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16/01/2014

Che succede in Turchia? Chi è Fetullah Gulen, il più grande nemico di Erdogan?

In Turchia sono giorni molto particolari e lo scandalo corruzione penso sia solo la punta di un iceberg molto più grosso, che riguarda gli interessi strategici ed energetici in gioco in tutta la regione e gli equilibri del Medio Oriente. Un amico (che ringrazio vivamente) mi ha segnalato questo articolo, apparso alla fine di dicembre in inglese a firma di Suzy Hansen, che fornisce una serie di informazioni molto interessanti su alcuni retroscena della vicenda. Ringrazio vivamente Kristian Tarussio, dell’Associazione Lapsus, che ha curato la traduzione dell’articolo che vi propongo di seguito.

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Una persona che vive in Pennsylvania potrebbe far cadere l’intero governo turco. Un profilo di Fetullah Gulen, il più grande nemico del primo ministro.

di Suzy Hansen - da http://www.newrepublic.com/ - 26/12/13

Il primo ministro della Turchia, Tayyip Erdogan, ha passato l’ultima settimana intrappolato in uno scandalo di corruzione che potrebbe abbattere il suo governo - ieri ha rimpiazzato dieci ministri all’interno del suo Gabinetto, uno dei quali ha invitato alle dimissioni lo stesso Erdogan. Erdogan incolpa della corruzione e delle indagini sulla corruzione i sostenitori di un leader islamico rivale, che non vive neppure in Turchia: Fetullah Gülen. Nel 2010, la giornalista Suzy Hansen si è recata in visita da Gülen nella sua fattoria in Pennsylvania e ha indagato la portata del suo movimento negli Stati Uniti, e oltre.

Il leader di quello che è probabilmente il movimento islamico con più successo vive in una piccola cittadina della Pennsylvania chiamata Saylorsburg, presso la Golden Generazion Worship and Retreat Center, altrimenti nota come “the Camp”. The Camp è composta da diverse abitazioni, un centro ricreativo, uno stagno e qualche posto tranquillo per passeggiare. Da questa enclave Poconos - che sembra un resort più che il quartier generale di un movimento sociale, religioso e politico globalizzato - Fethullah Gülen, un laureato 69enne turco con baffi bianchi, ampio naso e una gentile, e triste, espressione, guida circa 5 milioni di seguaci che, nelle idee se non addirittura in suo nome, operano attorno al globo in scuole, università, aziende, enti no-profit, e media.

La scorsa primavera sono stata in visita al centro e sono stata accolta calorosamente da Bekir Aksoy, il presidente di The Camp. Appena superato un controllo, un turco corpulento stava facendo stretching in una tuta simile a quella dei Sopranos, preparandosi per una corsa. Lungo una strada che porta allo stagno, abbiamo incontrato un gruppo composto in prevalenza da turchi che sono venuti dal Giappone per vedere Hocaefendi, come è rispettosamente chiamato Gülen dai suoi sostenitori; sono stati scortati nell’edificio da uno studente della Columbia University in una Mercedes bianca. L’ospite d’onore del giorno era un professore del Jewish Theolegical Seminary di New York. Stava pescando delle trote. L’edificio su tre piani dove vive Gülen assomiglia a un’accogliente baita. Il primo piano comprende una grande, luminosa sala da pranzo con un gran numero di lunghi tavoli. A questi tavoli erano seduti tre uomini, presi da una calma conversazione. Uno mi ha salutato e si è presentato. Era un giornalista di una rivista politica turca, un tempo ammirata ed ora defunta; gli altri erano uomini d’affari turchi.

Di sopra, al secondo piano, circa 15 uomini sedevano sui divani contro le finestre e sul pavimento di moquette, leggendo. Uno di essi aveva un portatile; ha alzato lo sguardo e sorriso, così come qualcun altro, leggermente accigliato nel vedermi. Li stavamo chiaramente disturbando. Quando un giovane uomo improvvisamente si è alzato e ha sussurrato qualcosa ad Aksoy, avrei potuto giurare si stesse lamentando della mia presenza. Aksoy sembrò ammonirlo. Più tardi ho chiesto: “Quell’uomo era disturbato dal fatto che io fossi lì?” Aksoy ha risposto: “La nostra gente non si lamenta, obbediscono totalmente agli ordini.”

Fethullah Gülen vive al terzo piano dell’edificio, ma non ero venuta aspettandomi di incontrarlo. Gülen è malato, mi era stato detto, e incontra giornalisti solo quando ha qualcosa di specifico di cui parlare. È aggiornato sulle notizie tramite riassunti che gli sono recapitati dai suoi assistenti tutti i giorni. Talvolta, questi assistenti, temendo di indispettirlo - Gülen è notoriamente suscettibile - tentano di proteggerlo dagli eventi più duri. Nonostante i suoi limitati contatti con il mondo, una parvenza della sua saggezza persiste. “Lui conosce tutto”, mi disse Aksoy.

In un sondaggio online organizzato dalla rivista britannica Prospect e da quella americana Foreign Policy del 2008, Gülen è stato votato come il più influente intellettuale del mondo. Graham Fuller, un ex-agente della CIA e autore di diversi libri sull’Islam politico, dice che Gülen è a capo di “uno dei più importanti movimenti nel mondo musulmano al giorno d’oggi”. Nonostante ciò, c’è ancora molto che non si sa. Uno dei più grandi misteri è quanta influenza possiede sui suoi seguaci. Qualcuno visita la Pennsylvania più di una volta al mese; cosa vogliono da quelle visite? Alla fine del mio giro, mentre Aksoy mi stava portando ad un McDonald’s vicino a The Camp dove avevo lasciato la mia macchina, gli ho chiesto se Gülen dicesse alle persone che cosa fare.

