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07/10/2013

Quando lo stipendio non basta

Sono seduti sulla prima riserva mondiale di petrolio, eppure piangono miseria. I Sauditi non ci stanno e affidano a Twitter lo sfogo per quello che considerano un "furto" da parte dello Stato: con l'inflazione alle stelle, i soldi non bastano più. E in un Paese che vieta le manifestazioni di strada, la protesta diventa telematica. La campagna sul social network, lanciata all'inizio dell'estate con l'hashtag "Lo stipendio non basta più" ha raccolto più di 17,5 milioni di tweet in pochi mesi, raggruppando il malcontento di quella classe media di funzionari che lamenta salari inferiori rispetto ai vicini del Golfo e chiede a re Abdallah di aumentare per decreto gli stipendi dei dipendenti del Regno.

"La corruzione - twitta il giornalista Fahd al-Fahid - si è presa tutto e il popolo ne è la vittima". Tra i post, ci sono foto che tentano di mostrare la miseria crescente nel Regno wahhabita: una donna che fruga nell'immondizia, famiglie che vivono in case fatiscenti, scolari schiacciati in vecchie camionette. Con le riserve in oro e in valuta estera che sfiorano i 700 miliardi di dollari, il primo esportatore mondiale di greggio distribuisce ai suoi dipendenti pubblici stipendi che vanno dai 1.051 ai 6.599 dollari. Nel settore privato, invece, il salario medio è di 1.700 dollari contro i 4.000 delle petromonarchie vicine, secondo uno studio realizzato di recente della Banca Mondiale in cooperazione con il Ministero dell'Economia saudita.

Alcuni tweet puntano il dito contro i finanziamenti all'estero: in una caricatura postata si vede un saudita sotto una palma, con le mani rivolte verso l'esterno del Regno, con la scritta "i nostri beni vanno agli altri: il regno riceve il 5 per cento, l'Estero il 95 per cento". Un chiaro riferimento all'annuncio fatto da Riyadh di aiuti per cinque miliardi di dollari destinati all'Egitto dopo il colpo di stato militare compiuto contro l'ex presidente Mohammed Morsi.

Ma il vero problema è un altro. "L'inflazione - spiega l'economista Abdallah al-Almi all'AFP - e l'aumento continuo dei prezzi hanno influenzato seriamente il potere d'acquisto dei cittadini". La popolazione saudita, sempre più consumista, deve inoltre fare i conti con un mercato del lavoro quasi interamente dominato dagli stranieri che vengono principalmente dal sud-est asiatico e che non rifiutano mai i salari bassi. Con un tasso di disoccupazione attestato al 12,5 per cento che tocca principalmente i giovani - il 60 per cento della popolazione saudita - e con i pochi risultati ottenuti per ora dalle politiche di "saudizzazione" del lavoro lanciate per paura di rivolte in stile primavera araba, il risultato, come fa notare il consulente economico Zeid al-Roummani, è che "circa l'80 per cento della popolazione ormai vive di prestiti bancari".

Come se non bastasse, si è aggiunta anche la crisi del mercato immobiliare che, con l'impennata dei prezzi delle abitazioni pesa enormemente sugli scarni stipendi sauditi. "L'aumento dei prezzi degli immobili, ormai fuori controllo, è un crimine", twitta Abdelhamid al-Amri. La situazione è simile nel vicino Kuwait, dove un gruppo di giovani militanti ha lanciato due campagne su Twitter per esortare le autorità ad accelerare la costruzione di alloggi per più di 100 mila famiglie meno abbienti che aspettano una casa anche da 15 anni. Troppo, per paesi che contano i Pil pro-capite più alti del mondo.

Fonte

Sono seduti sull'oro e hanno la nostra stessa disoccupazione... quando sì dice che tutto il mondo è paese...

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