Il leader del gruppo islamista e beduino Ansar Bait al Maqdis, Shadi
al-Menei, è stato ucciso ieri notte in uno scontro a fuoco a Maghara,
nella Penisola del Sinai dove la milizia è particolarmente attiva.
L’organizzazione ha rivendicato negli ultimi mesi numerosi attacchi, uno
dei più noti quello al bus di turisti sudcoreani fatto saltare in aria
lo scorso febbraio.
Le forze militari egiziane hanno aperto il fuoco contro
quattro uomini a bordo di un’auto, sospettati di voler compiere di lì a
poco un attacco contro un gasdotto. Ma le notizie per ora non sono
chiare: altre fonti affermano che al-Menei è stato ucciso da 15
miliziani di un gruppo rivale per vendetta. Secondo quanto riportato in
un comunicato stampa dell’esercito pubblicato su Facebook, invece, i
militari egiziani avrebbero compiuto un’operazione in cui hanno perso la
vita sei miliziani. Nel comunicato non si fa il nome di al-Menei, ma
diversi ufficiali dell’esercito hanno fatto sapere alla stampa che il
leader del gruppo è stato ucciso.
Dopo la deposizione di Morsi da parte dell’esercito egiziano, il 3
luglio 2013, le proteste dei sostenitori islamisti non si sono mai
fermate e sono state affiancate ad attentati terroristici e attacchi a
basi e checkpoint militari da parte di gruppi armati di ispirazione
qaedista. Tra questi il temibile Ansar Bait al Maqdis, creato
nel 2011 dopo la caduta di Mubarak, accusato di aver provocato la morte
di oltre 200 soldati e ufficiali egiziani: gruppo salafita di
ispirazione qaedista, pur non avendo mai accettato la partecipazione
della Fratellanza alle elezioni egiziane, avrebbe poi sostenuto il
gruppo.
È attivo in Sinai, uno dei terreni caldi dello scontro tra Stato e milizie: a
monte non solo la caduta di Morsi, quanto piuttosto le condizioni di
vita nella Penisola, da sempre lasciata ai margini politici ed economici
del Paese. Scarsissimi investimenti, infrastrutture
insufficienti e dura repressione delle attività non legali portate
avanti dalle comunità beduine, contrabbando in primis.
Ad aprile una corte del Cairo ha definito il gruppo organizzazione terroristica,
dopo la petizione mossa dal parlamentare Ibrahim Mahlab nei confronti
del presidente ad interim Adly Mansour. Nei giorni precedenti anche Gran
Bretagna e Stati Uniti avevano aggiunto la milizia nella lista delle
organizzazioni terroristiche internazionali.
La sola risposta alla sollevazione del Sinai è la forza: Il
Cairo ha lanciato nei mesi scorsi campagne militari per “estirpare il
terrorismo” e ridare sicurezza all’area e al Paese. Tra le politiche
attuate, ci sono le dure restrizioni nei confronti della Striscia di
Gaza: il nuovo governo egiziano accusa Hamas di sostenere
militarmente e finanziariamente i gruppi islamisti attivi in Sinai,
attraverso i tunnel sotterranei che collegano la Striscia all’Egitto.
Come conseguenza, oltre 1.100 tunnel sono stati distrutti dall’esercito
egiziano, il valico ufficiale di Rafah viene aperto sporadicamente e ai
pescatori gazawi è impedito avvicinarsi alle acqua territoriali
egiziane.
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