“Lui non dice cosa fare; lui suggerisce,” ha risposto Aksoy. “E poi cosa fanno le persone di questi suggerimenti?” ho chiesto. “Mi lasci metterla in questi termini,” disse. “Se un uomo con un dottorato e una carriera venisse ad incontrare Hocaefendi, e Hocaefendi gli dicesse che potrebbe essere una buona idea costruire un villaggio al Polo Nord, quell’uomo con un dottorato tornerebbe la mattina seguente con una valigia in mano.”

Come molti altri giornalisti stranieri di stanza ad Istanbul, sono venuta a conoscenza del movimento di Gülen tramite un gruppo chiamato Journalists and Writers Foundation (JWF, Fondazione giornalisti e scrittori), il quale invita i giornalisti stranieri a seminari su argomenti politici ed è considerata come la compagnia gülenista non ufficiale di pubbliche relazioni. A quel tempo, nuova nel paese, non sapevo che la JWF fosse un gruppo connesso con Gülen (nei fatti, Gülen ne fa parte come presidente onorario).

Ma non era solamente la JWF. Come conoscevo più cose sulla Turchia, iniziava a sembrare come se tutto fosse in qualche modo legato a Gülen. Non solo enti non governativi, affari, e scuole, ma anche persone. Se avessi detto: “Questo articolo è buono”, mi sarebbe arrivata come risposta: “Sì, ma sai, l’autore è Gülen”. Alle volte, chiamare qualcuno con l’appellativo di “Gülen” sembrava riflettere paura o pregiudizio, e distinguere se ogni organizzazione fosse o meno legata al movimento di Gülen era raramente un compito facile. Come disse qualcuno al Rumi forum di Washington - un’altra organizzazione dove Gülen risulta presidente onorario - “Potete dire di essere dentro [al movimento di Gülen] alle 12.20, e ne fate parte, come potete dire di esserne fuori alle 12.21 e non farne parte”. Un turco dell’accoglienza scherzava con me: “Chi lo sa? Ogni giorno, quando vado in panetteria e faccio la mia spesa, potrei stare dando dei soldi a Gülen. Chi lo sa!” “Sono ovunque” è la frase comune. Alle volte, i sospetti sui Gülenisti assomigliano a quelli antisemiti - possiedono i mezzi di informazione, sono ricchi, sono uniti e si aiutano solo tra di loro.

Se chiedete ai gülenisti - che sbiancano alle parole “seguace” e “membro”, come anche al termine “gülenista” (in turco, la parola è Fethullahçi, riferito al nome proprio) - essi si definiranno come “un fideistico movimento della società civile, o un “movimento di volontari” composto da persone che ammirano i pensieri e gli scritti di Gülen. Sono un rete di persone, loro dicono, il cui scopo è portare un buon apporto al nobile ordine di Gülen diffondendo il suo messaggio di amore e tolleranza, come pure la sua visione dell’Islam. Concordando con gli accademici che hanno studiato il movimento, essi hanno, più o meno, tre livelli di coinvolgimento: simpatizzanti, i quali ammirano Gülen; amici, i quali, in diverso grado, supportano o lavorano per il movimento; e la cemaat, o comunità, il gruppo centrale degli aderenti, i quali sono pure i più vicini a Gülen stesso.

Il movimento di Gülen ricorda diversi movimenti, dall’Opus Dei a Scientology fino alla Massoneria, i Mormoni e MOONIES. Mark Juergensmeyer, un esperto di movimenti religiosi internazionali, afferma che i Gülenisti portano gli echi dei Muhammadiyah indonesiani, dei Soka Gakkai giapponesi e vari guru indiani. Ho visto Gülen citato come la versione turca di Billy Graham. “Se guardate ad alcuni dei suoi lavori per l’educazione, mi ricorda i Quaccheri e i missionari andati in Africa,” afferma Bill Park del King’s College di Londra, uno studioso che ha scritto sul gruppo, “ma se osservato nella sua interezza, è anche un movimento politico.”

Le idee di Gülen sono moderate e moderne. Si oppone fieramente alla violenza ed è entusiastico verso la scienza. Secondo Gülen, “accantonare le scienze sperimentali nel timore che esse possano portare all’eresia è infantile.” Si dice, con enfasi, non un islamico radicalista. “La jihad minore è la nostra abnegazione ai doveri e ai precetti dell’Islam” ha scritto, e “la jihad maggiore equivale a proclamare guerra al nostro ego distruttivo e ai pensieri ed emozioni negativi…che ci allontanano dal raggiungimento della perfezione.” Ha esortato le donne a togliersi il proprio velo, un rituale ritenuto da lui “di seconda importanza”, per poter intervenire in università d’accordo con le leggi laiche della Turchia. I suoi seguaci gestiscono organizzazioni no-profit che promuovono pace, tolleranza e dialogo interreligioso, e gli imprenditori gülenisti dedicano le proprie risorse alla costruzione di scuole laiche.

