Qualcosa si sta rompendo nella sicumera governativa. E Napoli si guadagna il titolo di "prima città proibita" per Matteo Renzi.
Il premier del "passato remoto" non andrà infatti a Napoli venerdì prossimo. Eppure era stato lui stesso ad annunciarlo, addirittura il 14 agosto scorso, in occasione dell'ultima (e già molto contestata) visita: «Torneremo il 7 novembre per fare il punto sulla situazione, saremo a Napoli e al Sud per continuare il nostro lavoro».
Nessuna spiegazione sulle ragioni della rinuncia, e ovviamente la "promessa" che comunque si farà vedere in città quanto prima. Ma senza date, magari "un'improvvisata", in un giorno qualsiasi, per non trovarsi davanti la rabbia della gente che va montando. Non la rabbia organizzata in movimenti e manifestazioni, comunque; la stessa che aveva dato appuntamento per il 7, in piazza.
Le voci ufficiose ammettono "problemi di ordine pubblico", visto che ormai dovunque vada viene atteso da gruppi di contestatori che vanno crescendo in numero, varietà di figure sociali e consapevolezza.
Una prima significativa vittoria dei movimenti, dunque; anche se è presumibile che nei palazzi del potere vadano meditando una "vendetta", con possibile "occupazione militare" della città in occasione di una eventuale "visita di riparazione". Sul modello di Brescia, insomma...
Ma non sono soltanto le opposizioni sociali più radicali ad "attendere" che Renzi (o altri ministri del governo) scenda a Napoli per far sentire la propria voce.
Il 21 ci sarà in città la manifestazione semi-nazionale in occasione dello sciopero dei metalmeccanici Fiom. E persino Cgil, Cisl e Uil campane hanno annunciato ieri che martedì prossimo terranno in piazza del Plebiscito un presidio contro il «decreto Poletti», perché con quel provvedimento «migliaia di lavoratori campani rischiano di rimanere senza sostegno al reddito».
Insomma: sotto il Vesuvio la "popolarità" del premier non è mai decollata...
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