Alcune basi delle milizie islamiste sono state bombardate ieri dalle forze dell’ex generale Khalifa Haftar a Bengasi, il capoluogo della regione orientale della Cirenaica. Secondo l’edizione online del quotidiano Libya Herald, i bombardamenti hanno colpito postazioni della Brigata 17 febbraio e di Ansar al Sharia nei quartieri di Gwarsha e di Hawari. L’offensiva delle forze di Haftar è scattata nella seconda parte di una giornata segnata a Bengasi da sporadici scontri a fuoco. L’ex generale, sostenuto dagli Stati Uniti e che ha come modello la giunta militare egiziana, è sostenuto da buona parte dell’esercito del paese e da alcuni signori della guerra ma non dal governo di Tripoli, che nei giorni scorsi lo ha accusato di mire golpiste.
La situazione, definita “imprevedibile” e “instabile” da Washington, ha spinto il dipartimento di Stato degli Stati Uniti a diramare una nota che “raccomanda a tutti i concittadini di essere estremamente prudenti e di lasciare immediatamente la Libia”. Nello stesso comunicato Washington sottolinea il rischio concreto di “rapimento, attacchi e uccisioni mirate” ai danni dei cittadini statunitensi. Intanto Washington ha inviato nei pressi delle coste libiche una nave d’assalto con un bordo un migliaio di elementi dei Marines, pronti a procedere all’eventuale evacuazione dell’ambasciata di Tripoli o, se necessario, a operare sul territorio del paese a difesa dei propri interessi strategici.
Da parte sua Mohammed al Zahawi ha accusato gli Stati Uniti di “aver trascinato la Libia nella guerra e in un bagno di sangue”. Il leader del gruppo qaedista Ansar al Sharia ha puntato il dito contro Washington per il suo sostegno al generale Khalifa Haftar che con la scusa di voler eliminare gli “elementi terroristi” attivi in Libia ha scatenato nei giorni scorsi le proprie truppe contro diversi nemici politici e si è impossessato di fatto del potere nel paese. Il capo di Ansar al Sharia ha avvertito gli Stati Uniti “del rischio intercorso in caso di nuova ingerenza interna (…) per la quale potrebbero subire una sorte peggiore rispetto a quella patita in Somalia, Iraq e Afghanistan”. A Haftar è stato invece ordinato di “fermare la sua campagna militare” per non scatenare una reazione dei combattenti di tutta la regione, “che potrebbero raggiungere la Libia per battersi come in Siria” (dove però le milizie qaediste sono state a lungo alleate o tollerate dall’amministrazione di Washington).
Nei giorni scorsi il quotidiano New York Times ha rivelato che da un anno l’esercito statunitense “sta addestrando in segreto unità di lotta al terrorismo in Africa” in Libia, Niger, Mali e Mauritania. In una base di addestramento in Libia, però, i miliziani islamisti sarebbero riusciti a portare via centinaia di armi automatiche e altri equipaggiamenti militari.
Inoltre un gruppo di uomini armati ha attaccato ieri un'unità del ministero degli Interni libico responsabile della protezione del governo. Lo ha annunciato lo stesso esecutivo di Tripoli, con una nota in cui si spiega che l'attacco è stato eseguito nella notte da alcuni "fuorilegge" in un quartiere della capitale.
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