Non è una sorpresa, dunque, che Gülen abbia molti ammiratori in Occidente. “È un movimento civico,” dice uno studioso dell’Islam John Esposito, uno dei molti accademici Americani che simpatizza per i gülenisti. “È un’élite alternativa all’interno della società turca, come in molte società musulmane, che può essere moderna, educata e di successo, ma con una mentalità pure religiosa.” In particolare dopo l’11 settembre, il movimento di Gülen ha goduto di un grosso appeal negli Stati Uniti, i quali erano a una ricerca disperata di “buoni musulmani”. Era il 2003, due anni dopo l’11/9; eravamo giusto al principio della guerra in Iraq, ed ecco che appare questo movimento musulmano ecumenico che sembra aperto alla modernità e alla scienza, ed è concentrato sull’educazione,” disse un ufficiale superiore del governo statunitense, il quale ha condotto di persona accordi con i gülenisti. “Sembrava quasi troppo bello per essere vero”.

Fethullah Gülen è nato nel 1941 in un villaggio fuori alla città orientale di Erzurum. Ha iniziato a pregare una volta compiuti i quattro anni, e imparato l’arabo da suo padre. A scuola, ha fatto la conoscenza di studenti dell’intellettuale curdo Said Nursi, ed è effettivamente entrato nel movimento di Nursi, il quale era simile a una fratellanza Sufi. È divenuto un imam autorizzato dallo stato nel 1958, e dopo il servizio militare, si è trasferito a Izmir. Nel 1969, ha iniziato a predicare la sua personale versione delle idee di Nursi. Presto iniziò a formarsi un seguito.

Con l’aiuto di uomini d’affari turchi, Gülen cominciò a costruire dormitori, o “fari”. In quel periodo, la Turchia stava urbanizzandosi ad un ritmo vertiginoso. I giovani provenienti dalle campagne spesso navigavano in cattive acque, socialmente e finanziariamente, quando decidevano di spostarsi nelle grandi città. I “fari” mettevano a disposizione una comunità religiosa per questi giovani, offrendo anche aiuto per gli studi per evitare di guardare porno o essere deviati da ideali di sinistra.

All’interno di questi rifugi sicuri, il movimento di Gülen introduceva alla possibilità di una vita moderna. “Mio padre era un insegnante delle elementari. Suo padre era un tagliapietre,” dice Kerim Balci, un giornalista che lavora per il quotidiano Zaman, di proprietà dei gülenisti, il quale afferma di avere il più vasto pubblico in Turchia. “Ed ecco che io sono un dottorando, redattore e probabilmente in grado nel mondo accademico di guadagnare in un mese il salario annuale di mio padre.” La parabola di Balci - partendo dalla piccola città di Samsun sul mar Nero, proseguendo poi per prendere un master in Israele e lavorando per il suo dottorato con la Durham University in Inghilterra - richiamala traiettoria di molti seguaci di Gülen di mezza età provenienti da famiglie conservatrici. Lo stato turco è stato fondato sul precetto che la modernità significhi rifiuto della religione - e, per un lungo periodo, è stato dominato da una classe politico-militare che ha rafforzato questo ideale, alle volte in modo duro. Gülen ha suggerito una via alternativa. “C’è la possibilità di poter essere sia uomo religioso che opinionista televisivo,” afferma Balci.

I gülenisti hanno anche iniziato a fondare scuole. Gli studenti di queste scuole avevano bisogno di libri ed altro materiale, e da Izmir la comunità di Gülen ha cominciato a costruire case editrici e comporre audiocassette con i sermoni di Gülen. I negozi che ora sono chiamati “NT” hanno iniziato col vendere questi materiali; oggi, ci sono 110 negozi di questa catena, tra Turchia ed altri paesi. Dal 1980 l’economia statale ha subito aperture, e le restrizioni sui gruppi religiosi sono state limate. La classe media dell’Anatolia ha iniziato a intraprendere affari ed arricchirsi. Gülen ha incoraggiato la sua gente ad andare fuori [dalla Turchia] e specializzarsi nelle scienze. Ha instillato nei suoi seguaci quasi un’etica protestante del lavoro. Ad oggi perfino i detrattori del movimento ammettono quanto duramente lavorino i gülenisti.

I loro successi sono stati incredibili. Nel 1983, i seguaci di Gülen hanno fondato un’azienda chiamata Kaynak Holding, la quale oggi include circa 15 compagnie nel settore di vendita al dettaglio, IT, costruzioni e alimentari. La divisione centrale, Kaynak Publishing, ha all’attivo 28 case editrici. Stampa centinaia di libri per anno su Gülen, e per esso, in aggiunta a libri su soggetti come il movimento Sufi e la storia ottomana. Gli uffici della Kaynak Publishing, un bell’edificio in pietra bianca con tanto di moschea, che ha posto su una collina nella parte asiatica di Istanbul, alberga anche Akademi. Secondo il sociologo Joshua Hendrick, il quale ha passato 11 mesi facendo ricerca sul movimento di Gülen, e il cui lavoro è forse l’analisi più neutrale e articolata del movimento, Akademi costituisce il “nucleo centrale di teorizzazione” del movimento, ossia i maggiori intellettuali maggiormente vicini a Hocaefendi.

