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10/01/2014

Tunisia, nuovo governo e nuova Costituzione


La Tunisia entra nella fase finale di transizione verso un sistema democratico con le dimissioni, ieri, del primo ministro Ali Larayedh, esponente del partito islamico Ennahda al potere dal 2011.

A pochi giorni dal terzo anniversario (14 gennaio) della fine del regime dell'ex presidente Ben Ali, costretto a fuggire sotto la pressione di una rivolta popolare che ha dato inizio alle cosiddette primavere arabe, è entrato in carica il governo tecnico, formato da indipendenti e guidato dal ministro dell'Industria uscente Mehdi Jomaa. Una candidatura prevalsa dopo settimane di trattative tra il partito di governo Ennahda, l'opposizione e le forze sociali, tra cui il potente sindacato UGTT che ha svolto un ruolo cruciale nel negoziato.

Jomaa dovrà traghettare il Paese alle elezioni, mentre l'Assemblea costituente sta definendo il testo di una Carta che si sta rivelando più laica e progressista del previsto, decretando la vittoria delle pressioni dei laici sui voleri della maggioranza islamica di Ennahda. Dalla nuova Costituzione restano fuori il reato di apostasia e la sharia come fonte del diritto. Inoltre, proprio negli ultimi giorni la Tunisia ha decretato nella sua carta fondamentale l'uguaglianza tra uomo e donna, una vera novità nel panorama arabo.

L'articolo 20 approvato all'inizio del mese ha stabilito che "Tutti i cittadini e le cittadine hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Sono uguali davanti alla legge senza discriminazione alcuna". Ma è andato oltre l'articolo 45 che attribuisce allo Stato la responsabilità di tutelare e promuovere i diritti delle donne, di realizzare l'uguaglianza tra uomo e donna in tutti i campi e di contrastare la violenza sulle donne. Scelte che si collocano nel solco della tradizione laica tunisina: nel 1956, infatti, Tunisi ha adottato un Codice di Stato personale che garantisce alle donne il diritto al voto e a candidarsi, che ha abolito il ripudio e la poligamia e ha introdotto il divorzio e l'aborto. La nuova Costituzione dovrà essere approvata con una maggioranza di due terzi dei voti, altrimenti sarà sottoposta a referendum.

Il cammino intrapreso dalla Tunisia dopo la rivolta del 2011 non è però facile, sebbene il Paese stia vivendo una transizione più pacifica che in Egitto. I problemi economici hanno portato in piazza migliaia di persone e anche negli ultimi giorni ci sono state proteste popolari, soprattutto nelle cittadine meridionali, contro gli aumenti previsti nella finanziaria 2014 . Negli ultimi mesi, inoltre, due omicidi eccellenti e due attentati kamikaze, senza vittime, hanno gettato l'ombra del terrorismo di stampo islamista sulla Tunisia.

L'omicidio di uno dei maggiori critici del governo, Chokri Belaid, lo scorso febbraio, ha provocato proteste e, infine, le dimissioni dell'ex premier Hamadi Jebali, di Ennahda. Poi, l'assassinio del deputato dell'opposizione Mohamed Brahmi per mano, accusa l'opposizione, di gruppi jihadisti ha scatenato altre proteste contro Ennahda, accusato di non essere stato in grado di contrastare l'espansione delle fazioni islamiste e di non avere saputo affrontare la crisi economica. E quando si è aperto un dialogo nazionale per porre fine allo stallo istituzionale, due attentati suicidi hanno scosso un Paese tra i più laici dell'area.

Lo stallo istituzionale appare ormai superato e quest'anno i tunisini dovrebbero tornare alle urne, per la seconda volta dalla caduta di Ben Ali. Ma è la ripresa economica la sfida dei prossimi mesi e dei prossimi governi. La disoccupazione tra i giovani è a livelli altissimi, oltre il 30 per cento, e l'economia del Paese cresce a ritmi troppo lenti, mentre le disuguaglianze aumentano.

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