giappone, e fornito alle Filippine il sistema missilistico Typhon, nell’ambito di un rafforzamento delle loro alleanze nel Pacifico che va avanti da anni, con, tra l’altro, la fornitura del sistema THAAD alla Corea del Sud, l’apertura di nuove basi sulla costa australiana che guarda alla Cina, nonché l’aumento della cooperazione militare con le Filippine.
Le due parti sottolineano che i compiti prioritari di prevenire scontri armati tra stati dotati di armi nucleari, nonché di ridurre in modo affidabile e duraturo il potenziale di conflitto accumulato nelle loro relazioni, dovrebbero essere affrontati attraverso un lavoro globale su un piano di parità, con particolare attenzione all’eliminazione delle cause profonde delle contraddizioni fondamentali e tenendo conto di tutti i principali fattori che influenzano la stabilità strategica globale.

Le due parti sono convinte che le misure preventive per scongiurare crisi e conflitti debbano avere la priorità sui tentativi di “gestire” il confronto e la sua escalation, mentre gli sforzi congiunti degli stati dotati di armi nucleari per ridurre i rischi strategici non possono essere sostenibili e realmente efficaci se non si escludono le ingerenze di alcuni partecipanti a tali sforzi negli interessi fondamentali di altri partecipanti.
In altre parole la fine delle “ingerenze” della Nato in Ucraina, così come di quelle degli Stati Uniti a Taiwan rappresentano – secondo Russia e Cina – delle precondizioni per ridurre i rischi di un conflitto atomico.

Cina e Russia lanciano inoltre l’allarme sulle conseguenze “profondamente destabilizzanti” di “Iron Dome for America”, il progetto di super scudo missilistico lanciato da Trump una settimana dopo il suo ritorno alla Casa bianca, al quale lavorerà Lockheed Martin.

Secondo Pechino e Mosca, rendendosi impenetrabili a qualsiasi attacco, gli Stati Uniti «rifiutano di riconoscere l’esistenza dell’inscindibile interrelazione tra armi strategiche offensive e armi strategiche difensive, che è uno dei principi centrali e fondamentali per il mantenimento della stabilità strategica globale».

Ovvero, se Washington avrà il suo scudo per proteggersi da una rappresaglia nucleare, potrà lanciare un’offensiva atomica senza timore della risposta avversaria, cancellando così la deterrenza strategica che ha contribuito a scongiurare attacchi atomici dai tempi di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945).

A dimostrazione di quanto la Cina di Xi e la Russia di Putin si sentano dalla parte giusta della storia, contro l’uso dello spazio come terreno di scontro propongono un negoziato per arrivare a un trattato internazionale sulla base della bozza russo-cinese del Trattato sulla prevenzione del posizionamento di armi nello spazio extra-atmosferico e della minaccia o dell’uso della forza contro oggetti dello spazio extra-atmosferico.

Sotto accusa anche i concetti e le pratiche di “condivisione atomica” e la “deterrenza nucleare estesa” in base alle quali – nell’ambito delle loro alleanze e cooperazioni di difesa – gli Stati Uniti si esercitano e collaborano utilizzando tecnologia atomica o a doppio impiego (convenzionale-nucleare), assieme a stati non dotati di armi atomiche, puntando anche in questo modo secondo Cina e Russia a erodere la deterrenza strategica.

Al netto della sua parzialità (Cina e Russia si limitano a stigmatizzare le mosse dell’avversario), la “Dichiarazione congiunta della Federazione russa e della Repubblica popolare cinese sulla stabilità strategica globale” è un documento importante, che aiuta a comprendere i pericoli dell’era della “rinnovata competizione tra grandi potenze” nella quale siamo pericolosamente immersi.

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