Nel 1986, i gülenisti comprarono Zaman. Feza Media Group, il quale pubblica il giornale, ha all’attivo anche un’edizione inglese, Today’s Zaman, un’agenzia di notizie, e la rivista Aksiyon. Inoltre, Feza è connesso alla Samanyolu Broadcasting, la quale possiede diverse stazioni televisive. (ecco come un portavoce per la JWF descrive la relazione fra Gülen, Kaynak e Feza: “Kaynak Holding e Feza Media Group possono essere considerate compagnie ispirate a Gülen. Nessuna di queste compagnie è controllata da Gülen, né hanno connessioni dirette con esso. Come tutti i progetti ispirati a Gülen, semplicemente dona ispirazione, motivazione, vision e alcuni principi guida.”) Nel 1996, secondo la sociologa Helen Ebaugh dell’università di Houston, la quale ha studiato il movimento, uomini incoraggiati da Gülen hanno fondato Bank Asya, ora la più grande banca islamica di Turchia, con miliardi di dollari in assets. Nel frattempo TUSKON, un’associazione di affaristi turchi, vanta 50000 aziende come membri. (”Molti dei nostri membri ammirano Gülen,” afferma Hakan Tasçi, rappresentante del gruppo a Washington DC). Nel 2002 vede la luce un’associazione di volontariato dal nome Is Anybody There? [C'è qualcuno? ndt], che distribuisce aiuti internazionali - e i cui sponsor includono Zaman, Bank Asya, TUSKON e altri gruppi ispirati a Gülen. Secondo Ebaugh, i gülenisti generalmente donano dal 5% al 20% del loro stipendio ai progetti del movimento; lei stessa ha incontrato un uomo d’affari che dona annualmente 3,5 milioni di dollari. Ogni anno, qualcosa chiamata la Conferenza Internazionale di Gülen prende vita in una città differente; nel novembre del 2010 Niagara Foundation, il cui presidente onorario è Fethullah Gülen, con l’aiuto di diverse università, ha sponsorizzato l’evento presso l’università di Chicago. Queste conferenze sono spesso partecipate da rispettati intellettuali come Reza Aslan, il popolare scrittore di Islam.

Anche se il movimento ha fatto nascere diverse organizzazioni e compagnie, le scuole sono rimaste al centro dell’orbita Gülen. A partire dal collasso dell’URSS nel 1991, Gülen ha inviato i suoi studenti nelle ex-repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, dove, a ragione, sospettava ci fosse una gioventù post-comunista bisognosa di religione. Ma non è solo in Asia centrale che Gülen gestisce scuole. Anche in paesi musulmani come Indonesia, Sudan, Pakistan, come pure in paesi non musulmani come Giappone e Messico. In totale, secondo Ebaugh, i gülenisti possiedono esplicitamente oltre 1000 scuole e università laiche in più di 100 paesi. Si concentrano su scienze e tecnologia, insegnano il turco, e, da molti, sono considerate ottime scuole. Gli uomini d’affari gülenisti costruiscono queste istituzioni e sponsorizzano dei programmi. Se mai provaste a chiedere chi finanzia tutto ciò, la risposta sarebbe: “un gruppo di affaristi turchi”, “un uomo d’affari turco”, “un Turco-americano uomo d’affari”, oppure “nostri amici turchi”.

Quando ho visitato recentemente l’Afghanistan, sono stata sorpresa di sapere che i Turchi avevano delle scuole lì fin dagli anni Novanta, pure durante il periodo talebano. Al giorno d’oggi hanno scuole non solo a Kabul, ma anche a Mazar-el-Sharif, Herat, Shebhergan, e Kandahar. Dietro la deliziosa scuola dipinta di rosa a Kabul, ci sono dei dormitori dove bambini da tutto il paese siedono di fuori, alcuni cercano con fatica di salutare in inglese. Ogni afgano con cui ho parlato a Kabul, da politici a cuochi, mi ha riferito che “la scuola turca” era la migliore in città. Mentre ce ne stavamo andando, gli insegnanti hanno consegnato al mio traduttore afgano alcuni libri di Fethullan Gülen.

Nel febbraio 2009, le finali texane per le Olimpiadi di lingua turca si sono svolte a Houston. Centinaia di studenti si contendevano posti per il round finale, che è tenuto annualmente ad Ankara e richiama iscritti da 115 paesi. Nel George R. Brown Convention Center, 2500 spettatori tifano e sventolano bandiere americane e turche. I presentatori della competizione, due personalità della TV legate alla Fox, sono entrambi vestiti con costumi “tradizionali turchi”. “Vi piace come sono vestito?” dice Mike Barajas rivolto alla folla. “Sembra un re, non è vero?” gli fa eco Melissa Wilson. Continua Barajas: “Abbiamo 4 studenti che declamano poesie. In Turco.”

Barajas e Wilson entusiasti pronunciano, sbagliando, parole in turco ma fanno molto meglio con i nomi dei giovani contendenti, principalmente perché molti ragazzi del Texas che partecipano all’evento - canto di ballate turche, messa in scena di danze folk del mar Nero - sono latinoamericani e neri. Nel momento in cui uno dei ragazzi, Dante Villanueva, recita una poesia turca veramente lunga - facendo uscire quelle strane parole di 35 sillabe in modo schietto e fluente - un uomo turco di mezz’età in mezzo al pubblico si mette a piangere.

