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27/05/2014

La maggioranza dell'elettorato ha bocciato Renzi e il suo governo

Dato che i partiti sempre più spudoratamente ricercano solo la spartizione del potere, nelle analisi del risultato elettorale le percentuali divengono il bene assoluto perché è da questo dato che discende il numero di poltrone conquistate. Tutto ciò prescindendo ovviamente dal consenso reale dei cittadini e delle cittadine. A sinistra invece “dovrebbe” (il condizionale è d’obbligo, dato l’attuale stato di salute culturale della stessa) interessare prioritariamente un’analisi del pensiero e della coscienza che hanno determinato il comportamento elettorale, articolandolo per i vari strati sociali ed, in particolare, analizzando quello che una volta si chiamava il blocco sociale di riferimento, cioè “il lavoro dipendente” nel senso ampio della sua accezione.

Questa riflessione non deve prendere in considerazione le “medie del pollo” ma i comportamenti dei singoli e delle singole, che poi nell’insieme determinano i grandi processi politici.

E’ bene partire da un dato volutamente ridimensionato dai formatori del pensiero mediatico: i voti reali dati all’insieme delle liste in campo nelle elezioni europee rappresentano solo il 55 % dell’intero elettorato. All’astensionismo, infatti, si aggiunge un ulteriore 3% di schede bianche o nulle.

Al contrario, nei commenti presenti sulla stampa del post voto sono inseriti innumerevoli “falsi storici” per produrre un riflesso condizionato (e non ragionato) nella gente alla lettura dei dati. La prima contraffazione della realtà è l’affermazione che non vi sia stato un aumento dell’astensionismo. Falso. Pur attestandosi la somma dei voti alle liste sopra il 50%, si registra che l’aumento del non voto è un trend che non si arresta neppure questa volta, raggiungendo il suo massimo storico. Per i mezzi di disinformazione di massa sottacere l'ampio rifiuto degli elettori a esprimere un voto è funzionale ad enfatizzare il successo del PD, garante oggi della stabilità e del rispetto degli impegni presi con l’Europa.

Il risultato delle Elezioni europee del 2014 registra un innegabile successo (tra i votanti) del PD di Renzi, ma questo partito raccoglie solo il 22% di consenso sull’intero elettorato.

Quindi, il titolo di un quotidiano che urla “PD mai così forte” o, addirittura, Repubblica che sentenzia “Polverizzato il 34% di Veltroni” è un falso storico. Veltroni, che tutti ricordano per la sonora sconfitta del 2008 (solo sei anni fa…) prese un milione di voti in più di Renzi.

Quindi l’ex sindaco di Firenze vince ma sulle macerie della partecipazione democratica.

Il Messaggero, per rendere “storico” il voto all’attuale gruppo dirigente PD, sentenzia che questo dato avrebbe surclassato i picchi massimi del PCI che si sarebbe fermato solo al 34%. Falso. I Comunisti nel 1976 raccolsero 12.614.650, 1,3 milioni di voti più di oggi, e rappresentavano ben il 31% degli aventi diritto e non il 22%. Un avente diritto su tre allora votò Comunista. Non uno su cinque come oggi.

Guardando al governo, sommando i voti del PD a quelli di Alfano e Monti, si arriva a poco più del 25% degli elettori. Un governo quindi “pienamente legittimato” a cambiare la Costituzione votata dai Costituenti!

Leggo sulla rete commenti sconfortati di compagni e compagne che imprecano contro gli italiani comprati con 80 euro e che, con il voto, hanno sostenuto tutte le “malefatte” di Renzi, etc.

Forse faremmo bene a guardare a ben 22 milioni di persone che non hanno espresso alcun voto.

Inoltre è innegabile che anche Il Movimento 5 stelle abbia avuto un significativo arretramento: dall’anno scorso si sono ridotti di 3 milioni i voti a questo movimento. Comunque è un dato da non sottovalutare il fatto che ai 22 milioni di non votanti si aggiungano 5,7 milioni di elettori che esplicitamente esprimono una posizione di dissenso nei confronti dell’attuale governo ed anche in probabile disaccordo con le scelte dell’Unione Europea.

