Via libera a un primo, minimo sblocco delle sanzioni all'Iran: la
Repubblica islamica riceverà mensilmente, a partire dal primo febbraio,
gran parte dei 4,2 miliardi di dollari di beni previsti dall'accordo
divisi in tranche da 550 milioni. I fondi congelati nei conti esteri
iraniani ammontano a circa 7 miliardi di dollari e sono stati bloccati
dalle misure punitive imposte da Stati Uniti e Unione Europea. A
rivelare la manovra, è stato ieri un funzionario dell'amministrazione
americana all'AFP, spiegando che i pagamenti saranno distribuiti
nell'arco di 180 giorni a partire dal prossimo primo febbraio.
Lo sblocco dei primi fondi iraniani congelati è parte dell'accordo sul
nucleare firmato il 24 novembre scorso da Teheran con le potenze del 5+1
(Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia + Germania): la Repubblica
islamica, in cambio dell'alleviamento delle sanzioni, si è impegnata a
non arricchire uranio sopra il 5 per cento, neutralizzare il 20 per
cento delle scorte di uranio già arricchito e di non realizzare altre
centrifughe, oltre a subire ispezioni a sorpresa dell'Agenzia Onu per
l'Energia Atomica (Aiea) in tutti i siti iraniani, nell'ambito del Protocollo
aggiuntivo al Trattato di non-proliferazione nucleare.
L'accordo entrerà in vigore il 20 gennaio prossimo: verranno
decongelate quote di 550 milioni di dollari ogni 33-34 giorni, l'ultima
sarà rilasciata intorno al 20 luglio. Inoltre, il primo marzo è previsto
un versamento di 450 milioni di dollari in cambio della diluizione, da
parte iraniana, della metà delle sue riserve di uranio arricchito al 20
per cento al 5 per cento. Il 15 aprile Teheran riceverà una seconda
tranche di 450 milioni per diluire la seconda metà dello stock, il più pericoloso agli occhi del 5+1.
Eppure non è ancora scampato il pericolo di nuove sanzioni, dopo che alla fine di dicembre un
gruppo di 26 senatori americani (13 repubblicani e 13 democratici)
aveva proposto di applicare nuove misure punitive al primo passo falso
compiuto da Teheran nell'ambito dell'accordo: la proposta aveva
infatti innervosito il presidente americano Barack Obama fino a fargli
ventilare l'ipotesi di un suo veto, preoccupato che l'annuncio avrebbe
compromesso la fragile intesa con Teheran alla quale si è giunti dopo
due mesi di colloqui. Il Senato voterà comunque nel mese di gennaio: che
ottenga la maggioranza o meno, che Obama eserciti o no il suo veto, la
mossa rischia di fare il gioco degli ultraconservatori iraniani ostili
al negoziato. E di mettere in pericolo l'accordo.
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