C’è una discreta possibilità che Dante Villanueva, come molti altri ragazzi impegnati nella competizione, faccia parte di una charter school [lett. scuola a noleggio, un tipo particolare di scuola pubblica negli Stati Uniti ndt] di Gülen. Queste scuole - di cui molte hanno strani nomi come Harmony, Magnolia, Pinnacle, and Amity - sono solo una parte della cornucopia di offerte culturali che il movimento ha portato negli USA. Houston, uno degli snodi principali di Gülen nel paese, è la casa dell’Istituto Gülen; la Raindrop Turkish House, che sponsorizza le Olimpiadi succitate; e l’istituto per il dialogo interreligioso. (”Molti partecipanti alle attività dell’istituto sono ispirati dal discorso e dalle pionieristiche iniziative di dialogo del turco musulmano, studente, scrittore ed erudito Fethullah Gülen,” è il modo in cui il sito web dell’istituto spiega la connessione con Gülen). Ci sono organizzazioni simili sparse per il territorio. Sia Raindrop che l’istituto interreligioso hanno sede in un edificio di 30000 piedi quadrati chiamato the Turquois Center, il quale somiglia a qualcosa che potreste vedere ad Istanbul. All’interno, foto di Madeleine Albright, Kofi Annan, e James Baker - ciascuno dei quali ha partecipato a eventi e letture presso l’Istituto Gülen - appese con orgoglio ai muri. Una moschea si trova sul retro dell’edificio. L’anno scorso, l’edificio ha ospitato un dibattito fra i candidati alla poltrona di sindaco.

Alp Aslandogan e Ali Candir - rispettivamente, il presidente dell’istituto interreligioso e il direttore esecutivo di Raindrop - mi fanno fare un giro e mi illustrano gli schizzi per le nuove strutture. Tra le altre cose, progettano la costruzione di una moschea, una sinagoga e una chiesa, così come una replica della libreria di Efeso e del cavallo di Troia. Tutto ciò che serviva era un cartello con scritto TURCHIA sopra, e avrebbero potuto andare alla carica. “Chi paga per tutto questo?” chiesi. “Un uomo d’affari turco”, mi risposero.

Ho chiesto di visitare una charter school affiliata a Gülen e sono stata portata presso l’Harmony Science Accademy, scuola K-12 [scuola comprensiva di grado primario e secondario, ndt] e una delle 33 charter schools operative nel Texas grazie a un gruppo chiamato Cosmos Foundation. (In entrambe le charter schools che ho visitato, la Harmony e un’altra a Washington DC, le persone mi dicevano che erano nervose riguardo al fatto che le proprie scuole fossero identificate come istituzioni legate a Gülen. Dall’altra parte, però, quasi tutti i turchi che ho incontrato presso queste scuole mi hanno detto di simpatizzare, o sono stati simpatizzanti, di Gülen). “Vi chiedete mai perché questa scuola è stata fondata da un gruppo di turchi?” ho chiesto a tre madri che mi facevano da guida per il giro. “Non ne ho idea, non ci ho nemmeno mai pensato!” mi rispose una donna alta ed energica dal nome Colleen O’Brian con il suo accento texano. In una e-mail successiva, O’Brian mi ha raccontato che era “a conoscenza che alcune persone dello staff della Harmony credevano negli insegnamenti di Gülen”, ma ha anche raccontato che stata coinvolta dalle attività nella scuola per quattro anni e non ha mai notato la presenza di una “agenda alternativa”. Infatti, ciascuna delle madri era completamente entusiasta della Harmony. E la scuola era adorabile. I divani nell’atrio erano immancabilmente di foggia turca; ne avevo visti di simili nelle case ad Istanbul. Tutto era pulito. Ho notato che uno degli insegnanti turchi parlava piuttosto male l’inglese, ma questo non sembrava importare. “Mio figlio saprà come pianificare al meglio un incontro d’affari durante il Ramadan” dice O’Brian a un certo punto. “Non sapevo nemmeno che cosa fosse fino ad oggi!”

Negli ultimi mesi, alcune scuole di Gülen negli USA hanno attirato cattivi articoli sui giornali locali, amplificati dall’isteria islamofoba sulla rete. Ma entrambe i direttori delle charter school di Houston e del Texas mi hanno riferito che non hanno ricevuto nessuna lamentela sulle charter school di Gülen, e, nei fatti, molte di queste scuole rendevano di più rispetto alle altre nello stato. Il finanziamento pubblico delle charter schools proibisce corsi di religione, e i turchi di Houston che ho incontrato sembravano attenti a lasciare la propria fede a casa.

Sulla strada verso l’aeroporto, Ali Candir, il direttore della Raindrop Turkish House, ha cercato di spiegare le sue personali motivazioni in quanto gülenista. Candir ha sposato una messicana musulmana mentre stava frequentando un liceo a Città del Messico, un’esperienza che ricorda con sincera e toccante nostalgia. “Hocaefendi era solito dire che se la Turchia era considerata un tempo molto di successo, e in seguito è diventata mal considerata a livello globale,” dice, dando voce a dolorosi sentimenti verso l’impero perduto che molti turchi nutrono “devi fare qualcosa. Non puoi aspettarti di restare seduto al tuo posto mentre le cose cambiano da sole. Devi andare via e rappresentare la tua cultura e i tuoi valori in modo giusto”. La dichiarazione di Candir ha catturato un tratto che caratterizza molti dei seguaci di Gülen. Perché, allora, molti turchi sono così diffidenti verso di loro?

