Il governo siriano ha fatto sapere che parteciperà alla seconda
tornata di negoziati per porre fine a tre anni di guerra civile, con il
suo carico di oltre 120.000 morti e milioni di sfollati.
La ripresa dei colloqui a Ginevra è fissata per il 10 febbraio e ci
sarà anche l’opposizione, quella rappresentata dalla Coalizione
nazionale siriana. Ma il dialogo diretto tra la delegazione
inviata dal presidente siriano Bashar al Assad e i suoi oppositori non
ha sortito gli effetti sperati alla fine del primo round, chiuso il 31
gennaio: la guerra non si è mai fermata, l’emergenza umanitaria persiste e le posizioni delle due parti paiono inconciliabili.
Assad ha puntato l’attenzione sul contrasto al terrorismo, su quella
variegata galassia di gruppi armati di stampo jihadista, in cui militano
diversi mercenari stranieri, che hanno preso piede in Siria e spesso si
scontrano con le fazioni ribelli più laiche oltre che con le truppe
governative. “Riportare la pace e la stabilità nella Repubblica
araba di Siria richiede la fine del terrorismo e delle violenze”, ha
detto il viceministro degli Esteri di Damasco, Faisal al Meqdad.
L’opposizione, dal canto suo, preme affinché si formi un governo di
transizione senza Assad, ipotesi rigettata dalla delegazione a
Ginevra. Lunedì le parti siederanno di nuovo al tavolo delle trattative,
sotto l’egida del mediatore internazionale dell’Onu e della Lega Araba,
Lakhdar Brahimi.
Intanto, sul campo di battaglia si continua a combattere. Ad Aleppo i
ribelli hanno preso il controllo della prigione, liberando centinaia di
detenuti. Secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti umani,
l’assalto al carcere è stato messo a segno dalle Brigate Ahrar al-Sham e
dai qaedisti del Fornte al Nusra. La Tv di Stato ha però
diffuso la notizia che le forze governative “hanno sventato l’attacco
dei terroristi”. Negli ultimi cinque giorni oltre 250 persone sono morte nella
sola Aleppo – secondo dati forniti dall’opposizione – a causa dei barili
esplosivi sganciati dagli elicotteri governativi su quartieri
controllati dai ribelli.
È invece più chiara la situazione a Homs, dove ieri è stato
raggiunto un accordo tra ribelli che la occupano e le forze del regime
per dichiarare una tregua umanitaria che consentirà a centinaia di
civili di lasciare la città sotto assedio dal 2012. Gli aiuti umanitari possono finalmente essere distribuiti alla popolazione martoriata da oltre 600 giorni di assedio delle forze governative.
Ma non potranno lasciare Homs gli uomini tra i 15 e i 55 anni, perché
potrebbero essere combattenti. Un primo accordo per l’evacuazione di
donne e bambini era stato annunciato il mese scorso da Brahimi durante i
colloqui di Ginevra 2, ma si sta materializzando soltanto in queste
ore.
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