Sappiamo dai giornali suoi “amici” che il governo italiano avrebbe
già prenotato 40 dei 300 miliardi promessi da Jean-Claude Juncker come
base per finanziare investimenti in tutta l'Unione Europea, in modo da
rivitalizzare una strauttura economica asfittica e tramortita da anni di
austerità e tagli ai bilanci pubblici.
La domanda è però: da dove verranno prelevati quei 300 miliardi? Non
dai bilanci comunitari, perché lo stesso Juncker ha garantito (ai
tedeschi in primo luogo) che non farà aumentare il debito pubblico della
Ue. E quindi?
“I 300 miliardi li troveremo con i road show a New York, Londra,
Singapore e Shanghai”. La voce che esce da Bruxelles dà un risposta
chiara, anche se ovviamente rende quella cifra – 300 iliardi – un
semplice wishful thinking. Ovvero “speriamo che ce li prestino”.
Per riuscirci verranno perciò realizzati dei carrozzoni pubblicitari,
composti da autorità comunitarie, ministri nazionali, decine di
imprenditori dei diversi paesi, da far girare nelle capitali dei paesi
che si suppone dispongano di liquidità in surplus. Questo e non altro
significa l'espressione “road show”... E si può star tranquilli che si
troverà ascolto attento a Singapore o in Cina, molto meno a New York e
Londra (attanagliate da problemi nazionali molto seri, come dimostrano
le catastrofi di Obama e il movimento degli studenti inglesi). Ma non si tratterà – se ne può star certi – di “regali”.
Le indiscrezioni vengono registrate attentamente dal quotidiano
nazionale Il Foglio (assai più attendibile in questo tipo di notizie che
non sul fronte della politica interna, dove fa da “consigliere”
berlusconiano), che parla di uno Special purpose vehicle europeo, ossia un fondo simile all'European financial stability facility (Efsf)
inventato nel 2010 per salvare la Grecia. Dotando questo fondo di
almeno 30 miliardi comunitari (grazie alla Banca europea degli
investimenti e con qualche “sacrificio” degli stati nazionali), potrebbe
– secondo i piani alti di Bruxelles – essere messo in moto un “effetto
leva” tale da attirare capitali per 300. Una lunga serie di “se” e di
condizionali, come si vede. Tutto il contrario di “capitali pronti” e
certamente disponibili.
Anche perché si sottolinea da più parti, un
“effetto leva” 10 a 1 è decisamente “ottimistico”. Specie se il soggetto
proponente – l'Unione Europea – può vantare una lunga ma triste storia
di fallimenti nei piani di investimento comunitario. Attrattività
internazionale vicina allo zero, insomma...
Ulteriori indiscrezioni parlano invece di un meccanismo ancora più
barocco, al limite della “finanza creativa” di tremontina memoria: 30
miliardi di soldi comunitari servirebbero in realtà a rastrellare
soltanto 120 miliardi raccati nei “road show”, soprattutto in Cina. A
quel punto, con 150 miliardi in cassa, si avvierebbero “progetti
comunitari co-finanziati”. Ovvero chiedendo agli imprenditori europei o
altri investitori internazionali di metterci la differenza.
I francesi sono stati i più espliciti nel dire che tutto questo
castello è molto “cartaceo” e ben poco reale. Il ministro dell’Economia
francese, Emmanuel Macron, intervistato dal Financial Times, ha spiegato che “Temo che il piano possa rivelarsi deludente”. Mentre invece la sola Parigi ha bisogno di almeno 60-80 miliardi in “soldi veri”.
Vedremo gli sviluppi. Ma se a Bruxelles stanno davvero ragionando su
questa base, che è eufemistico definire aleatoria, i prossimi anni
saranno molto più che gelidi, sul piano dell'economia reale.
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