Nell’aprile 2010, sono andata a una escursione sponsorizzata dalla JWF a Adana, una città nel sud della Turchia, con un gruppo di giornalisti aveva fatto un viaggio in Senegal al seguito della JWF il mese precedente. Il nostro bus è arrivato agli uffici della locale clinica medica non governativa; qui, siamo stati accolti da circa 15 uomini in completo che ci hanno mostrato un film sugli ospedali che stavano sponsorizzando in Senegal e in Congo. Il film si svolgeva su note di musica melodrammatica e finiva con l’immagine di un bambino di colore che teneva in mano un palloncino rosso con una mezzaluna e una stella impresso sopra - i colori e i simboli della bandiera turca. Abbiamo poi visitato un enorme liceo in un quartiere povero della minoranza curda; abbiamo pranzato con un gruppo di 20 imprenditori i quali donano 12000 dollari al mese per il Senegal; abbiamo fatto una fermata presso gli uffici del locale giornale gülenista; e ascoltato una conferenza sui media e la società turca. Ovunque siamo andati, abbiamo ricevuto cose tipo trofei, o vasi, o dolci.

L’ultimo evento era segnato in agenda come “cena”, ma, quando siamo arrivato, ho realizzato che era più simile a un incontro sponsorizzato da un gruppo affiliato alla TUSKON. Circa 400 persone - quasi tutti uomini - sedevano ai tavoli in una sala da ballo. Un grande palco con uno schermo era stato predisposto di fronte. Io ero seduta a un tavolo riservato a sole donne, pieno per metà. Prese il via un altro film con musica strappalacrime.

Improvvisamente, ho sentito il mio nome. La donna accanto a me mi ha spinto ad alzarmi. Stupita, mi sono diretta verso l’inizio della sala, e mi sono trovata a stringere mani con alcuni imprenditori turchi mentre accettavo un altro dono, tra i flash delle macchine fotografiche. Ho sospettato che, un giorno, questa foto sarebbe potuta saltar fuori in una brochure gülenista, con me dipinta come l’ennesima simpatizzante del movimento. Mi sono voltata, esasperata, verso un rappresentante della JWF. Mi prendeva in giro. “Oh, no, ora sei parte del movimento anche tu!” scherzava. “Potrebbe rovinare la tua carriera!”

In quel momento ho capito appieno perché i gülenisti mettono a disagio molte persone in Turchia. Non era una questione di credo religioso, né il loro senso di patriottismo turco, per quanto forte, ciò che li spinge a promuovere la propria cultura dal Texas al Senegal. No, era qualcosa di diverso: qualcosa che riguarda il loro accrescimento e l’ostentazione del potere, mentre organizzano ciò che molti turchi vedono come una società parallela.

Nel 2000, Fethullah Gülen è stato accusato di aver condotto un’operazione segreta che ha minacciato l’integrità dello Stato turco. L’anno prima, è venuto a galla un video nel quale Gülen affermava: “Dovete muovervi nelle arterie del sistema, senza che nessuno sia a conoscenza della vostra esistenza, finché non raggiungerete tutti i centri di potere…dovete aspettare finché il tempo non vi avrà dato tutto il potere satale, finché non avrete portato dalla vostra parte tutto il potere delle istituzioni costituzionali in Turchia…fino ad allora, ogni iniziativa presa risulterebbe essere troppo affrettata, come rompere un uovo senza aspettare tutti i 40 giorni necessari.” Gülen negò le accuse, e ha protestato dicendo che il video era stato manipolato (la sua difesa era plausibile, dato il giro di vite da parte dei militari su vari gruppi religiosi nei tardi anni Novanta).

In quel periodo, Gülen, che soffriva di problemi di salute, è partito per l’America, dove vive da allora. Nel 2001, ha fatto domanda per una green card. Dopo molte discussioni con il Dipartimento di sicurezza interna, e con l’evidente supporto di luminari americani come l’ex ambasciatore in Turchia Morton Abramowitz, ce l’ha fatta. È stato scagionato da tutte le accuse di cospirazione in Turchia nel 2006.

Da allora, le carte in tavola hanno cominciato a cambiare nella politica interna turca. L’apice dell’autoritarismo dei laici e dei loro alleati fra i militari è finito. Con l’arrivo al potere del religioso partito della Giustizia e Sviluppo (AKP) - e, in particolare, il suo carismatico e granitico leader, Recep Tayyip Erdogan - le élite laiche sono ora sulla difensiva. Erdogan non era personalmente un gülenista. Ma entrambi hanno dei nemici comuni nelle vecchie élite. Fu quindi una questione di alleanza naturale. E perciò i gülenisti, un tempo obiettivo dello stato turco, ora si ritrovano in una posizione di potere - o così sembra ai molti turchi laici che hanno visto crescere, in questi anni, sempre e sempre più paranoia riguardo a loro.

Nel 2007, la polizia turca ha iniziato ad arrestare membri di quello che era chiamata Ergenekon per la pianificazione di azioni tese a fomentare caos, con lo scopo di far crollare il governo AKP. Più di 200 tra nazionalisti e laici - da ex-ufficiali a giornalisti, fino a rettori universitari - sono stati arrestati, e molti di essi sono ancora in prigione. I giornali hanno riportato che Ergenekon ha complottato per uccidere armeni, curdi, leaders religiosi e Orhan Pamuk, premio Nobel, tra gli altri. L’AKP, i media gülenisti, e molti liberali - i quali erano stanchi del modo in cui i nazionalisti laici hanno fermato la democrazia per generazioni - hanno visto di buon occhio i processi.