Infine la lista Tsipras. E’ certamente positivo che l’impegno di migliaia di militanti sia stato ricompensato con il risultato di superare il quorum imposto dal Democratico Veltroni. Ma non si può purtroppo parlare di successo. Anche qui continua la diaspora a sinistra di voti. Un anno fa Sinistra Ecologia Libertà e Lista Ingroia insieme raccolsero 1,8 milioni di voti; oggi siamo a 1,1 ed anche aggiungendo i 179 mila voti di Italia dei Valori sono comunque mezzo milione di voti persi in un anno. Oggi la sinistra raccoglie 1,1 milione di consensi su 49 milioni di potenziali elettori: troppo poco spero per gratificarci e soprattutto per accontentarsi.

Avendo citato il partito fondato da Di Pietro va ricordato che alle passate Europee prese ben 2,4 milioni di voti. Una grande quantità di voti persi in una sola legislatura. Così come sono una cifra enorme i quasi 3 milioni di voti persi da Grillo o i 2,5 milioni persi dalla lista Monti in un solo anno. Tutto il centro e tutta la destra (esclusa la lega) insieme nel 2013 presero più di 12 milioni di voti, oggi tutti insieme raggiungono poco più di 7 milioni. Una ecatombe in un solo anno di cui solo 300 mila voti vanno alla Lega.

Impressionante il crollo di Berlusconi: più di 6 milioni di voti lo hanno abbandonato dal 2008 a oggi. Ma anche l’altalena del PD da 2008 a oggi non è poca cosa. 12 milioni di voti nel 2008, 8,6 nel 2013, 11 milioni 2014)".

Che significa tutto ciò? Che oltre alla crescente disaffezione al voto vi è una forte “mobilità” elettorale.

Mobilità e non voto che sono figli della mancanza di rappresentanza politica radicata nella rappresentanza di interessi di classe.

Oggi una piccola parte della società, la più garantita o anche la più ricattata ancora si reca alle urne, sostenendo una continuità magari all’interno di una richiesta di maggior razionalità. Ma una parte importante della società, ormai maggioritaria, non si riconosce in questo sistema politico istituzionale.

Certamente, chi soffre maggiormente del vuoto di rappresentanza politica e sociale è il mondo del lavoro sia esso attivo, disoccupato o pensionato.

Spero che a sinistra alla luce di questi dati, gratificati di tre strapuntini a Bruxelles (con annessi rimborsi elettorali) non si ritorni al politicismo becero di questi ultimi anni, capace solo di commentare l’ultimo articolo di Repubblica o partecipare alle trasmissioni di Santoro (oltre che ovviamente a litigare tra noi).

In questo paese, come abbiamo visto, ci sono 28 milioni di persone (probabilmente molte di più se sommiamo chi ha votato il meno peggio) che sono in “cerca di autore”.

Il lavoro che ci aspetta è il più complesso, se si vuole riaggregare questa diaspora. Occorre coniugare conflitto sociale per difendere le condizioni materiali con una profonda rivoluzione culturale che inverta decenni di egemonia della destra basata su competitività, egoismo, individualismo.

Il conflitto come la coscienza dei propri interessi di classe richiede una partecipazione attiva e individuale. La sintesi è collettiva. La realizzazione del conflitto è frutto di un governo dei processi sociali. Ma nella cultura e nel conflitto non c’è delega.

Solo partendo da queste fondamenta possiamo ricostruire un contenitore che non solo sia credibile, ma soprattutto sia anche efficace.

Perché oggi che le elezioni sono alle spalle è bene riflettere che non esistono miracoli in politica ma si raccoglie solo ciò che si è seminato. E se qualche volte va meglio di altre, se non si hanno radici nella rappresentanza sociale, si è anche noi solo una “moda”… rapidamente sostituita dal nuovo oggetto del desiderio creato dal quel circo mediatico costruito sul motto “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi".

Maurizio Scarpa
26 maggio 2014


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