di Carlo Musilli
Si chiama Abubakar Shekau e da qualche settimana è la nuova icona del
terrorismo islamico. Capo di Boko Haram, organizzazione jihadista
nigeriana che ha ucciso circa 3mila persone negli ultimi cinque anni, ha
raggiunto la fama internazionale lo scorso 14 aprile, data del
sequestro di oltre 200 ragazze nel dormitorio di una scuola vicino al
confine con il Camerun (da cui la campagna virale #BringBackOurGirls).
La settimana scorsa, inoltre, i suoi uomini hanno fatto esplodere una
bomba nel più grande mercato di Jos, città al centro della Nigeria,
uccidendo più di 120 persone.
Da dove arrivano e cosa vogliono
Abubakar Shekau e la sua Boko Haram? Per rispondere a queste domande si
può rispolverare ancora una volta l'immagine banale e idealizzata (ma
comodissima) che dal 2001 si associa al terrorismo islamico. Il
ritornello è lo "scontro di civiltà", il fine ultimo sempre lo stesso:
uccidere gli infedeli e imporre la Shari'a come unica legge. Ma se
davvero è tutto così semplice e lineare, da dove arrivano i soldi?
L'organizzazione
nigeriana è una realtà locale, eppure ha una struttura evidentemente
manovrata dall'alto e dispone di risorse impossibili da ottenere solo
attraverso scorribande, rapimenti e saccheggi. Secondo un'analisi
pubblicata da Mondafrique.com e firmata da Alain Chouet,
ex-ufficiale dei servizi segreti francesi, la maggior parte dei fondi
"non può che arrivare dai ricchi sponsor stranieri interessati per varie
ragioni alle attività del movimento". Chi, in particolare? "Non è un
segreto per nessuno - scrive ancora Chouet - che i finanziatori del
jihadismo internazionale si trovino nelle ricche petro-monarchie della
Penisola arabica". Si tratterebbe perciò di donatori privati, attivi
nell'industria del petrolio e assai preoccupati dagli sviluppi politici
in Nigeria.
L'attività di Boko Haram, infatti, s'inserisce in un
doppio contesto: i complessi rapporti politici e militari fra il Nord
musulmano (che rappresenta il 45% della popolazione) e il sud cristiano e
animista (rispettivamente il 35 e il 20%), portano con sé la lotta per
il controllo dei giacimenti di petrolio (di cui il Paese è il sesto
maggior esportatore al mondo), localizzati principalmente nella Nigeria
meridionale.
Negli ultimi 15 anni di para-democrazia dopo le
elezioni libere del 1999, le élite del Nord musulmano - che storicamente
controllavano i posti di maggior responsabilità nell'esercito e
nell'amministrazione dello Stato - hanno progressivamente smarrito la
propria capacità di dominare il Sud, perdendo il controllo delle rendite
legate agli idrocarburi, che - fra l'altro - permettevano di comprare
la fedeltà politica delle stesse popolazioni del nord.
Questo
fenomeno ha contribuito in modo decisivo alla costituzione di gruppi
estremisti, primo fra tutti Boko Haram, nato nel 2002. Lo sviluppo e la
lunga sopravvivenza di questi movimenti, invece, si devono al denaro in
arrivo dall'estero, dove l'inversione dei rapporti di forza in Nigeria
ha alimentato il timore che il Paese potesse allontanarsi dalla sfera
d'influenza della dell'Opaep (l'Organizzazione dei Paesi arabi
esportatori di petrolio).
In sostanza, la paura delle
petro-monarchie (e delle majors loro clienti) è che una Nigeria
controllata dal Sud non musulmano possa lanciarsi in forme
d'indipendentismo economico e politico contrarie agli interessi arabi,
come il frazionamento della proprietà dei giacimenti, o peggio la loro
nazionalizzazione, o ancora il rifiuto di rispettare le quote di
produzione volte a mantenere il prezzo del petrolio al massimo della
capacità di sopportazione dei mercati internazionali.
Oltre agli interessi e ai finanziamenti esterni, esistono poi una serie
di fattori interni che hanno favorito il successo di Boko Haram, pur non
avendo nulla a che fare con la contrapposizione musulmani-cristiani.
"Corruzione, ingiustizie e delusione per il fatto che la fine del regime
militare e 15 anni di democrazia non hanno migliorato le condizioni di
vita - spiega Matthew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto, in una
dichiarazione pubblicata su L'Espresso - sono diventate una
miscela esplosiva, anche a causa delle esecuzioni sommarie e degli abusi
dell’esercito. Che Boko Haram si richiami alla religione è inevitabile,
perché in Nigeria la religione è l’unico segno di appartenenza
comprensibile a tutti".
E' probabile che anche il valore dei
petroldollari sia comprensibile a tutti, in Nigeria come nel resto del
mondo. Ma a spiegare ogni cosa soltanto con la furia della jihad si fa
molto prima.
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