E molti degli accusati, in effetti, erano criminali che hanno a lungo terrorizzato curdi, armeni, persone di sinistra, e altri con la loro insana idea di ultranazionalismo turco. Ma qualcuno ha sollevato dubbi sul fatto che alcuni degli accusati erano innocenti, obiettivi dell’AKP, il quale stava tentando di dare un colpo finale alle élite laiche. Quando i poliziotti hanno fatto irruzione nella casa di Türkan Saylan - una dottoressa, attivista femminista, e convinta laica che in quel periodo stava morendo di cancro al seno - i sospetti riguardo le indagini si intesificarono. Inoltre, nessuna delle persone arrestate in quanto coinvolte nelle indagini è stato condannato. Lo studioso Gareth Jenkins ha fatto notare che non sussiste alcuna prova che l’organizzazione Ergenekon “esista attualmente come descritta negli atti”. Dal caso Ergenekon, ci sono stati altri casi simili, perlopiù con l’obiettivo rivolto a ex-ufficiali.

Non esisteva nessuna prova che i gülenisti abbiano giocato qualche ruolo negli arresti di Ergenekon, ma ciò non ha fermato molti turchi dall’essere sospettosi. I media gülenisti erano a conoscenza di qualsiasi piccolo dettaglio diffuso riguardo Ergenekon. Nel mentre, era diventata voce comune che erano presenti numerosi gülenisti tra le fila delle forze dell’ordine. “Non è un segreto che i casi con implicazioni politiche come quello di Ergenekon siano condotti in prima linea da membri del movimento di Gülen, sia nella polizia, che nella giustizia, che nei media” afferma Jenkins.

L’ufficiale membro del governo americano che aveva descritto la calda accoglienza data ai gülenisti dopo l’undici settembre afferma che mentre il movimento sembra benevolente di primo acchito, “poi diventa sempre più chiaro che hanno fatto breccia nell’apparato di intelligence della polizia nazionale turca, e che lo stavano usando per i propri scopi, intercettazioni e fughe di notizie per i giornali”. “C’è stata, o c’è tutt’ora, una lunga marcia attraverso le istituzioni,” afferma Bill Park del King’s College. “Anche in posti come il Ministero degli Esteri, sembra che i gülenisti stiano per fare la propria apparizione. Ciò che numerose persone mi riferiscono, in una maniera che comincio a credere, è che stiano mettendo in piedi strutture parallele all’interno delle istituzioni, che potrebbero alle volte bypassare la struttura ufficiale di cui fanno parte.”

I gülenisti negano queste accuse, dichiarano di appoggiare gli arresti di Ergenekon nel nome della democrazia, e suggeriscono che non c’è niente di sospetto sul fatto che seguaci di Gülen ora lavorino nell’apparato dello Stato. E infatti sembra spesso che entrambe le fazioni della politica turca - le vecchie élite laiche e la nuova élite religiosa - sono presi da pensieri paranoidi riguardo i rispettivi avversari.

Ciò che è innegabile, penso, è che i gülenisti non hanno aiutato la loro causa con questa parziale trasparenza. Così poco si sa su come il movimento sia strutturato, o addirittura se abbia di fatto una struttura. “Nessuna società dovrebbe tollerare queste organizzazioni così grandi e poco trasparenti,” dice Hakan Altinay, l’ex-direttore esecutivo dell’Open Society Foundation in Istanbul. “C’è bisogno di maggiori informazioni su chi sono, che cosa dichiarano come obiettivi, direzione, e qualcosa di simile a un rapporto sulle finanze.” Il giornalista Asli Aydintasbas, che loda le scuole connesse con Gülen e la visione moderata, da parte del movimento, dell’Islam, cionondimeno nota che “non sono un partito politico, quindi non posso votare per farli entrare o per farli uscire.” Süheyl Batum, un esperto della costituzione e l’ex-presidente dell’università Bahçesehir di Istanbul, la mette in questo modo: “Non penso che un gruppo così chiuso e influente sia una cosa buona per la democrazia”.

I gülenisti hanno un gran numero di risposte riguardo queste critiche sulla trasparenza. Alcuni ammettono che il movimento potrebbe aver bisogno di diventare più trasparente, ma altri prendono una linea dura. Quando mi rivolgo ad un gruppo di uomini della JWF dicendo che i loro critici vorrebbero che essi si dichiarino esplicitamente parte del movimento di Gülen, uno di essi replica duramente, “Perché? Io supporto le idee di Gülen, e supporto le idee di Kant. Dovrei indossare un cartello che dice che io supporto le idee di Kant?” Alle volte, giustificano la loro ritrosità citando paure di persecuzione. Ma questa difesa sembra oramai sorpassata, rimasta a quando le élite laiche avevano molto più potere di quanto non abbiano oggi.

Nei fatti, uno studio del 2009 pubblicato dalla OSF e scritto da Binnaz Toprak, un rispettato sociologo, ben conosciuto per le sue simpatie verso i diritti dei credenti, ha condotto centinaia di interviste con persone per tutta l’Anatolia, molti dei quali si lamentavano che quegli affiliati al movimento di Gülen sono discriminatori verso coloro che non lo sono. Gli affaristi si sentono obbligati a farsi vedere con giornali gülenisti, e chi non supporta l’AKP o la comunità Gülen non può vincere contratti con lo stato, ha aggiunto qualche interpellato.

