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04/11/2014

Arabia Saudita - Spari su sciiti: 5 morti


Uomini armati dal volto coperto hanno ucciso ieri sera cinque persone nel villaggio di al-Dalwa, nel distretto al-Ihsa nella Provincia Orientale dell’Arabia Saudita. A riferirlo sono fonti della polizia. Nella sparatoria sono rimaste ferite anche nove persone. L’attacco ha avuto luogo mentre la minoranza sciita del Paese si preparava a commemorare la festa sacra dell’Ashura.

Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero stati in 3 a sparare con pistole e mitragliatrici su una folla che stava lasciando un edificio del villaggio di al-Dalwa. Il portavoce della polizia non ha precisato al momento quale sia il palazzo colpito né, tanto meno, ha spiegato il movente dell’attacco. Secondo diversi post apparsi sui social network, la folla stava lasciando un luogo di culto sciita alla vigilia dell’Ashura. Il Ministero degli Interni ha comunicato stamane di aver arrestato sei sospetti.

La commemorazione dell’Ashura – in cui gli sciiti ricordano il martirio dell’Imam Hussein – raggiunge il suo culmine oggi.

Le proteste (e la dura repressione della polizia) non costituiscono una novità nella Provincia orientale del Paese, dove la comunità sciita (minoranza in Arabia Saudita) si sente marginalizzata e discriminata. Le tensioni si sono acutizzate lo scorso 15 ottobre dopo che un tribunale saudita ha condannato alla pena di morte il noto leader sciita Nimr al-Nimr, tra i principali esponenti delle proteste del 2011 contro le autorità di Riyad.

I rapporti si sono fatti ancora più tesi quando nel marzo del 2011 il regno saudita è intervenuto nel confinante Bahrain in sostegno della monarchia sunnita di re Hamad. Manama stava fronteggiando allora le proteste della maggioranza sciita del Paese che, sentitasi marginalizzata dalla monarchia degli al-Khalifa, chiedeva maggiori riforme. Secondo Amnesty International, in quei giorni sono stati centinaia gli arresti operati dalle autorità saudite.

Nel giugno del 2012 a riaccendere le tensioni è stato il ferimento e l’arresto dello stesso Nimr la cui famiglia ora accusa Riyad di ignorare “il suo approccio non violento e pacifico” e sostiene che la pena di morte stabilita lo scorso mese ha causato “un malcontento sociale e politico”

Intanto, secondo quanto ha riferito l’Associated Press, l’Egitto, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e il Kuwait starebbero discutendo della possibilità di creare un patto militare per arrestare l’azione dei miliziani islamisti in Medio Oriente e nel Nord Africa. L’alleanza servirebbe anche a controbilanciare la potenza sciita iraniana. Secondo gli ufficiali militari egiziani i possibili teatri di intervento sono la Libia (dove forze jihadiste hanno occupato varie città) e lo Yemen dove i ribelli sciiti huthi, sospettati di avere legami con l’Iran, hanno conquistato vaste aree del Paese.

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