Che cosa vogliono i gûlenisti? Uno di loro mi disse che l’obiettivo del movimento era il “miglioramento dell’umanità”, ma questa non sembra tutta la storia. Agli inizi, sembrava che il movimento rispondesse a un certo tipo di contesto. Gülen aveva scoperto che al centro della Repubblica turca laica c’era un vuoto disperato. La gran parte della popolazione aveva bisogno di credere in qualcosa più di Atatürk o nei valori occidentali. La storia del movimento di Gülen assomiglia parecchio alla storia dell’evoluzione della Turchia: musulmani religiosi usano imprese capitaliste per lasciare un’impronta in un paese dove in precedenza erano stati lasciati indietro. Questi turchi sono stati ispirati dalle esortazioni di Gülen di dichiararsi membri a tutti gli effetti della società turca. L’obiettivo del movimento “non è edificare uno Stato islamico,” scrive Joshua Hendrick. “Uno sviluppo in questo senso sarebbe contro all’obiettivo reale, cioè il potere sociale.” Come mi disse un accademico turco nel 2007: “Perché dovrebbero voler prendere lo Stato? Hanno media, scuole, affari e la società. Perché avrebbero bisogno dello Stato se possiedono tutto il resto?”

I gülenisti sembrano inoltre mossi da un senso nazionalistico e un desiderio di lustrare l’immagine turca. “Dove sta il senso, ad esempio, nei ragazzini africani che imparano l’inno nazionale turco, o i ragazzini americani che guardano partite di calcio con le squadre più forti della Turchia ed essere portati per dei viaggi ad Istanbul?”

chiede Park. “La Turchia non ha ancora la copertura politica, economica e culturale per restare sul pezzo riguardo tutto ciò, ma si può presumere che ci sia una partita in corso a lungo termine - cioè che il movimento sta mettendo la Turchia al centro di una mappa culturale e ponendo le basi per una grande presenza economica e politica da parte della Turchia nel lungo periodo.”

Questo tipo di nazionalismo non sembra particolarmente problematico. Ciò che i gülenisti devono ancora capire è che quando un movimento relativamente non-trasparente comincia a darsi un tono politico, questo rende le persone nervose - perfino all’interno del movimento. E negli ultimi anni, Fethullah Gülen è infatti divenuto una forza politica in Turchia - potente e fiducioso abbastanza da poter anche contraddire i propri alleati nell’AKP. Quest’estate, è intervenuto deplorando la manovra della flotta turca di tentare di raggiungere Gaza via mare, al contrario del Primo ministro Erdogan, che l’ha lodata. Erdogan non ha dubbi nonostante questa sfida alla sua autorità. Ha ancora bisogno del movimento di Gülen al suo fianco. Zaman, le stazioni TV, e la JWF che spingono la linea politica dell’AKP, ed esercitano un sacco di influenza. Quando due messi fa è passato un referendum costituzionale supportato dall’AKP - con un forte supporto di Gülen e delle sue agenzie media - Erdogan ha avuto cura di riconoscere l’investitura che ha ricevuto dagli “amici oltreoceano”. Tutti in Turchia sapevano di chi stava parlando.

Oggi, giustamente o no, i laici di Turchia passano i propri giorni guardandosi alle spalle. Ho incontrato tantissime persone che non vogliono parlare di Gülen al telefono. I giornali d’opposizione non scrivono critiche su Gülen; ciò che sembra unanimamente riconosciuto da alcuni giornalisti non verrà mai scritto sui loro giornali. Forse è solamente paranoia, ma ciò che visto dipinto sui visi di alcuni liberali laici è qualcosa di simile alla paura. “È diventato [Gülen] così influente nel governo e nelle forze dell’ordine e noi dei media nazionali siamo per così dire intimiditi da questo nuovo, mitologico potere che hanno,” dice un redattore turco che scrive per un giornale che va per la maggiore. “Dal processo Ergenekon, c’è una regola non scritta che dice di non criticare Gülen. Non ci impicciamo con lui. C’è un sentore come se potesse orchestrare l’assassinio di qualcuno, e nessun giornalista che ha a cuore la propria immagine vuole prendere questo rischio.”

L’estate scorsa, un’ex-ufficiale dell’intelligence della polizia di nome Hanefi Avci ha pubblicato un libro sul movimento di Gülen. Il figlio di Avci ha frequentato le scuole di Gülen, e lui stesso ha vissuto in quei dormitori. Nel libro, ha aggiunto che la rete gülenista ha iniziato a costruire un apparato parallelo all’interno della polizia e del sistema giudiziario. Il libro ha suscitato clamore. Avci ha sostenuto che aveva prove a sostegno della sua tesi.

Poi, a settembre inoltrato, Avci è stato arrestato con l’accusa di far parte di un’organizzazione radicale di sinistra, chiamata Revolutionary Headquarters. Tutto è possibile, certo, e in Turchia sembra sempre che ci sia qualche gruppo schizzato che aspetta nuovi membri. Ma a questo punto, per la prima volta, anche alcuni dei simpatizzanti di Gülen hanno iniziato a chiedere, pubblicamente, cosa diavolo stesse succedendo. Qualche giorno dopo, dal placido Golden Generation Worship and Retreat Center in Pennsylvania, è arrivato un commento pubblico da Hocaefendi stesso, caso più unico che raro. Rivolgendosi a molti soggetti, ha risposto alle accuse di Avci, affermando, in parte, “Possa Dio perdonare i suoi peccati.”

Traduzione a cura di Kristian Tarussio, Associazione Lapsus

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